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Roberto Perrino
- 07/04/2011 16:29:00
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Stiamo parlando prima di tutto di un corpo. Gia allesordio sbattiamo contro orgasmi, occhi, fame, nutrimento <<inchiostro, sangue, carta e ancora carne>> odori, forme, spasimi senza pudore. <<Parte dal centro delle viscere e va a coagularsi>> in vera Umanità! E si concede pause di inquieta dolcezza come in <Confessioni di una madre>, <Tu non riposi>, o in <Come solo settembre> evoca la freschezza, sempre concreta di braccia che hanno appena <<lavato le carni a un bambino>> suggestione di una maternità materiale e confortante, senza astratte idealizzazioni. Un passaggio stretto nellinteriorità della fulminante <Chiuso nel mio corpo>, porta a tutto il resto, dentro le pagine del multiverso di Pietro Menditto, dove sono collassati i milioni di universi conosciuti e sconosciuti, in una sorta di Biblioteca di Babele in cui ci si perde. E ciascuna poesia è una stazione di questo viaggio, o di questa via crucis, una rettificazione del multiverso, zone in cui <<Può scorrere dritto il tempo e anche/lo spazio non ha più bisogno di curvarsi./Nella tragica semplicità di Euclide>>. Una disperante ironia si dipana nelle trame di cui e intessuta questa materia, ed un empito profetico di Cabala, come nella <Lettera dal Purgatorio> di questa Terra. Un libro in cui non ci si può mai dichiarare persuasi, definiti, compiuti, che dobbiamo leggere con <<nelle dita i guaiti del dolore>>, un libro che non si può che leggere indefinitamente, e ad ogni lettura ci lascia sospesi, parafrasando il finale di <Chiuso nel mio corpo>, in attesa che unalba ci ricomponga.
Domenico Morana
- 02/04/2011 09:55:00
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A piedi nudi oltre i cancelli del Paradiso.
Forse Trionfo della Bestia, forse Inferno Redentore, consumazione di calzari tra suolo e peso corporale vivo, in marcia su terra libera. Oppure figlio di quel tuono chera una Forma Femminile che William Blake perdutamente permutava in Memorabili Visioni di profondi laghi. Tra aureole dun blu vivo su fondo rosso, tra membruti dèi fecondi, saggira lanima sottile nel soggiorno immobile. Malgrado i canoni ed i riti ladorazione di certi idoli non prende forme ben precise. E tuttavia son testimone che le parole hanno virtù lenitiva mentre le rumino...
Franca Alaimo
- 04/03/2011 16:48:00
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Ecco una poesia in cui unanima si squaderna interamente, come un gesto incommensurabile damore: così, infatti si definisce Pietro Menditto: " disposto a restare digiuno / nel mio piccolo spazio / perché ognuno di me fosse sazio". Poiché, né la fede, né il terrore, né la pietà, ( ed uso volutamente le parole che danno titolo alla raccolta di Pietro Menditto ) ci salveranno, ma solo lamore, che, infatti, costituisce largomento dominante ( lo è, anche quando sembra ce ne siano altri ) di questi versi, ed è possente, intensissimo,a volte lacerante, quasi sempre destinale. Giustamente Loredana Savelli parla di una coincidenza mistica tra corpo e spirito nella poesia di Menditto. E che lautore fa di sè un nobile recipiente della legge onnipervadente dellEros ( "Amor che move il sole e laltre stelle"), per cui il corpo è assai più del suo peso di carne ( questultima bramata e descritta nella sua più nuda intimità e, tuttavia, mai oscena ) e lanima ( indagata in tutti i suoi sussulti, e mai, però, astratta e lontana) è continuamente alimentata dalle cose e struggentemente insaziata . Il trait dunion fra la carne e lanima è la Bellezza, linesplicabile bellezza, come lui la definisce, una sorta di "solitudine rivelata" ( che è unaltra magistrale sua definizione , tanto intensamente recepita da provocare turbamento, così che in una poesia, titolata "Ritratto", egli scrive: "Cè un ritratto di te a ventanni / in cui chiedi perdono / della tua bellezza". Voglio citare anche limmagine breve ma indimenticabile della "fanciulla che pattina / dimentica del mondo", che è un miracolo di leggerezza inventiva, paragonabile ad un altro celeberrimo ritratto che ci giunge dalla lontana Grecia: ne è autore Archiloco, che canta una fanciulla che tiene in mano una rosa e un ramoscello di mirto, mentre i capelli le fanno ombra sulla schiena. LEros di Pietro, inoltre, abbraccia tutte le dimensioni: lalto e il basso, il visibile e linvisibile, e, dunque, vivi e morti. Molte sono le poesie dedicate alle donne amate, nientaffatto sbiadite nella memoria, ma vive nei loro gesti e nelle cose ancora rimaste nella casa. Ma, io aggiungo, una tale esondazione damore è anche un grido e, dunque, un insieme inestricabile di gioia e dolore.
