Di Giovanni Baldaccini
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giovanni baldaccini
- 23/02/2019 12:30:00
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Ciao Laura, grazie per avermi lasciato queste tue riflessioni. Da parte mia, posso dire che, a distanza di circa tre mesi dallultima parola posta sul libro, oggi non avrei confermato almeno la metà delle poesie presenti, lontane dal mio gusto attuale. Le lettere no, le lettere le avrei confermate e forse ne avrei aggiunta qualche altra che ho lasciato nel cassetto per non appesantire. Euridice mi è ormai lontana, quasi estranea (quando finisco un lavoro me ne allontano il più in fretta possibile perché so che, rileggendolo, non mi piacerà). Oggi sono proiettato verso il tentativo di scrivere un nuovo lavoro, provvisoriamente intitolato “Figure”, ma non so se e quando vedrà la luce. Dico questo per farti capire come questo tuo commento mi arrivi come una “sorpresa”, comunque sempre gradita. Un caro saluto Giovanni
Laura Turra
- 23/02/2019 06:09:00
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I precedenti commenti, così acuti e colti (cosa che io purtroppo non sono), mi avevano lasciata in dubbio se scrivere o meno queste mie poche righe di riscontro alla lettura di quest’opera di Giovanni Baldaccini, pensando che il mio semplice dire “è bella” oppure “l’ho apprezzata” fosse inadeguato e insufficiente. Tuttavia credo che l’arte e la bellezza che da questa, quando è vera, cioè quando tocca il “vero”, sempre emerge, vadano sempre cercate, riconosciute e portate a quanti più possibile. Così dopo aver assaporato in tutte le sue parti questo libro, posso dire di aver certamente ritrovato con piacere il tratto peculiare, l’amabile stile di scrittura di Giovanni, ma anche qualcosa che ha valore per me, che ha fatto risuonare qualcosa in me, perciò senza timore di apparire insulsa dico “è un bel testo, l’ho apprezzato moltissimo” (la parte delle lettere è, per il mio gusto personale, splendida). Nel cercare di confezionare questo commento, mi è tornato in mente ciò che scriveva Maria Zambrano, ho cercato il brano e lo riporto qui: “Data la condizione umana, la realtà [e la bellezza] che, in certo senso, si presenta da sé avvolgente e inesorabile, chiede di essere cercata. La vita umana è un viaggio di conoscenza verso la realtà, ma questo esige una morale che sostenga lanima e indirizzi la volontà verso di essa, che tempri il cuore e la sensibilità come accade per ogni vocazione”. (Per lamore e per la libertà pag .153) La realtà e la bellezza che essa contiene chiedono di essere cercate e amate nel tempo e quelli che avranno questo libro, che ne possederanno anche solo un foglio o ne avranno sentito parlare, potranno sapere che cè qualcuno allerta, presente, che siede allo scrittoio e dà valore al tempo.
Giovanni, perdona il mio commento un po’ tardivo è sempre insufficiente. Ti lascio un caro saluto.
giovanni baldaccini
- 04/02/2019 15:05:00
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Daccordo con lautore, ripropongo il commento di Guglielmo Peralta che lautore è stato costretto a togliere per problemi di virus.
