Graziano Morando
- 04/07/2013 10:57:00
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Quel gioco di io che fa dell’autore fine ricerca, mossa algebrica, proiezione geometrica in cui tutto dovrebbe tornare, tuttavia rilascia il calco all’ignoto, mi apre dimensioni (tante, infinite?)da esplorare, consapevole sempre in parte delle rovine che logicamente affiorano. Passi quasi concreti più che versi, segnati da pensiero che mi danno il gusto dell’allungare lo sguardo per riposare momentaneamente l’occhio. Buona fortuna autore!
Graziano Morando
Sante Guido
- 03/07/2013 21:36:00
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"...Ma il rosso è della sera a tal punto da divenire in lei mutuo sussurro Posso Puoi"
Basterebbero ANCHE SOLO questi versi per aprire un mondo di vissuti, di tentennamenti, di ricordi, di 10, 100, 1000 giorni or sono nelle nostre vite in perenne ricerca di equilibri inesistente.
Franca Cristoforetti
- 17/06/2013 17:15:00
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Una poesia "appesa"quella di Gianfranco Vacca,senza tempo nè spazio...un viaggio.Illusione e movimento di scenografie che aprono unanima alla continua ricerca dinfinito.Un infinito spaziale e materico,per congiungersi al "mistero" tutto umano dellesistenza. Quasi che il poeta vivesse dentro un sogno e viaggiasse alla continua ricerca di un punto fisso,un approdo, un essenza mai raggiunta,ogni qual volta che ci si avvicina si allontana respirando distanze eteree,dove le risposte anelate si spezzano in pulviscolo di stelle! Da "Odissea Elitis" ...in alto indecisa dove aderire se tutto muta,tutto è fermo e apparenza e fine sperdute nella memoria del vento. Le poesie di Vacca sono degne di nota anche per il linguaggio innovativo e fuori dagli schemi tradizionali,le parole sono "cercate" per diventare immagini,pure la punteggiatura è studiata per aprire pause emozionali,quasi ermetiche-geometriche,quasi a voler sorprendere il lettore. Auguro a Gianfranco di continuare nella sua ricerca-poesia e che questo e-book sia per lui una porta aperta per far conoscere la propria opera agli amanti della poesia!
Sandro Angelucci
- 13/06/2013 21:39:00
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E un fare poesia che mi convince, questo di Gianfranco Vacca. Per una semplicissima e complicatissima ragione: il poeta è alla ricerca di una parola autentica, della parola. Sa che "qui giù" si può fare un uso sbagliato della sera e dunque aspetta, invita ad aspettare, che "cristalli incantati" o "innumerevoli infiniti" diano luogo alla trasfigurazione. Mi piace questo riconoscersi in un altro sé senza tuttavia svelarne lidentità ma lasciando al mistero - e solo al mistero - la dolce incombenza che, presto, si trasforma in luce folgorante: "il vento assumeva / le pieghe del suo mondo / e le stelle coloravano la sua forma /..../Linvisibile / condensava fumi e ombre... /dove prima era il nulla / tu fosti / e lombra si arruolò alla vita.". Bene: se siamo ombre di noi stessi è perché cè un Sole che proietta il mistero del nostro esistere sulla Terra. A questo titolo giornalistico e originale bisognerebbe dare spazio in prima pagina.
Sandro Angelucci
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