Di Roberto Maggiani
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Notizie sull'eBook
Gabriella Amstici
- 15/03/2012 18:17:00
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Ho scoperto in ritardo e con immenso piacere questo E-book dallo stile vagamente epico eppure attualissimo. Per quanto i versi si snodino fluidi e scorrevoli, sinsinuano invece come punteruoli che penetrano negli "alieni parassiti verdi di soldi". Il compiacimento del jingle "che scazza ramazza spazza..." si sovrappone alla godibile immagine dello scimpanzé buffone e ingordo che "parla di libertà e giustizia" e che "del mondo se ne infischia". La simbiosi di Re Mida con il servile Alchimista, i nomi degli Eroi scolpiti tra i miti e gli dei, "il delirio della materia cerebrale che scambia il bene con il male" ci fanno rabbrividire e schiumare di represso furore. Ma ci sarà qualcuno che risponda all"Evidenza"? E che ci spieghi perchè non sia possibile "la cooperazione e lequa distribuzione delle ricchezze"? Mi sentirei anchio una "mendicante presso le Muse" che aspetta di "veder fiorire lalba", invece osservo il digitalico Golem e mi accorgo di non essere nessuno. Ma dopo questa lettura così intrigante e seduttiva, mi sono proprio dissonnata. Infinite grazie, caro Maggiani.
Roberto Maggiani
- 21/08/2010 16:22:00
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Grazie Giuseppe.
Giuseppe
- 07/07/2010 09:43:00
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Lombra di Creso mi è piaciuto molto! Lo considero un modo intelligente per utilizzare la poesia come strumento di critica e di protesta contro londatata di stupidità che qualcuno tenta di propinarci con tutti i mezzi al fine di privarci della libertà. Grazie Roberto.
Roberto Maggiani
- 30/06/2010 13:39:00
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Cari Antonio De Marchi-Gherini, Lorenzo Mullon, Maria Musik, Liliana Ugolini, Oronzo Liuzzi e Roberto Perrino,
anche a voi, e anzi, ancora a voi, un sentito grazie per i vostri interventi a sostegno di un comune sentire e volontà di azione culturale e sociale.
Roberto Perrino
- 29/06/2010 21:53:00
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Via via che leggo, in questa fresca serata nel giardino:
Testimoni
Una preghiera vibrante, indignata, una chiamata a chi mendica presso le Muse, il popolo dei poeti spesso visionari e inascoltati. Le brutture di una civilta in declino, una speranza: che chi rimane, sia pure avendo subito laffronto e la segregazione, vedra fiorire lalba.
Metrica
Scandita con rigore logico-matematico, in due lapidarie proposizioni e espresso il teorema della democrazia liberale, cui tutti i nostri (loro!) politicanti blaterano di anelare, ma che pochi veramente comprendono e amano.
Governo
Lapidaria, epigrafica, mi richiama le grottesche figure di George Grosz, e non ne sono felice...
Oronzo Liuzzi
- 26/06/2010 17:50:00
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Carissimo Roberto Maggiani complimenti vivissimi per il tuo straordinario tenace forte attuale dinamico e splendido "Lombra di Creso". La poesia ha bisogno anche e soprattutto di uscire da schemi strettamente personali, quellio-soggettivo, per ritrovare e ri-comporre lio-oggettivo. La tua visione a tutto tondo della poesia ci dà la possibilità di essere partecipi attenti e sensibili verso gli altri che vivono allombra e quindi in solitudine. Una poesia che sprigiona dentro e fuori la mente il pensiero e il pensare. Un albero che fa germogliare idee vere vive e luminose. Complimenti e auguri.
Liliana Ugolini
- 26/06/2010 07:18:00
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" Cara Italia, spegnere le televisioni sarebbe tua cura. R.M. Mi identifico in questa frase dell’ autore in una rivolta plateale contro, prima di tutto, questo mezzo che ci rende incapaci di reazione offuscandoci la mente con le false visioni .Così l’ombra di Creso prenderebbe forma di silenzio e resterebbe in alto il respiro senza il telo ( vedi foto) che lo soffoca. E’ evidente nella poesia di Maggiani un recepito " troppo" che fa esplodere indignazione e rabbia. A volte basta un gesto quando le parole sappiamo che non bastano. Ma il tentativo c’è e ben venga per " essere". Gli argomenti portano a verità evidenti e sottolinearli fa bene alla poesia e alle coscienze. Di sicuro il meglio non viene né dalla maggioranza nè dall’ audience, misure sulle quali si basa il " sistema". Denunciare almeno, bravo Maggiani.
Maria Musik
- 25/06/2010 22:24:00
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Che bello e ricco e pieno è il dibattito che si è sviluppato intorno ai versi di Roberto. Quanta passione, per luomo, per la natura, per il bello. E quanta saggezza, a volte semplice e atavica, altre complessa e "contemporanea". E un segno di grande speranza. Già ho avuto modo di scriverlo e mi ripeto, a rischio di essere banale: siamo la foresta che cresce. Non facciamo rumore, mentre rimbomba lo schianto dellalbero abbattuto. Però, cresciamo e diamo frutto ed il seme, caduto nella terra liberata da sassi e rovi, darà nuova vita che sopravviverà a noi ed alla barbarie dei nostri tempi. Credo, tuttavia, che il nostro non sia un tempo di pazienza ma di passione, in tutte le molteplici accezioni che può avere questa parola.
Antonio De Marchi-Gherini
- 25/06/2010 18:17:00
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Caro Lorenzo, vedo che sei replicante instancabile, proverò con la cetra a scacciare nani e ballerine e con qualche mantra che dicono efficace. Tuo aff.mo
Lorenzo Mullon
- 25/06/2010 12:39:00
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Caro Antonio, capisco la tua rabbia però la maturazione delle persone richiede tempi a volte lunghissimi, vite intere. Ricordo una frase di Alda Merini: "La poesia ha un ritmo secolare", e Franco Loi: "Se ai miei tempi si maturava a venticinque anni, oggi non ne bastano cinquanta". Forse nemmeno settanta. Sembra banale dirlo, sembra lABC della saggezza, però è vero, le forzature conducono solo a disastri, lho sperimentato più volte sulla mia pelle, la cura può essere peggiore della malattia. Non ci resta che la pazienza, e tuffarci sempre di più nel fare poetico, trasformando il male in un canto. Ecco, se combattimento deve essere, e lo è, io lo intendo in questo modo. Un caro saluto.
Antonio De Marchi-Gherini
- 24/06/2010 22:02:00
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Bene Roberto, la tua replica mette le cose a posto. Io sarò testardo ma continuo a credere nelle piazze e nelle idee politiche che devono essere arrichite con le nostre idee e camminare con le nostre gambe fino allo sfinimento. Combattere, combattere, combattere...di resistere mi sono stufato!
