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cristina bizzarri
- 06/04/2012 18:10:00
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Grazie, mille grazie per queste meravigliose apparizioni! Ho apprezzato la delicatezza e la profondità di tutte le tue poesie, trovando, in alcune, immagini di grande intuizione poetica e bellezza.
giampaolo CAVALLERO
- 07/01/2012 20:16:00
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Sorprendente!: Caravaggio interpretato da un Poeta,un Poeta vero,Gianfranco Isetta.Michelangelo Merisi - con un fascio di Luce - illumina,di volta in volta,uno "spaccato" di vita quotidiana(anche nella dimensione cara allo spirito controriformista)con i suoi forti colori icastici,il chiaroscuro delle membra e dei gesti incatenati dal pennello dellArtista.Solo un Poeta poteva "sciogliere" quelle catene,con una Parola profetica,che non solo interpreta il quadro nella sua più intima "fisicità"...! Vi aggiunge,forse,quel commento immediato che Caravaggio stesso non ha potuto RAPPRESENTARE con il pennello,ma che gli era rimasto nelle vene! Complimenti,Gianfranco...
Eugenio Nastasi
- 23/11/2011 21:00:00
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La preoccupazione maggiore di Isetta nel reggere un confronto impari tra il sublime Caravaggio, (dai colori vibranti e trasversali e dalla sua inesausta tensione di spandere e catturare la luce), e la sua sobria e spesso calzante versificazione, credo stia proprio nel non essere didascalico ma nel sollecitare i personaggi e le scene a una resa ulteriore che è quella di cogliere qualche spezzone di voce, qualche ansito o respiro per rendere più prossimo a noi il dramma degli eventi. Da qui le sollecitazioni o gli imput gnomici che vorrebbe mettere nel commento poetico ai gesti, espresso con essenzialità, anche quando alcuni quadri meriterebbero ulteriori investigazioni e un più ardito scavo linguistico. Comunque una bella sfida e Isetta ne vien fuori con un onesto nitore.
leopoldo attolico
- 19/11/2011 20:00:00
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Il "pendant" elaborato da Gianfranco non vuol essere ( e non è ) descrittivo / celebrativo , ma testimonianza di come le suggestioni mediate dal Caravaggio ( la quasi soggezione per tanta grandezza artistica ) possano far muovere le parole eludendo le secche noiosissime della retorica di largo consumo a cui la poesia ci ha abituati . Nella vittoriosa ( credo ) serrata lotta con il deja vu , penso vada individuato il pregio dellintera operazione .
Franca Alaimo
- 18/11/2011 23:08:00
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Benché queste poesie debbano leggersi guardando anche le tele del Caravaggio a cui si ìspirano; tuttavia sono ben lontane dallessere semplicemente didascaliche. Questi versi non commentano, ma fanno di ogni scena rappresentata una metafora, interpretando eticamente ed esistenzialmente il ruolo che la luce e la sua incidenza sui personaggi ha nella pittura del Caravaggio. Lautore confeziona versi densi e molto significativi, talvolta un po misteriosi, come i moti dellanima che il vedere provoca. Di certo la tensione spirituale è alta, e lo è anche la speranza nella presenza cristica nel mondo dolorante degli uomini.
Loredana Savelli
- 17/11/2011 15:47:00
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Ho molto apprezzato queste poesie, che ho provato a leggere senza metterle direttamente a confronto con le rispettive opere pittoriche cui sono ispirate. O meglio, prima ho scorso le immagini, poi le ho "dimenticate" e nelle poesie ho colto in primo luogo la dimensione immateriale che prescinde, a mio avviso, dai temi (pur così circostanziati) e dallo stile di Caravaggio. Intendo dire che le poesie hanno valore in sé. Pur essendo dichiaratamente un omaggio al grande pittore, sono valide perché dicono e contestualizzano anche altro. Le ho trovate pure, leggère, astratte, aperte, ricche di simboli da sembrare testi profetici. Ciò forse sta a confermare ancora una volta che la parola apre mondi diversi rispetto allimmagine, e la parola poetica non può che essere un meta-linguaggio, persino quando si pone "didascalicamente" al servizio dellimmagine.
Marco Giampieri
- 17/11/2011 12:41:00
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Isetta ha profeticamente esposto i rischi della sua proposta. Secondo me, al di là dei giudizi e delle sensazioni che lopera può provocare, cè un problema di forte asincronia che impedisce di considerare unitaria lopera. Troppo conosciuta lopera di Caravaggio per non considerare il testo come una forma didascalica, pur se nobile. Ogni linguaggio può ovviamente vivere di vita propria ma nella simultaneità sono gli stili, le forme a dover essere coniugate e non i contenuti. Non è una questione di equilibrio o di competizione, ma di riconoscere in quel momento, in quella esperienza, qualcosa di non divisibile.
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