Di Sergio D_Amaro
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marco giampieri
- 19/05/2011 16:54:00
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Voglio rileggere con più attenzione. E una corrente lenta e inevitabile e noi non possiamo starne fuori. Questa è la mia prima impressione. Poi i luoghi così coerenti e in tono, ho vissuto per un mese a Wurzburg,che ricorda per molti aspetti Heidelberg (che è molto più bella), lAlte Mainbrucke, il Festung in cima alla collina, la campagna dolcissima intorno. Cè qualcosa che attrae di questo microcosmo, lieve e profondo insieme, che induce allo spleen e ad una malinconica lentezza che mi ricorda inevitabilmente Mann e, ancora di più, le lunghe, esasperanti e ricche sequenze del cinema di Visconti.
Luca
- 14/05/2011 23:47:00
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caro sergio complimenti. sto leggendo con calma e il tempo giusto che va dedicato alla poesia. mi sembra molto bello che tu abbia cercato lasciuttezza, mentre il difetto di tanti e di essere sempre un pò roboanti. Credo di ritrovare degli echi di Eliot, e del suo tentativo di nitidezza. "è così facile, infatti, morire per acqua! mi sembra un chiaro cenno a lui. continuerò a leggere e grazie per questi bei versi. luca
Giorgio Mancinelli
- 13/05/2011 17:05:00
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"Non siamo mai stati qui". Se non qui, dove? mi viene da chiedere allautore di tanto spleen, di tanta malinconia versata nel fiume dei ricordi che, quasi, mi viene di alzare una diga affinché non vengano portati via nellimmenso mare che li aspetta. Cè un castello inaccessibile lì sulla collina, una torre o forse più, poi i tetti delle case, i comignoli che non fanno fumo, le grondaie che non gocciolano, i venti che non fanno più sbattere le vecchie insegne dei negozi... proprio come noi, tutti quei noi che "non abbiamo vissuto nelle cose". Eppure cè stato e cè tuttora un cuore che batte, e forte, nascosto in un solaio chiuso da un muro, che non ha più voglia di battere per qualcuno. Ma che ha pulsato, un giorno, per molti giorni, per tutti gli anni che gli sono concessi, senza gridare, con mestizia, quasi con timore, quando "la doppia essenza del mondo" si è rivelata la doppia essenza della vita. Quando, dopo aver cantato la "città" visione, ha cantato la "città" sogno, dopo aver amato la "città", ha costruito un ponte sospeso fra due reaaltà. E quando, per aver scoperto il vero amore, lha attraversato, lha trasformato in viaggio: "questo allontanarsi dalla propria carne", nella volontà di attraversarlo, per ritornare linizio della sua ragione. Dopo la vita di ognuno di noi cè un ponte sospeso che dovremo attraversare, che porta allinfinito. Sì, "è qui la fine del dolore", quando lessenza del mondo si congiunge con lessenza della nostra vita. Complimenti vivissimi per la tua liricità che supera la poesia per farsi canto, unegloga infinita dei nostri giorni vissuti, e non senza uno scopo, perché era quello lunico scopo a cui era designata: vivere.
Franca Alaimo
- 10/05/2011 19:24:00
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Il ritmo lento del poetare, mentre locchio recupera dal passato stagioni e paesaggi di neve, ritorni di foglie e di piccoli eventi ciclici, sottolinea la malinconica tensione con cui lautore si rivolge agli amici e agli amori dun tempo,come per una ricerca di consistenza dellorma minacciosamente leggera che lasciano gli incontri e i giorni già scivolati indietro. Così che di volta in volta il destinatario del testo poetico viene chiamato a testimoniare e a resistere alla fragilità del passato, condividendo un minuto affestellarsi di particolari, di sensazioni, di nomi concreti di strade, piazze, città, raccolti durante il "viaggio" esistenziale. Ma questi destinatari hanno la consistenza dolorosa di "fantasimi" dolci ed evanescenti. Tutto questo è pronunciato con stile altamente lirico, che rende la lettura di questo libro affascinante.
Loredana Savelli
- 10/05/2011 17:30:00
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Acqua e tempo, un flusso continuo sotto gli occhi di un osservatore molto particolare, coinvolto ed estraneo contemporaneamente alla vita e ai luoghi in cui si trova a vivere. Propettiva molto particolare quella dal ponte di Heidelberg: è una condizione sospesa, di attesa, un periodo a termine (scandito da onnipresenti orologi) nel quale il protagonista vuole condensare (rivolgendosi ad un ideale testimone, Friederich) la pre-visione di una vita nella consapevolezza che il passato è partenza e meta finale ("Forse mi basta sapere/che vengo dall’acqua/e all’acqua ritornerò). Una scrittura avvolgente, cullante.
Roberto R. Corsi
- 10/05/2011 16:43:00
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ho apprezzato molto questa silloge. Grazie ad Autore ed Editore per averla [ri]proposta. Ho postato le mie sensazioni di lettura, naturalmente soggettive, qui: http://wp.me/p2fT4-ok
RRC
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