Roberto Maggiani
- 24/06/2010 21:10:00
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Caro amico Lorenzo, un bellintervento, che sicuramente suscita la nostalgia di quellalbero grande, il più grande, sotto il quale, non un solo poeta ma tutti noi, ci possiamo ritrovare in uno scambio di anima, di pensiero... per quanto riguarda la TV posso alzare la mano, e lo faccio fieramente, non ho la TV, a che cosa potrebbe servire quelliniquo modo di gestire il pensiero e limmagine? Gestisco il mio pensiero e la mia immagine, cerco le mie fonti e ho il tempo di analizzarle, ho il tempo di riflettere, pagare il canone? Io che fatico ad arrivare a fine mese, senza retorica. Per dare 1.000.000 di euro (stima per difetto) a Bruno Vespa? Leggiti questo articolo: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/5-rai:-star-a-peso-doro/2128614 e saprai gli stipendi... Altra cosa, mi dispero che lItalia ha perso ai mondiali di calcio? No, sto sereno, perché quello è un sistema che combatto, ma quanti soldi gli danno... ma quanti sprechi... e il nostro "amico", Silvio Berlusconi, non fa che alimentare un sistema iniquo... lui è la punta delliceberg... questa non è retorica, è pensiero, è voglia di giustizia e di equità, è voglia di pace e di serenità. Un caro saluto. Io alzo la mano, sempre!
Lorenzo Mullon
- 24/06/2010 14:12:00
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Scusate se intervengo ancora... ma ci rendiamo conto che la rabbia contro "il Grande Divo" nasconde ben altro? Viviamo in un periodo aberrante, comodo, relativamente comodo per il corpo ma tragicissimo per lanima. "Lombra di Creso" rimanda ad unepoca in cui la poesia e le relazioni tra gli esseri umani erano vissute in un modo completamente diverso, non cerano le follie narcisistiche di oggi, i personalismi esasperati, i premi letterari, gli slam poetry (si scrive così?), le classifiche di vendita, le case editrici... Forse non è mai esistito Omero ma gli Omeridi sì, che giravano di villaggio in villaggio, come ancora oggi in India i poeti Baul, o in Sardegna i poeti Dimandoni della Gallura fino a sessantanni fa. (Possibile nessuno li conosca? Siamo così impregnati solo di finti estetismi e di cultura accademica??) La gente si ritrovava intorno allalbero più grande ed ascoltava le loro poesie, le loro storie, e passavano così le serate, in uno scambio di umanità, di sentimenti, di esperienze che è stato mutilato. Chi era quel regista che sui treni, anni fa, riprendeva con una telecamera nascosta le conversazioni dei passeggeri di seconda classe, Nanni Loi? Oggi sarebbe impossibile, le carrozze sono dei carri funebri, pieni di zombie con le cuffiette e il computer. Se provi a parlare con qualcuno, nel migliore dei casi ti trovi di fronte ad una reazione stupita... Siamo diventati un popolo di snob odiosissimi. Certo, dietro questa patina di arroganza non cè altro che timidezza, e paura dei sentimenti e della relazione, però mamma mia, è tristissimo, che epoca micidiale, che impoverimento! Siamo portati a mascherarci dietro un finto sorriso televisivo, è il trionfo della becera indifferenza. Ecco, se devo averla su con Berlusconi, è proprio con "Sua Emittenza", con limprenditore che ha portato a questo punto le relazioni umane. Ma non è "colpa" sua, siamo tutti [quasi tutti] artefici e complici di questo imbarbarimento, o almeno spettatori passivi... in fondo in fondo pensavamo di ottenere dei vantaggi pure noi, se siamo onesti riconosciamolo! E alzi la mano chi non possiede una TV! Tra i poeti, chi non ha sperato almeno una volta di apparire in televisione, invece di radunare la folla sotto la quercia di Socrate! E tu non barare, non nasconderti, che ti vedo! Ah, ma sono io, sono me stesso, che orrore!!! Forse ci illudiamo ancora che questo modo di vivere faccia parte del progresso, che bisogna accettare il Santo Progresso "per il bene degli operai e delloccupazione", così dicevano i sindacalisti illuminati (e anchio ci ho creduto per un po, ho attraversato tutte le illusioni del secolo scorso... e aspettiamo le prossime!), e aggiungevano che sarebbe arrivato un tempo in cui le forze produttive si sarebbero dispiegate liberamente (sìì, ancora più sviluppo, ancora più velocità, abbattiamo gli alberi, verticalizziamo le metropoli!), senza i vincoli della proprietà, in un mondo materiale perfettamente comodo, e sempre più tecnologico e di plastica, ma lontanissimo dalla Natura e dalle sensibilità dellanima. E il carrozzone va, però ancora per soli centanni, sostiene il noto biologo, e poi si spegnerà definitivamente lo schermo delle vanità in unorgia di cemento e consumismo.
Tanti auguri e felicità a tutti!
Grazie a "La Recherche" per lospitalità, a Roberto Maggiani per le sue poesie e per aver creato loccasione di esprimere le mie e le nostre opinioni, e complimenti a Marco Giampieri per lintervento saggio e colto.
Roberto Maggiani
- 22/06/2010 21:03:00
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Cari amici vecchi e nuovi, Lorenzo (Mullon), Gabriella (Gianfelici), Roberto (Perrino), Marzia (Dati), di nuovo il caro Antonio (De Marchi-Gherini), Francesco (De Napoli), Marco (Giampieri), vi ringrazio per i commenti così puntuali, anche inaspettati, e che solevano problematiche e meditazioni, sia civili che culturali, a cui forse lunica risposta possibile sarà data dalla storia e dalla collettività di chi è "vero"... sono convinto che ciò che dobbiamo fare è essere, essere ciò che siamo nel pensiero e nella scrittura e nellazione quotidiana, azione che deve sempre sottolineare la presenza di una verità che non può essere che onesta ed equa... questo è quello che ho capito, chi è onesto ed equo è vero... ancora grazie.
Marco Giampieri
- 22/06/2010 16:04:00
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Ho letto “L’ombra di Creso” con interesse, perché mi incuriosiva, soprattutto scorrendo i commenti, la sua notazione “civile”. In realtà, come sempre, la poesia – e quella di Roberto per me lo è in ogni senso - non può essere mai ricondotta ad un genere e, per come la vedo io, questa è la sua unica qualità rivoluzionaria . So di dire una cosa che forse a molti non piacerà ma voglio essere onesto: io non sento la necessità dei poeti nelle piazze e non voglio scegliere tra Esenin e Majakowskij, per citare due che con la rivoluzione hanno avuto a che fare. Della poesia di Roberto Maggiani colgo il grido, a volte più dolente e sarcastico, che possente, e la necessità di spostare l’ago della bilancia dal male al bene, secondo una linea di trascendenza da una parte e di immanenza storica dall’altra, così vicina al solidarismo e all’etica sociale cristiana. Ma non è questo che mi ha appassionato, ho letto molti commenti dettati dalla condivisione delle motivazioni, ma la bellezza dei versi purtroppo o per fortuna è sottratta all’esperienza e punta all’essenza.
