Di Gian Piero Stefanoni
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02/12/2024 11:11:00
Maria Grazia Cabras
- 17/11/2011 16:52:00
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Echi emersi dalla classicità irrompono risuonano nel bianco (il bianco della rinascita?) immagini pervase da bagliori-- fascinazioni improvvise filtrano la realtà-- a un passo dall’orizzonte turco-- il brivido del volo
il mito è il presente che si ripete-- tutto pervadendo consacra luci e ombre paesaggi luoghi pietre sono alla mercé di spazi altri che sono altro da noi-- epifanìe di dee e dei-- nostro smarrimento e atarassia
Complimenti e auguri carissimi, Maria Grazia
Francesco Dalessandro
- 14/11/2011 16:19:00
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Belle, Gian Piero. Conforta poter dire: belle poesie, bei versi, bella raccolta di voce e luce, ogni tanto. Grazie a te che ora lo permetti. Bravo.
Mariella Bettarini
- 13/11/2011 16:23:00
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Caro Gian Piero, questo tuo "Quaderno di Grecia" conferma - se mai ce ne fosse stato bisogno - le tue grandi, luminose "doti" di scavo poetico e insieme di intensa leggerezza: in una parola, di alta poesia, che tutta si comunica a chi legge. Grazie di questa lucente Grecia che ci doni, e un sentito augurio e saluto da parte di Mariella (Bettarini)
Lucio Zinna
- 12/11/2011 08:08:00
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Connotano questa silloge di Gian Piero Stefanoni, in primo luogo, la spazialità (come tensione verso linfinito) e la luce: una luminosità intensa che si fa via via elemento quintessenziale di lettura della realtà circostante e di se stessi. Rilevanti le atmosfere, le rifrazioni di terra-mare-cielo, il fondersi e confondersi di quotidianità e mito, che vicendevolmente (talvolta anche in maniera inavvertita)sinverano. Sul piano formale (sostanziale in poesia) vanno posti in evidenza il senso della misura e la pregnanza dei versi. La capacità di incidenza della parola.
isabella vincentini
- 09/11/2011 16:29:00
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complimenti Gian Piero mi sono innamorata del libro fin dalla copertina e soprattutto del titolo, poi ripercrso i tuoi luoghi, i miei luoghi dellanima
isabella (filellena)
Francesco De Napoli
- 08/11/2011 11:36:00
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Anche noi, con gli "occhi rivolti all’indietro", tremanti ed ebbri di luce, ci lasciammo cullare dal sogno dellantica, mitica civiltà ellenica, ed ora, leggendo questi mirabili versi, ne riviviamo i fasti. Uno splendore che sembra inscindibile dalle bellezze naturali e paesaggistiche della Terra di Omero. Un miracolo dellEssere, laddove la Poesia nacque: "Non svanisce la bellezza / pur nella sua antica memoria". E nonostante si avverta, impercettibile, il lento frammentarsi delle cose pur nella loro maestosità - "nell’ossame che ancora perdura" -, sopravvive, unica, la testimonianza della parola, insostituibile e "sola misura".
Loredana Savelli
- 07/11/2011 17:46:00
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La prima parola che mi viene in mente scorrendo queste pagine di Gian Piero Stefanoni è "eleganza". Subito dopo, "studio". Ma su tutto domina la sensazione di un bianco accecante: “Ora lo spazio bianco increato è ora. Nostra forma è in ampia, intatta, distesa memoria” (pag. 8). E un viaggio soffuso di cultura quello di Stefanoni, ne colgo il fascino attraverso i luoghi e i nomi sacri della grecità, e anche quando i sensi vengono fortemente colpiti (per i colori, la luce, i sapori, le forme ecc.) sempre si ha limpressione che il piacere estetico sia potenziato dal sapere letterario, la commozione delluomo dalla gioia intellettuale dello studioso. Poi c’è l’elemento erotico, nel senso più puro del termine. Si accendono infatti le passioni umane e private dell’Autore al cospetto dei miti e dei simulacri che le rappresentano, e la suggestione è così potente da espandersi anche nei momenti notturni (“La palma degli uccelli”, pag.22). Mi hanno colpito molto i versi: “Dove c’è un teatro c’è una chiesa, creazione che dentro portiamo” (pag. 25). La poesia di Stefanoni si caratterizza per un profondo sguardo mistico, che su tutto si posa, persino sui particolari più prosastici, come lavvertenza in inglese del pilota o gli hamburger di Nikos. Stupenda la poesia dedicata al vecchio di Nardò (nella sezione “Sbarchi”) e altrettanto preziosi i versi sgorgati a Leuca: “Come quel padre che protende le braccia nel figlio, anche noi diviniamo in lenti gesti i confini, non più tranquilli, semplici uccelli”(pag. 32). Le due ultime poesie sono gioielli di lirismo, raffinatissime. E mi piace scegliere, tra tutti, questi versi da “Il bambino di Corigliano", versi che anch’io affido al vuoto, certa che saranno catturati dai lettori, stretti al cuore e da lì fatti fruttare: “Come te sfida il vuoto, è una macchia che si allarga o si spegne nel cuore già scorgendo nella stretta altro flusso, altro amore che inverando la sorte nel suo fiore non ha mai vera morte.” (pag. 33).
Vivi complimenti a Gian Piero Stefanoni, poeta di valore.
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