carlape
- 13/05/2012 11:45:00
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La poesia di stefania è numinosa. La immagino intenta a scrivere. A scegliere tra le tante la parola esatta, di una esattezza al contempo matematica e sapiente, una esattezza rivelatrice. Ci sono scritture di cui avverti l’urgenza, dire purché sia. Non credo che l’urgenza di stefania risieda in questo. Avverto un’altra urgenza, quella di una parola che si apre, come sbucciare un frutto, o guardare nel cavo di una pietra la luce nascosta in profondità. E’ a Caillois che penso quando leggo Stefania, al suo descrivere le pietre e il loro segreto. La parola di stefania è lavica, perché arriva da lontano, e si capisce che ha fatto fatica a trovare la strada, a disfarsi del dolore che l’ha partorita, a ridurre in polvere il rancore o la rabbia, a pulire la ferita permettendole una trasparenza e una nitidezza quasi impossibili a dirsi. Arriva diretta, ed è una parola dura, come una selce, sedimentata, non ha bisogno di piacere, non edulcora, non vela, non consola. Pure, ed è questo, il dono per chi la legge, può risuonare in infinite scaglie di memoria e di esperienza, può rifrangersi in vite sconosciute e forse inattuate, può aiutare a portare alla luce lontananze sepolte, e fare apparire meno arduo il lavoro della ricomposizione. In voce e in carne, nellattesa che sia.
Fabio Ciriachi
- 11/04/2012 16:45:00
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Dicevo, recensendo Continenti, di come Stefania Portaccio superasse sia il nodo woolfiano della stanza tutta per sé (si riappropria, infatti, non solo di una stanza ma dell’intero diritto di abitare), sia quello plathiano che vede lessere donna e madre come impedimento al proprio realizzarsi (la qualità della sua poesia ne è la prova lampante). Grazie a questa insolita antologia, il cui baricentro sapienziale non fatico a individuare nel testo sul morire dellaltro che ha per connotazione cronologica settembre (tratta dalla terza splendida raccolta) è come se riuscissi a guardare la poesia della Portaccio da un punto di vista più alto, che cambia i rapporti tra parti e insieme e rende luno e le altre dispensatori di risposte che non mi aspettavo di ricevere e che mi confermano quanto sia proprio questa mobile irriducibilità a connotare senza ombra di dubbio la vera poesia
Rossella Ricci
- 10/04/2012 18:51:00
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Questa è una scrittura che richiede una lettura attenta e ripetuta: subito se ne avverte l’intensità e la grande qualità espressiva, ma un po’ stordisce e dapprima quasi ci si vorrebbe sottrarre ad una voce così forte e non accattivante, sia quando racconta il dolore che il piacere di vivere. Quello che attrae e poi conquista (in questo e-book, ma tanto più nell’intera raccolta “La mattina dopo”) è quella che mi sembra la cifra originale di Stefania Portaccio: la costante ricerca di senso di una soggettività impaziente, che molto si racconta, ma vuole trovare nelle parole della poesia il filo della ragione. E così nel bellissimo monologo della novizia: “Dare la forma e il senso, badessa mia, mi dà soddisfazione molto maggiore che narrare le avventure nude e crude. Invero questa resta la parte più ingrata della penitenza”.
Loredana Savelli
- 01/04/2012 16:10:00
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Moltissimi i temi di questo e-book curatissimo nella forma, di cui ho apprezzato leleganza sobria e penetrante. A tratti spigolose, queste poesie denunciano il non-senso del dolore e dellassenza. Molte esprimono disillusione. Dovessi sceglierne una tra le molte bellissime, sarebbe: "la mente è una falena - si sfinisce e vuole bruciare". Complimenti! Un libro da gustare piano.
Narda Fattori
- 29/03/2012 17:09:00
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Occorre una visione ampia e senza nessuna occlusione per entrare dentro il significato profondi delle poesie della Portaccio. Il linguaggio scabro, le deissi frequenti non indulgono ad una comprensione sentimentale al contrario si ritorcono al già pensato per ridefinirlo. Quanto Dio cè in queste poesie? Quanta speranza manca? E lautrice stessa a darci una risposta; come mente è convessa, affilata, pungente>; come donna, come cuore è concava, accogliente come un ventre, nutritiva,colma di sapori corporali."..essere lima scalpello perdurante nell’opaco anche quando il rovo non arde anzi s’intrica...": sono versi di grande consapevolezza di sé, del proprio angolo dellesistere. Certamnente è una poesia che non cerca facili adesioni, troppa filosofia dentro, troppo cervello in salsa quotidiana ma anche in un baliginar di stelle. Molto interessante, molto.
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