Aiutanti – angeli del Dio che conosco uomini e donne del mio cielo quello spensierato e bello che la vita mi ha dato date la mano alla mia mano il sorriso al mio sorriso un grazie al mio grazie – mai si sa da dove arrivi l’aiuto e chi ne sia l’angelo
e ancora, la bellissima Cenere
Sono un uomo del novecento, quando Roberto nasceva io coltivavo i miei miti. Con il tempo per fortuna non sono migliorato: solo devo prendere atto che l’impossibile è un’inclinazione che non può essere declinata in forma collettiva e credo, in questa considerazione, di non essere solo. Per quello che riguarda l’arte del possibile invece, la politica appunto, non riesco proprio a considerarla una possibilità dell’arte. Anche se a me dispiace molto, il tempo delle avanguardie è finito, perché oggi, almeno credo, la realtà è troppo veloce perché qualcuno sia davvero capace di sopravanzarla e forse un po’ tutti abbiamo perso la possibilità di oltrepassare il limite dello sguardo, della vista. Spegnere le televisioni? Gesto individuale o collettivo? Proposta politica o gesto mediatico anch’esso?
La poesia di Roberto Maggiani mi piace perché non è ingenua, ma riesce ad essere incredibilmente innocente e lascia il suo corpo come un alito perfetto che solo i bambini o gli angeli sanno salmodiare.
Eppure si sa che la morte sotterra gli esseri viventi e che il tempo corrode e slega gli atomi, scompone le molecole.
Trasformare la verità in poesia è un merito troppo importante per essere sottaciuto. La verità infatti non è niente se qualcuno non sa raccontarla.
“E dite anche che, ad Aleppo, una volta vidi un Turco insolente che batteva un Veneziano e offendeva la Repubblica. Lo presi per la gola, quel cane circonciso, e colpii così”.
Francesco De Napoli
- 22/06/2010 11:56:00
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L"impegno" di cui Roberto Maggiani si fa paladino lucido e accorato è tanto più coraggioso e meritorio se pensiamo che oggi l’essere un autore "engagé" equivale, nella diffusa considerazione sociale, a vivere al di fuori del proprio tempo, e quindi a sentirsi deriso e discriminato. "Lombra di Creso" è una raccolta poetica fitta di riflessioni taglienti, lancinanti, terribilmente angoscianti e amare. Non cè, tuttavia, retorica; non troviamo frasi fatte o gratuite. E questo è un risultato molto difficile da raggiungere quando si affrontano problematiche civili, sociali e politiche. Lo stile colto, forbito e asciutto non concede alcuno spazio a banalità fuori luogo. Il “j’accuse” sa essere provocatorio e caustico al momento opportuno, viceversa si mantiene sempre misurato, estremamente parco di locuzioni che possano echeggiare il già detto e il “déjà vu”.
Antonio De Marchi-Gherini
- 21/06/2010 21:33:00
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Non capisco certi interventi, in particolare uno, e lui sa chi é perchè abbiamo avuto un dibattito privato. In politica non esiste zona neutra, o si sta di qua o di là. Io sono partigiano da sempre come lo erano prima di me scrittori ben più importanti e noti di me come Nazareno Fabretti, Giovanni Raboni, David Maria Turoldo ...La panacea della poesia non é una melassa adattabile a tutti i gusti.
Marzia Dati
- 20/06/2010 22:31:00
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Come sempre le poesie di Maggiani vanno a toccare quelle corde cosi delicate dellanimo umano che suscitano in chi le legge emozioni e creano continuamente spunti di riflessione. Il tema che affronta ne Lombra di Creso ha un significato non solo contingente ma universale: esalta il potere trasformante della poesia e della letteratura che ci salva dalla poslost, per usare un termine caro a Vladimir Nabokov, ovvero da ciò che è banalmente mediocre, falsamente importante, falsamente bello, falsamente attraente e di esempi di tutto ciò li troviamo nella vita di tutti i giorni a partire dai discorsi melliflui di certi politici e di alcuni scrittori. La letteratura diventa non un lusso ma una necessità.
Roberto Perrino
- 20/06/2010 21:00:00
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“Lo scimpanzè buffone” è stata in assoluto la prima poesia di Roberto Maggiani che io abbia letto, pochissimi giorni dopo la mia scoperta della recherche.it. La trovai così divertente e disperata al tempo stesso, che la proposi senza dubbi alla lettura in una serata di poesia tra amici, raccogliendone un convinto riscontro. La composta razionale rappresentazione di questa figura demiurgica che ricorre ad impestare la tormentata storia del nostro Paese si esplica in una forma poetica degna della migliore satira classica.
Lorenzo Mullon
- 19/06/2010 13:08:00
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Lo scoglio del potere è una grande occasione, per noi che pensiamo di essere delle onde e ci buttiamo con tutte le nostre forze contro la sponda, e non ci accorgiamo di essere già il mare
Gabriella Gianfelici
- 19/06/2010 11:34:00
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Vorrei, come scrive anche Roberto Maggiani in un suo commento, non dover ringraziare un poeta che ci rammenta della nostra poco civile situazione: democrazia, libertà, opinioni sono in bilico. La poesia, e Roberto ne è qui testimonianza, deve denunciare, deve regalarci il sogno del riscatto, deve aiutarci a riflettere oltre le parole che leggiamo, in quello spazio bianco che è il respiro, il sogno, lattimo, il desiderio e la coscienza. Senza etichettare versi come versi civili, intimisti o altro perchè importante è esprimere il proprio sentire. "Ma come? Non ci sai stare nel tempo del potere comodo e intrigante?" "No, non ci so stare" e allora insieme lo dobbiamo affermare e riaffermare ancora. Grazie anche a questo libro che Roberto ci ha fatto generosamente leggere, un saluto caro Gabriella
Lorenzo Mullon
- 19/06/2010 11:31:00
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Caro Roberto, sembra di vivere tutti nello stesso mondo, ma così non è. Apparteniamo alla stessa specie biologica, però finisce lì questa grande illusione dellappartenenza. Se guardiamo ai resti delle civiltà africane (opps, la "nostra" cultura ci ha presentato gli Egizi come mediterranei, e invece sono africani! E Gesù non è mai stato in Europa, il Cristianesimo è una religione asiatica, che paradossi!!) Dunque, se guardiamo ai resti delle civiltà antiche... che cumulo di macerie... non può essere quello il nostro destino. Noi lasceremo montagne di velenosa spazzatura tecnologica, e qualche CD che forse nessuno sarà in grado di decifrare. E allora, cosè davvero importante? Ma non dobbiamo essere amareggiati, bensì gioire: si può spezzare la catena del plauso e della contrarietà, delle aspettative e delle delusioni. Ci vuole tanta pazienza, e un pizzico di fortuna. Abbiamo La Poesia dalla nostra.
Roberto Maggiani
- 18/06/2010 18:20:00
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Carissimi Roberto (R. Corsi), Daniele (Santoro), Anna Maria (Vanalesti), Lorena (Turri), Maria (Musik), Loredana (Savelli), Giancarlo (Gherardi), Leila (Baiardo), sono qui a ringraziarvi per i vostri commenti che sapete bene mi fanno molto piacere... ognuno di voi mette in luce e richiama vari tratti della raccolta.
Forse mi ripeto, ma vedo montare questa parva acies, diventerà "magna"? In alcuni raccolgo una sorta di insoddisfazione nelle azioni di contrasto a questa situazione politica che pare incontrastabile a causa della maggioranza di cui gode il Governo in Parlamento, anche se qua e là qualcosa sembra tremare, è la stessa mia insoddisfazione che mi ha portato a scrivere "L’ombra di Creso"... non si dica che noi poeti (per una volta mi ci metto anch’io tra i poeti) non abbiamo detto nulla!