Loredana Savelli
- 02/03/2011 19:50:00
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Azzarderò unipotesi: Pietro Menditto è un poeta mistico. Dei più carnali. In ogni sua poesia vibra un sentimento eroico, portato allestremo: il massimo della carnalità coincide con il massimo della spiritualità. La sua è una ricerca indefessa, generosa, fiera, da eroe daltri tempi. Leggere i suoi testi è un’esperienza impegnativa, non tanto per la lunghezza e complessità di alcuni, quanto per il pathos presente in tutti, nessuno escluso. Bisogna farsi investire da quest’energia, in modo a-razionale, poi valutare cosa ci lascia addosso. Qualcosa che non si dimentica! Una personalità gigantesca, una cultura enciclopedica, una fantasmagorica immaginazione, un linguaggio che sa essere duttile. Le sue composizioni andrebbero catalogate ciascuna in un genere diverso. Ma, forse più esattamente, Pietro sfugge ad ogni etichetta, è originale nella sostanza. Io ho gradito particolarmente le poesie più epigrammatiche o quelle narrative (entusiasmante “La forza del destino” ad esempio). Ma sono moltissimi i titoli che vorrei sottoporre all’attenzione dei lettori, testi che hanno incontrato il mio massimo apprezzamento: Chi può dire, Non verrai, Confessioni di una madre, Tu non riposi, Come solo settembre, Il ritratto, Chiuso il mio corpo, Ignota sapienza, Soffocarlo di parole, Esilio, Amore non fu, Trasmutazioni, Fanciulla che pattina, Un amore volante, La spazzola, Se l’amor si fa pudico, Maledissi settembre, Né per fede, né per terrore, né per pietà….: ce n’è abbastanza per tuffarsi nella scoperta (senza limiti) di un autore generoso e maturo. Ciao Pietro
Domenico Morana
- 01/03/2011 20:31:00
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ALL’AMICO POETA
Palpita il cuore, gli occhi ho asciutti, Pietro, amico mio, la tua messe sarà di straziante bellezza. Prendi tregua adesso e ascolta: in un mio sogno eri un colloquio, un uomo che parlava all’uomo senza timore d’essere saggio. «Brilla una croce di follia ed ecco avviene che il mio sangue sia sparso nello spazio e il cielo eviscerato d’una pagina sondi con le calcinate radici a un gelo non più gelo d’assenza e dia nome alla febbre. Mentre nulla sbarra il cammino il sangue rimane rappreso.» Me lo dicevi sorridendo, così dal pianto fui difeso...
... e adesso posso stampare il tuo libro e cominciare a leggere le tue straordinarie poesie. Grazie di cuore a te e alla redazione di LaRecherche.it.
Roberto Perrino
- 01/03/2011 12:51:00
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Riemergo dai meandri della tua biografia "inventata", e scandisco con il laser dei miei occhi avidi il tesoretto dei versi, che si dipanano nel tessuto di fisica e metafisica del multiverso a cui hai regalato umana rappresentazione.
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