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Marco Giampieri
- 20/05/2011 15:56:00
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Ho già ringraziato direttamente Loredana. Ringrazio Eugenio Nastasi che mi ha onorato della sua attenta lettura, cogliendo i temi essenziali della raccolta.
Eugenio Nastasi
- 06/05/2011 12:33:00
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Veicolato da una prefazione di garbata e puntigliosa lettura, come sempre, di Franca Alaimo, il testo proposto da Giampieri porta con sè i connotati di una confessione che avvolge il lettore con una versificazione diretta, quasi volutamente senza orpelli. Indici di una larga apertura umana nella poesia di Giampieri sembrano, allora, il tono di colloquio con cui il poeta scandisce i tempi esistenziali della sua ispirazione, che scaturisce, man mano che il paesaggio affettivo assume esatta configurazione,da elementi quotidiani recuperati in sede autobiografica e poi la lingua. Questa si offre non subito come uno strumento per fare poesia, ma come un aspetto dei momenti umani, carichi di malinconica speranza, in cui gli amori, le aspettative, gli incontri, i luoghi, quasi tutti in cifra di solitudine, in definitiva conducono i versi, carichi di tutta una somma di significati, a diventare, per empito, frasi poetiche. Giampieri è come se ci dicesse che si è più soli nellamare che nel vivere e la poesia, nella determinazione del canto, ne rappresenta la sintesi.
Loredana Savelli
- 03/05/2011 16:30:00
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Segni, sensi, significati nelle storie accennate e nei personaggi sfuggenti di queste bellissime poesie che sanno tanto di blues, di ballate, di note calanti, di contrattempi. Poesie narrative senza volerlo essere, aleggiano in ambienti cittadini, zone portuali, strade notturne e piovose, stazioni, binari, carrugi. Sono sussurrate, dolenti, ossessive, sono albe che soprendono i viandanti della notte, le anime stanche. Man mano che leggo mi piace appuntare le prime impressioni, è un flusso che mi sta conquistando, ma con estrema delicatezza. Cito alcuni versi dalla prima parte (Ritratti appesi al cielo):
“Perché i sogni gridano e accusano e toccare non basta credere non basta” (da “Awful tune”)
“Nel sogno che ho fatto cancellavo gli errori che cadevano a terra sempre privi di senso combinando nel volo intenzione e destino” (da “Nel sogno che ho fatto”)
“C’è sempre una cura nei nostri sogni una perfezione di cui vergognarsi” (da “Alla fermata del treno”)
Nella seconda parte (L’amore in pochi accordi) domina il senso della perdita, l’amarezza dei sogni delusi. Ritorna anche qui un dettaglio già molto presente nella prima parte: le labbra femminili.
Cito da “Peccato”:
“Peccato per quelle carezze mai date come viole spogliate dal cielo in un maggio di selvatici odori.
Non resiste ai confini bruciati quel disegno di labbra perfette".
Infine cito dalla parte conclusiva (Solitudini):
“C’è una pace che aspetto come neve ai monti per lasciare in silenzio la fatica di amare” (da "Pace")
“Ognuno rimane il suo fiato inespresso anima in cerca di un flebile dove di un suono più dolce più semplice del suo inatteso gridare” (da "La notte")
La conclusione non fa che confermare il tono sommesso di tutta la raccolta, è un confidare nel silenzio interiore dove si custodiscono bellezze indicibili e al lettore arriva uneco gentile, un invito allintimismo.
Tra tutte ho letto con particolare emozione “La veste candida”,“Il poeta dai capelli di velluto”, “Quel volo per sempre lontano”.
Complimenti davvero. E’ una lettura dolce-amara, riconciliante.
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