Leila Baiardo
- 18/06/2010 18:01:00
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Caro Roberto, ti dico solo una cosa: piace a Sandro (mio marito) e questo è tutto dire. E piace anche a me. Te lo confesso: non me laspettavo. Chi ha mansioni manageriali di solito è lontano dalla creatività poetica. E invece, guarda un po ... Son rimasta colpita dalla tua cultura classica. Hai saputo unire splendidamente ricchezza e povertà, cioè dato a Mida la misura di comè luomo quando è vestito. Mistura stupenda di modernismo e classicità. Non usi paroloni. Questo è un gran pregio. E poi mi mandano in visibilio (delirio?) le tue idee politiche. Le mie. E un certo tuo pessimismo. Come tutti i pessimismi assurti a poesia, spande intorno un vago compiacimento di sè, della propria coscienza. Ma non è un rimprovero. Anzi. Leopardi lha fatto per tutta la vita e cè campato, di pessimismo! Sei un poeta. Non è a tutti che riesco a dirlo. Sei un poeta. E grazie per la tua ironia, autoironia. Sganciala, e che vada dove vuole. Sei un poeta, e che sono i poeti se non astuti discoboli?
Leila Baiardo
- 18/06/2010 17:42:00
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Ti dico solo una cosa: piace a Sandro (mio marito) e questo è tutto dire. E piace anche a me. Te lo confesso: non me laspettavo. Chi ha mansioni manageriali di solito è lontano dalla creatività poetica. E in vece, guarda un po.... Son rimasta colpita dalla tua cultura classica. Hai saputo unire splendidamente ricchezza e povertà, cioè dato a Mida la misura di comè luomo quando è vestito. Mistura stupenda di modernismo e classicità. Non usi paroloni. E poi mi mandano in visibilio (delirio?) le tue idee politiche. Le mie. E un certo tuo pessimismo.Come tutti i pessimismi assurti a poesia,spande intorno un vago compiacimento di sè, della propria coscienza. Ma non è un rimprovero. Anzi. Leopardi lha fatto tutta la vita e cè campato, di pessimismo. E quantè vero, sempre! Sei un poeta. Non è a tutti che riesco a dirlo. Sei un poeta. Grazie per la tua ironia. Autoironia: sganciala e che vada dove vuole. Sei un poeta, e che sono i poeti se non astuti discoboli? Ti bacio, Leila Baiardo.
Giancarlo Gherardi
- 17/06/2010 23:50:00
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Credo che non ci si possa fermare ad unimpresa singola. Le poesie sono belle, caustiche e ironiche nello stesso tempo. Ma, per fermare londa nera, che avanza i poeti dovrebbero riprendersi le piazze, come gli andati festivals di Castelporziano e urlare al mondo e soprattutto allItalia, con quel buffone che fa il premier, tutto il loro disappunto. Comunque, meglio che niente, va bene anche così.
Loredana Savelli
- 17/06/2010 20:18:00
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Segnalo, da "Lombra di Creso", "Testimoni" e "Per chi lascia il timone". Asciutte, dirette, implorante la prima, fiera la seconda. Alcune tra le tante sfumature di questo testo ricco, che interroga in modo inequivocabile chi legge. Ogni risposta evasa (non cero, non ho visto) è unammissione di colpa.
Maria Musik
- 17/06/2010 20:03:00
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Roberto, lo dico apertamente e senza falsi pudori: ti apprezzo immensamente come poeta e come uomo ed è un apprezzamento che si arricchisce di tutto l’affetto che ti porto e dell’onore che provo nel potermi dire tua amica. Ti ho seguito nel tuo poetare e ti ho visto crescere. Ho, ora, ricordato che già in “Sì dopo Sì” - fra una salmo, una pagina di diario ed una lettera, tutto rigorosamente in poesia, fra le parole comprensibili e i versi meno asciutti di un giovane ed ardente Maggiani - avevo trovato scritto “La legge è questa:/il piccolo seme germoglia in terra./Il piccolo seme è un albero/ma di re e imperatori neppure la cenere/solo vaghi ricordi/cianfrusaglie.” E ancora… “Guai a chi lascia il timone./Non si salverà dalle onde/della nefasta società dei consumi:/"Non oro" che luccica/"Non speranza" che inganna/"Non presenza" cercata./La civiltà dei "Non" è per chi lascia il timone.” Ed oggi, ritrovo la stessa determinazione, lo stesso pensiero “etico” (nel senso puro, non politico, del termine) in Maggiani, uomo e poeta a tutto tondo, inetichetticabile. In un libro bellissimo, che sceglie coscientemente di abbandonare una poetica ormai raffinata da anni di studio e di passione, a favore di un verso intelligibile a tutti ma non per questo sciatto o meno “lavorato”, questo pensiero diventa denuncia precisa, acuminata, fiera e non strumentalizzabile. Ma oggi non è come dieci o venti anni fa: si rischia a palesarsi con tanta determinazione. Allora, grazie, grazie per la bellezza e per il coraggio. Con immutabile stima.
Lorena Turri
- 17/06/2010 19:20:00
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Scriveva Emily Dickinson: “ L’acqua, è insegnata dalla sete… gli uccelli, dalla neve” e, leggendo questo e-book di Roberto Maggiani, oso dire : Creso, dalla sua ombra. Ombra che per secoli e secoli di storia ha continuato a stagliarsi sui muri delle nostre vite, delle nostre case, delle nostre strade. Roberto urla, temerario e armato di lancia appuntita. In tutta libertà dà fiato alla sua voce, e lo fa nella piazza della poesia. Ma il linguaggio è crudo, deciso, volutamente spurgato (ma non del tutto) da ogni lirismo. Personalmente vedo la Poesia come una gabbia, ma con una porticina sempre aperta da cui il poeta può uscire ed entrare ogni volta che ne sente la necessità. E per Roberto questo era il momento di volare oltre quella porticina per trovare un linguaggio che ben si adattasse all’urlo veemente. Non risparmia nessuno, sputa la sua rabbia. Fa i nomi, senza remora alcuna. Forse non era proprio necessario, o forse sì. Questa è stata la sua scelta. Ha scelto la libertà di dire tutto quanto faceva nodo nella sua gola. Ha il cuore braccato, reclama il freddo invernale e il caldo estivo, il sorriso sul volto bambino, come scrive in “Speranze”, dove rientra nella “gabbia” a frugare nella purezza del Poesia: “Aiutanti – angeli del Dio che conosco uomini e donne del mio cielo quello spensierato e bello che la vita mi ha dato date la mano alla mia mano il sorriso al mio sorriso un grazie al mio grazie – mai si sa da dove arrivi l’aiuto e chi ne sia l’angelo.” Il suo vuole essere un canto e un grido di “una sola moltitudine” e lo fa con la seria e determinata responsabilità che ogni Poeta deve sapersi assumere, magari con qualche stonatura o qualche stridore anche per dire (forse) a certi “dottori della poesia” che si tratta “di parole molto importune che hanno fretta di uscire dal forno o dal surgelante”.
Anna Maria Vanalesti
- 17/06/2010 17:45:00
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Se volete immergervi in acque purificatrici, che ci tolgano finalmente la lordura di cui siamo ricoperti, allombra di chi ci governa con il suo eterno sorriso ingannatore, leggete il libro di Roberto Maggiani, che non solo vi scuoterà dalla testa ai piedi, ma vi farà sentire la vera forza della poesia, quando il pathos che la sostiene nasce dallo sdegno più profondo. Versi che in una inarrestabile esplosione di suoni e di ritmi, rimbalzano e colpiscono, con la furia delle sticomitie euripidee; versi che traffiggono lindifferenza di un popolo che sembra riconoscersi nel fantoccio re Mida; versi che ci restituiscono la volontà di ribellarci e di riappropriarci della nostra libertà e anche della nostra povertà: tutto questo è nel libro poetico più nuovo che io abbia letto ultimamente.
Daniele Santoro
- 17/06/2010 16:27:00
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Caro Roberto, ho letto con piacere il tuo “L’ombra di Creso”, una raccolta dal taglio rigorosamente civile, impegnato, di un engagée rabbioso, anzi a tratti furente, che pure non esclude l’ironia fine o il sarcasmo più rude e dissacrante. Lo sguardo è rivolto a un contemporaneo re Creso e re Mida, non tacitato, tuttavia; vi aleggia lo sdegno, la riprovazione morale per i nostri “tempora et mores”. Trovo interessante il riferimento ai suddetti personaggi mitologici; il nesso conferisce ai protagonisti dei tuoi testi una caratterizzazione ancestrale, mitica, perenne, l’avidità dei quali, come bene fa osservare Brenna, “ha radici profonde nell’uomo” (d’altronde, quale età della storia non ha avuto i suoi Creso e i suoi Mida?). Complimenti, inoltre, per la foto che fa da copertina alla silloge e per gli exergo davvero esplicativi che spaziano dall’aristotelico “animale politico” (con un rimando ironico giustappunto significativo) alla più meditativa (e foriera di interrogazioni) lezione hobbesiana per arrivare al tuo sincero invito, secondo una linea diacronica interessante che ricuce suggestivamente la contemporaneità alla classicità (di qui l’imperitura, e scolpita nel tempo, lezione dei miti, non credi?). Nondimeno trovo efficace il linguaggio: sempre chiaro e comunicativo. Registro, inoltre, che la versificazione canonica cede sovente il passo ad una andatura più prosaica, di più largo respiro oratorio, come se la tua poesia, Roberto, non fosse in grado di contenerlo lo sdegno che dentro t’alberga; beninteso, parlo di una oratoria che non ha nulla dell’ore rotundo o del forbito, ma è discorso poetico fluido e travolgente, in virtù della sua comunicativa efficace e necessaria, come d’altronde è da richiedersi ad una poesia di impegno civile (sociale?, politico? culturale?) che voglia invitare il lettore - non già solo il colto letterato (per formazione culturale, essenzialmente classica e storica: alludo a Creso, ai conquistadores, alla Lega del Peloponneso, al fiume Pattolo, Ancuro ecc), ma anche e soprattutto l’uomo comune ad una riflessione attenta - come tu stesso scrivi in nota - “su tematiche che certo sono affrontate in sintesi e richiederebbero invece dibattiti ampi”. Infine, un apprezzamento particolare per i bei i testi “La metrica” e “Nuovo mondo” e, dunque, i miei auguri. Daniele Santoro
Roberto R. Corsi
- 17/06/2010 09:04:00
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La necessità del poeta di tornare (perché, fino a un paio di secoli fa, questa era la sua veste primaria) alla realtà che lo circonda è stata oggetto della presentazione, a febbraio, di un bellissimo libro di Eraldo Garello "La caverna di Gandimede", che analizzando lopera di Goethe Hölderlin etc. manifestava questa speranza (la stessa della chiusa della lirica "dal popolo"). Il termometro di questa esigenza io lo vedo, nella realtà di tutti i giorni, in come certe considerazioni elementari di fenomeni patenti (problemi istituzionali, crescente sperequazione, perfino i cambiamenti climatici, caduta della soglia di rispetto per laltro da sé) ingenerino deplorazione acritica verso chi le avanza, col mantra "comunista" (ma se chiedi ai più giovani cosa vuol dire, cosa intendono dire, manco sanno rispondere) scagliato e ripetuto contro qualsiasi tentativo di opinione alternativa, fino allipnosi. Ben vengano dunque queste poesie, fresche di indignazione e fieramente scondite. Non male lidea di farne un bel bookcrossing per svegliare qualche coscienza ancora recuperabile... Per chiudere, un piccolo e per me felice rilievo stilistico nelle quattro liriche di apertura, dove forte è la vicinanza al miglior Kavafis nel vivificare mito e storia.
Roberto Maggiani
- 15/06/2010 20:22:00
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Care amiche Mariella e Maria Grazia, che dire se non grazie per le vostre graditissime, come quelle degli amici che vi hanno precedute, note di lettura... anche se, ahimè, devo dire il vero, speravo che questa raccolta venisse pubblicata senza più essere attuale, come invece, purtroppo, ancora è. Trovare questa unione poetica e civile con tutti voi, amici e scrittori, mi dà una grande gioia, in un momento come questo in cui pare di essere soli davanti al gigante... Un abbraccio. Grazie per la bella poesia di Ghiannis Ritsos.
Maria Grazia Cabras
- 15/06/2010 17:59:00
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Carissimo Roberto,
ho letto con grande emozione “L’ombra di Creso”: un libro appassionato, furente, luminoso. Ti ringrazio di questo nuovo dono e colgo l’occasione per salutare tutte le amiche e gli amici che partecipano a questo urgente dibattito di libertà/per la libertà. Insistiamo, r-esistiamo.
Un saluto affettuoso, Maria Grazia
Varca il vento
[…] Udiamo il rumore a misura che s’alzano i peli sulle braccia del tempo. Coraggio. Il vento non ti può piegare. Un viso insiste. Insiste la città. La luce insiste.
Se questo è che ci lega quanto ci separa non conta.
Come s’appressa alla nostra porta il vento il suo polso rinforza. Insistiamo. Varca il vento d’un balzo tutto il buio.
Ghiannis Ritsos Da Indomita città (1952-53)
Mariella Bettarini
- 15/06/2010 17:05:00
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Carissimo Roberto, ho anchio letto con vivo interesse e con grande emozione il tuo e-book, che manifesta, rivela, porta alla luce (ma ce nerano tutte le premesse, naturalmente) un Roberto poeta anche "civile", un poeta attentissimo a tutti gli aspetti dellumano (e dellumano soffrire, prima di tutto); un poeta pienamente consapevole e totalmente "espressivo" di tutte le pieghe e piaghe delaltrui dolore, dellingiustizia, della sopraffazione, del razzismo, dellostentata ricchezza dinanzi allaltrui povertà: dell "ombra di Creso", appunto. Sono poesie intense, forti, davvero molto belle e terribilmente "attuali", purtroppo. Notevole ed "empatica" la nota di Giuliano, e vivaci e numerosi, di già, i commenti. Ne sono felice con te, per te, mentre con affetto ti auguro le cose più belle e ti saluto con amicizia. Un abbraccio da Mariella
Guglielmo Peralta
- 14/06/2010 13:50:00
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"... e perché i poeti nel tempo della povertà?"
Sì. Nel tempo della povertà che diviene sempre più povero, perché i poeti non decidono, finalmente, di governare? Non di coltelli, di scudi, di spade, di lance, abbiamo bisogno; non di eroi ("sventurato è il mondo che ha bisogno di eroi!")...ma di poeti, sì, purché non appartengano alla baronia della cultura. I veri poeti, i "chiamati", sono invitati alla "lotta", non alla lotta di piazza, non alla rivoluzione, ma alla ri-volizione, cioè, a compiere la svolta, con volontà di coscienza (non di potenza!). Perché la svolta non è portare la poesia al potere(come la fantasia sessantottina)ma riconoscere il "potere" puro della poesia, un potere decantato e depotenziato di ogni idea e velleità di comando, e perciò veramente libero e liberatore, affrancatore; il solo che possa dare facoltà di dire "IO POSSO!". Amici della "ricerca", urge "trovare" questi poeti! Io ho un progetto. Siamo sicuramente in molti ad avere un progetto. Perché non cincontriamo, non ne parliamo, non agiamo? Occorrono nomi nuovi, uomini nuovi, uomini di buona e bella volontà. Uomini non semplicemente intelligenti, razionali, ma uomini decisi a lasciarsi guidare da una ragione che accolga dentro di sè la luce della Bellezza, lo spirito intelletto, creativo, e a volgere così in ricchezza, il tempo della povertà, divenuta ormai estrema.
anna maria bonfiglio
- 13/06/2010 23:13:00
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Di queste poesie e di questi autori ce ne fossero!!!Questa raccolta ci schiaffa di fronte ad una realtà che fa paura e proprio per questo va meditata a lungo e diffusa. Spesso viene da più parti affermato che la poesia è atto fine a se stesso, bene, Lombra di Creso smentisce il postulato. Grazie al poeta Maggiani.
Roberto Maggiani
- 13/06/2010 21:19:00
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Carissimi amici e amiche, Antonio, Leopoldo, Eugenio, Franca, Loredana, Luca, Antonio S., Guglielmo, leggo con piacere le vostre meditazioni e propositi, ricavando da esse nuova forza per continuare a credere che qualcosa potrà cambiare. Le vostre parole, che sono segno della vostra presenza intellettuale e civile, in questa nostra comune terra Italia, sparsi da sud a nord e viceversa, mi rendono sereno nel pensare che la parva acies risucirà ad avere ragione, perché i sistemi ingrati e forzati crollano: sempre! Non posso inoltre non ringraziarvi delle parole relative alla mia raccolta, che in questo momento sono senzaltro marginali rispetto allemergenza che ci chiama nelle "piazze", sono comunque felice che essa possa essere spunto per un dibattito-confronto-azione più ampio e comune...
Guglielmo Peralta
- 13/06/2010 16:52:00
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L’ombra di Creso
L’ombra di Creso, purtroppo, ha preso corpo in un mondo senz’anima - che, in quanto tale, ama evocare gli spettri del passato - e in un tempo sempre più povero e più dissennato, perché con gli dei, è ora in fuga anche la ragione. Per quel che riguarda la nostra Italia, essa è un paese da sempre saccheggiato dal potere politico e, oggi più che mai, dal potere economico e opulento dei suoi governanti/strozzini/pigliatutto. Creso, dunque, è tornato, nei panni di un tronfio “cavaliere” con molti “scudi” e scudieri al seguito, che del potere ha fatto un “sacro” e personale “investimento”; che dal vecchissimo Mida ha derivato l’arte di modificare “la sostanza delle cose”, col tocco non delle mani ma delle parole, amplificate dai moderni Midia; che, come un alchimista, “lenisce la povertà delle cose,/ le tramuta in ricchezza gialla e pura”. E lo fa davvero!... ma solo per parenti, per “amici scimpanzè” e per accoliti…e per quei “servi ingrati” che non osano smascherare le “orecchie d’asino” di questo novello Re mago! Nel tempo degli inganni e della menzogna, spudoratamente travestita di verità, e spacciata per oro colato da questo ciarlatano, giocoliere della parola serpeggiante e ammiccante, come baldracca, sul set dei Media, sempre in cerca di “un vasto consenso”, in questo tempo della vanità e del vaniloquio, la poesia è l’antidoto necessario contro le falsità, le ingiustizie, le alchimie, i diffusi veleni che ammorbano la nostra società e che hanno nel “palazzo” (e spesso nel suo cortile) le loro radici e le loro formule collaudate e rinnovate. La poesia ha occhi ancora innocenti per riconoscere la nudità del re, e ha voce robusta per gridarla col suo linguaggio universale, senza possibilità di equivoci e di errore, senza tornaconti e interessi! Essa ha voce in capitolo per richiamare i suoi “eroi” dai “nomi scolpiti tra gli astri/ tra i miti e gli dei”. E lo fa, qui, in questa silloge di Roberto Maggiani, con l’autorità e l’onestà che le competono, nel nome e nel segno della virtù che le è propria e di cui riluce. Forte di questa virtus, di questa claritas, che è la Bellezza, la poesia ha il dovere di contribuire alla giustificazione del mondo, a trovargli un senso, a migliorarlo, se non può salvarlo, come auspicava Dostoevskij. Essa deve perciò denunciare e lottare contro l’irrazionalità e le prevaricazioni, contro gli opportunismi del potere politico, chiamando a raccolta, non proprio gli eroi “con i coltelli/tra i denti, la fierezza nello sguardo/ gli scudi e le spade”, ma i veri cavalieri della parola, affinché, sedendo attorno alla visione rotonda della poesia, essi facciano innanzitutto valere, contro re, maghi, e alchimisti, l’oro puro dello spirito, che è la vera sostanza delle cose, e il diritto all’uguaglianza economica e sociale, sancito dall’appartenenza di tutti alla natura umana, prima ancora di essere propugnato dall’Illuminismo e dalla Rivoluzione. L’uomo, in quanto ricchezza, è un valore di cui non tutti hanno piena coscienza, e che alla classe politica, soprattutto, non conviene custodire, proteggere, difendere, perché altra è la ricchezza che essa conserva e accumula. Questo valore, dissipato dalle discriminazioni operate dall’assenza di una coscienza sociale e dall’assenza stessa dei valori, non sfugge alla poesia, che lo com-prende intrinsecamente, insieme con le altre virtù che le sono proprie. Esso è qui presente, in modo trasversale e implicito, in tutta la raccolta, e lascia indovinare, oltre alla natura etica della poesia di cui esso è sostanza e forma, l’utilità di un dettato, giocato tra satĭra e pòlemos.
Antonio De Marchi-Gherini
- 12/06/2010 22:16:00
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Ecco, bravi, mi sembrate tutti molto sul concreto e sul propositivo, allora fate come me. Stampate qualche copia e buttatela nei bar, ritrovi, circoli arci, acli, dove si trovano giovani e vecchi, che possano leggere qualcosa contro...altrimenti rischiamo di celebrare un bel rito bizantino di liturgia democratica e intanto fuori il nemico impazza con le sue pazze proposte destrutturanti. Con affetto, un abbraccio a tutti
Antonio Spagnuolo
- 12/06/2010 18:15:00
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I commenti che mi precedono sono oltremodo interessanti e da leggere più di una volta. Alcuni sarebbero da proporre a giovani disattenti e svogliati, intorpiditi dai mass media e dalle televisioni banali e insulse. Quindi è chiaro che il testo del caro Roberto ha una validità non indifferente e cerca di proporre alcuni risvolti che sono illuminanti. La scrittura è tutta sul piano e le metafore avvinghiano. Spero che la poesia, quella che dovrebbe entrare in tutte le case e che dovrebbe interessare un pubblico sempre più vasto, sia almeno nel cerchio dei cultori e dei preparati al raffinato profumo uno stimolo al colloquio e alla rigernerazione. Antonio Spagnuolo
Luca Petroni
- 12/06/2010 17:37:00
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Chi si arrende è perduto!!! Caro Roberto ho cominciato a leggere le tue poesie, devo dire che le trovo vere, condivisibili e che danno una speranza. Questo è quello che ci vuole, gli intellettuali sono la forza viva che non deve cedere mai. Ogni rivoluzione passa dal loro sacrificio, dalla loro onestà interiore e dal loro non essere corruttibili. Io che sono figlio di Guglielmo, scrittore che è stato chiuso in Via Tasso, so cosa significa. Gli intellettuali sono comunque sempre una voce che si ascolta e sono una delle forze con cui si combattono le dittature e con cui si deve combattere questa nuova dittatura che si maschera dietro una ormai calpestata democrazia. Continua così e non demordere mai. Nessuno è eterno e per noi e per le generazioni che verranno, bisogna sempre combattere.
Loredana savelli
- 12/06/2010 16:15:00
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Per ora mi piacciono moltissimo le ultime tre: il distacco dal "corporeo" compensa la denuncia sanguigna e un po livida delle poesie precedenti. Un Roberto terreno questo che ci hai presentato. Ma non credo che sia la dimensione prevalente. Lidealismo poetico ti scappa da tutte le parti, non come rassegnazione o fuga ma come strategia di lungo periodo. Noi siamo la parva acies e tu il portabandiera.
Franca Alaimo
- 12/06/2010 12:53:00
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Quando la poesia dismette labito lirico ( e Roberto ha dato ampia prova di sapere essere un poeta puro ) e indossa quello della satira, deve per necessità sposare altri registri linguistici e in qualche modo sporcarsi del fango che assume come materia del suo dire. Questo spiega landamento prosastico di molti versi di questa raccolta e lingresso di termini crudi e realistici; insomma, la presenza di molti versi "aspri e chiocci", per dirla con unespressione dantesca. E però si tratta di unoperazione più che giusta per quella corrispondenza che è sempre da ricercare fra segno e significato e per il raggiungimento dello scopo, che è quello di aggredire, quasi a morsi, il male e lipocrisia etica e politica imperante, e, togliendo di mezzo ogni esitazione, svelare dun colpo la nudità del re, la sua intimità feroce, la sua mente appestata. E, quindi, senza esitazioni, eccoli lì i nomi di chi sta distruggendo la bella Italia a colpi di avidità, di egoismi, di cecità morale, di disprezzo per la cultura e per chi altamente la rappresenta. Le figure mitologiche di Mida e di Creso sono le maschere che appena coprono i volti degli attori politici delloggi con la loro corte di buffoni e di servi. Bisognerà che altri salgano sul palcoscenico, altri che sappiano interpretare e sostenere unautentica democrazia, riconoscendo i diritti di tutti, specie dei più deboli, perché non ci siano più quelli che non sanno che farsene, di donne e bambini, di disabili, di minoranze. Quella bandiera, che vediamo in una delle fotografie del libro, sostenuta da pochi ed innalzata come un tetto colorato di speranze dalle mani di chi sposa i veri ideali delluomo, quelli che naturaliter gli appartengono e lo esprimono, è il simbolo stesso del futuro cui Roberto, Giuliano, che ne ha scritto la bella e vibrata introduzione, gli intellettuali onesti, ( e per fortuna ancora tanti ce ne sono in questa Italia oppressa ed afflitta , noi tutti della redazione della "recherche" ( una ricerca sempre da intendere nella sua doppia aspirazione di libertà interiore e di valori civili, poiché bello è bene, e bene è bello ) aspiriamo. Per questo bisogna sempre salutare con gioia un libro come questo, che aggiunge un altro aspetto ai molti che già Roberto ha espresso, esprime attraverso la scrittura. Perché cè il tempo del canto, quello della visione, quello della tenerezza, ma cè anche il tempo dellindignazione e della rivolta. Quando queste ultime gonfiano il cuore e armano la lingua, la poesia se ne fa veicolo e diventa utile. La sua beltà ha un altro aspetto, che forse si chiamano coraggio e verità
Eugenio Nastasi
- 12/06/2010 12:48:00
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Non vè dubbio che con "Lombra di Creso" Roberto Maggiani abbia colmato un vuoto nel mazzo dei liberi pensatori e degli scrittori-altri: ha dato fiato alle trombe della poesia per chiamare a raccolta ogni "piccola schiera" di persone "contro". Contro il canto (imposto) delle sirene del qualunquismo spendi e spandi, contro il gioco delle scimmiette (non vedo-non sento-non parlo)che a suon di decreti spremono le tasche di questo popolo di "soliti" contribuenti e di noti-ignoti-ben difesi ladri delleuromoneta lanciata per sparire, liquefarsi in tasche senza fondo, contro le leggi ad personam che prima di tutto sequestrano il diritto sacrosanto alla libertà di opinione. Maggiani e il suo libro come "Guernica" di Picasso: un grande affresco dove a distruggere la città non sono gli aerei del Generalissimo, ma dove a distruggere la cittadinanza, lappartenenza ad un consesso democratico, è il "Priorato" di un borghese piccolo piccolo novello Creso e una masnada di faccendendieri con benedizione di certa vaticananza compiacente e di molta ignavia di teleutenti che sognano ogni due-tre giorni la sestina al gioco del Lotto. Maggiani pensa e scrive col sangue, adopera lo scacchiere degli "attributi" non per scivolare sul terreno della palude dove siamo costretti a tenere un decoroso equilibrio, ma per alzare il rigore morale di quanto afferma. "Usque tantum Catilina abundere patientiae nostrae?" Maggiani come Cicerone, ma il suo domani non appartiene alla triste vicenda che travolse il grande oratore; vivaddio la sua poesia è così ricca di vita, così necessaria alla cronaca di questi giorni, che già abita nella storia come evento di coscienza, come grido di opposizione a ogni forma di bavaglio( come insegna la De Mello e il Pascoaes di "Maffaccerò per udire la voce delle cose") e perchè no, come "urlo" di Munch.
leopoldo attolico
- 11/06/2010 23:05:00
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Conosciamo tutti la vicenda dellultimo Raboni e della sua operazione di denuncia etico/politica per molti versi simile a questa di Roberto Maggiani. Se il libro ha visto la luce lo dobbiamo alla solidarietà fattivamente dimostrata da Garzanti , con grave scorno del potere editoriale del "Partito dellAmore" ( sic ! ). Sta di fatto che del libro si è parlato pochissimo e sempre con tono convenzionale/liquidatorio, di certo assolutamente inadeguato allintelligente/ironica/argomentata pervasività dei contenuti . Evidentemente la mutazione antropologica della nostra italietta è in atto , si è ormai consolidata e ha riguardato anche lambito della poesia e della consentanea critica letteraria, ormai colonizzata anestetizzata clonata da quel Potere di cui conosciamo bene le becere politiche attente a promuovere la disinformazione e il conseguente sottosviluppo mentale e culturale funzionale alla manipolazione delle coscienze . Potere che i critici letterari si sono guardati bene dal contestare a chiare lettere nero su bianco , salvo poi prodursi nei soliti mugugni ( verba volant ) a livello di corridoio e di parrocchie di appartenenza . In questo corroborante quadro di regressione e di imbarbarimento ( e di sudditanza psicologica nei confronti del Potere ) , si colloca ora il lavoro di Roberto Maggiani , che non è un sociologo della devianza ( dio ce ne scampi ) , ma un poeta con gli attributi , un eslege ben equipaggiato di carica antagonista e di ferri del mestiere adeguati ; capace di fare il contropelo alla retorica della negatività , dei malesseri e dei veleni chiamandoli per nome e in nome di una sua "verità" cui è francamente impossibile non dar credito , situata comè nei territori della civiltà e delletica da sempre solidali con la dignità umana e con le sue istanze di democrazia e di giustizia sociale . A questi referenti la poesia di Maggiani dedica il fervore di una poesia che spiega , nega , denuncia , riassume ; che si rapporta al "non futuro" con lintento precipuo di occuparne le nicchie di vuoto e di afasia sentendosene compartecipe e soprattutto interprete responsabile . Onore quindi al merito di questa poesia esplicita , diretta , linguisticamente intrigante , che fa di ogni verso lespressione di una tensione speculativa in opposizione alla miseria dei tempi; e alla solitudine colpevole del silenzio di quanti non sanno opporre , con la perentorietà dell"umano", linnocenza caustica delle parole che tutti vorremmo continuare a sentire .
Antonio De Marchi-Gherini
- 11/06/2010 23:03:00
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Caro Roberto, quello che dici é inoppugnabile; il mio patema é:Chi mai ascolta più gli intellettuali oggi? Hanno messo il silenziatore alle menti e con le loro tevisioni merdaccia hanno drogato e assopito la capacità di raziocinio delle masse. E così si va avanti con questa corte dei miracoli di nani e ballerine (e non é solo una metafora) che ci sgoverna. Se a questo aggiungi loverdose di nichilismo e di individualismo che hanno inoculato nelle vene, capisci che il lavoro che ci aspetta é titanico e di lunga durata, ma nel frattempo saremo ancora liberi? Questo é ciò che più mi preoccupa, ma quando, tra i servi dei servi dei padroni, annoveri anche due dei maggiori sindacati mi sembra che il quadro sia sconfortante. Comunque é sempre valido il già citato, in altra occasione, Antonio Gramsci:Andiamo avanti con il pessimismo dellintelligenza e lottimismo della volontà. Vi ho recapitato un paio di articoli che fanno il punto sulla situazione, ciao
Roberto Maggiani
- 11/06/2010 22:40:00
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Caro Antonio, nonostante quanto dici circa il "rincoglionimento", penso che sia necessario accendere altre luci, con la forza della denuncia che anche la parola poetica può avere, e iniziare a puntare fari, anche scompostamente, per annullare quel tetro lucore dietro il quale si nasconde la dittatura, che per alcuni può sembrare una parola grossa. Molti pensano che siamo lontani dal tempo di Mussolini, Hitler, Franco o Salazar, ma in realtà il problema oggi è che la dittatura non ha più necessità di un dittatore (è sottilmente nascosta e serpeggiante allinterno di un fare democraticheggiante) ma semmai di una cordata di dittatori, che possano piegare lo stato sociale ai loro piaceri, piaceri e interessi sfumati su vari livelli... e il problema è che lo stato sociale si adagia facilmente su livelli di assenza di libertà reale, a favore di una libertà virtuale. Basta riempire le tasche di alcuni e svuotare quelle di altri che, come tu dici, si trovano così costretti a lottare per sopravvivere sino alla fine del mese senza grilli per la testa... e quelli con i grilli in testa sono proprio gli artisti, i ricercatori, lambiente della cultura insomma, quello dove si trovano gli ultimi comunisti da stanare! Ed ecco la chiusura di tutto ciò che li riguarda, ecco lignoranza che impera... si può stare zitti? No, lombra di Creso è subdola, ti copre... spostati!
Antonio De Marchi-Gherini
- 11/06/2010 20:39:00
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Canto civile contro l’inciviltà corrente. Versi crudi e anche un po’ trasandati, ma questo é il paesaggio dell’anima del momento. Credere ancora di fare poesia di denucia, con il rincoglionimento di massa attuale é una pia illusione. Auspico e spero che non lance ma altro ritorni in superficie. Qui il fascismo sta arrivando su zampine di gatto, in silenzio e tutti se ne accorgono, ma sono troppo preoccupati di arrivare alla fine nel mese. Mi viene in mente un antico canto padano, la padania rossa ,però, non quella dell’Imbolsito e di suo figlio Trota, ben sistemato al parlamento lombardo: Popolo che da sempre stai sulla breccia fottuto e deriso,(...) ma quante volte non hai temuto più e a testa bassa ti sei buttato e il baraccone tutto in aria l’hai mandato, quante volte teste bastarde ai padroni hai tagliato tu... C’erano tempi barbari e feroci in cui i ladri si appendevano alle croci; oggi che viviamo tempi più leggiadri, si appendono le croci in petto ai LADRI. Comunque ci tornerò ancora sopra, auguri.
Roberto Maggiani
- 11/06/2010 18:04:00
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Gentile lettore e benefattore, ti prego, dimmi il tuo nome (mi permetto il tu). Grazie per il complimento al titolo, in verità suggerito da Giuliano Brenna.
LaRecherche.it
- 11/06/2010 17:45:00
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Gentile lettore, la ringraziamo per la segnalazione del refuso, che abbiamo già corretto, da imputarsi al nostro correttore di word. Ci scusiamo con lei e con Maggiani, gli originali sono corretti. Per quanto riguarda il suo intervento le chiediamo gentilmente di inserire almeno una sigla, altrimenti siamo costretti a toglierlo dalla pubblicazione. Con i più cordiali saluti.
null
- 11/06/2010 17:12:00
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bellissimo il titolo e lidea ma, ahimè "parva acies" si scrive, appunto, con la i, ora continuo la lettura, spero di non trovare altri errori...
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