Dire non è mai abbastanza ed è sempre relativo quando ci si trova di fronte a un’opera, come questa di Giovanni Baldaccini, complessa ma, soprattutto, così bella, di spessore, che verrebbe voglia di fermarsi a contemplarla, “come quel personaggio di Bernhard che ogni mattina si recava al museo, sedendosi sempre di fronte allo stesso quadro”. Ma non per trarne come lui “la ripetizione vuota della vita”, ma per r-esistere contro la quotidianità, per riempirne il vuoto. Di ciò mi convincono le grandi opere, come questa, che sollecitano lo sguardo a cogliere la bellezza al di là della dichiarata scomparsa o morte dell’arte; a godere dell’assenza di Van Gogh, del suo “terribile quadro finale”; per fare della “Metamorfosi” kafkiana una ‘caduta’ verso l’infinito. Ritengo che il tema e il centro di quest’opera sia il “carpe diem”, non nel senso proprio di cogliere l’attimo, ma dell’impossibilità di fermarlo, di trat-tenerlo. E l’attimo, qui, non è la frazione incalcolabile del tempo, ma la sua essenza e la sua misura. Dentro l’attimo c’è un’intera esistenza, la possibilità di viverla pienamente; ci sono i sogni, i desideri, le attese; c’è il tempo senza memoria e la r-esistenza contro la fuga. E l’attimo è lo sguardo di Orfeo, che ci fa ‘orfani’ di Euridice. Perché lo sguardo non ferma la vita. Eppure tutto vi è contenuto, in esso dimora l’universo, ha casa l’infinito, che non sarebbe tale senza lo sguardo. E tuttavia, tutto sfugge in quell’attimo per l’impossibilità di contemplarlo. Tutto allora si traduce in linguaggio e si resta in attesa del significato o del canto, perduto nel volto violato e per sempre inguardabile di Euridice. Vera la riflessione di Giovanni Baldaccini: “Occorrerebbe allora, nel lungo processo di trasformazione delle cose che sempre tali restano, nascere significato. Sì, mi sembra l’unica forma di garanzia. Difficilmente nasce un significato. Se avviene, somiglia a un infinito che non c’è”. Dunque, “le ragioni di una resistenza” non sono la re-sistenza: lo stare nelle cose, ma l’oltrepassare, che solo può darsi nella fuga. Tanto vale consolarci con lo sguardo di Orfeo, con la perdita di Euridice. Perché là dove la verità è salva è possibile ai mortali cantare e r-esistere.
giovanni baldaccini
- 30/01/2019 01:05:00
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ERRATA CORRIGE Mi accorgo ora che la mia risposta al commento di Maria Musik è comparsa sotto il nominativo "giovanni" invece che giovanni baldaccini. Mi accorgo anche che, accanto al nominativo "giovanni" compare un link per leggere altri commenti lasciati da un commentatore che risponde a quel nome. Specifico che NON sono io e quei commenti NON mi appartengono. Scusate e grazie
giovanni baldaccini
- 30/01/2019 00:28:00
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"L’oggetto del desiderio (Euridice) "deve" scomparire perché non scompaia la tensione creativa che contrappone la parola al silenzio, il vuoto al pieno, l’infinito al limite irrinunciabile: nella ricerca di un senso possibile (ancora sconosciuto) e di una sua espressione (sempre insatura) contro l’insignificanza del già detto e del già consumato". Sì Luciana, mi sembra tu abbia interpretato benissimo quello che, un po confusamente, ho tentato di dire in questo mio lavoro. Un lavoro affrettato, che ho condotto a termine, forse anticipando i tempi di composizione, più per stanchezza che per convinzione e questo rende ancora più prezioso il tuo commento e la tua "decifrazione", anche quella dellamico Guglielmo Peralta che, misteriosamente, non compare più in questo riquadro. Grazie.
giovanni
- 29/01/2019 23:35:00
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E mi hai emozionato, Maria, in particolare per quella "figuretta" che mi/ci segue senza che noi si possa voltarsi per guardarla a pena di ucciderla. Se vogliamo aiutarla, possiamo soltanto continuare ad andare avanti, costi quel che costi, in questa melma di banalità feroci nella quale ci è toccato di vivere.
Grazie davvero!!
Maria Musik
- 29/01/2019 20:21:00
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La chiusa. "L’arte, allora, si presenta come sforzo di esistere, una tensione irrisolta e irrisolvibile, da seguire senza sperare di capire. L’opera è notte, l’opera è silenzio. Nessuno la può dire: Euridice non abita più qui." Quante volte è dovuta morire/sparire Euridice? Quanto ha dovuto cantare e soffrire Orfeo per tentare di riportarla alla luce del sole, per riappropriarsi del giuramento nuziale? Che Euridice sia stata uccisa da un rettile o da un bruto che differenza fa (eppure, nel mio intimo, già la farebbe)? Euridice condannata, infine, proprio da Orfeo a rimanere nellAde, dalla sua impazienza di possedere la certezza di averne riconquistata la presenza? No, ecco, questo è inammissibile. E Giovanni Baldaccini, che in questa opera canta così soavemente e intesamente da far piangere le Erinni che popolano il nostro oscuro interiore/altrove, non ripeterà lerrore. Non dopo aver protetto con ali bagnate di angelo un po stazzonato quel minuto "tu", non dopo essersi spezzato le caviglie; non interromperà le mani operose dellamica che plasmano laria; non riempirà letti vuoti sostituendo bambole a quel corpo presente dassenza. Eppure, mentre lo leggevo e a costo di tradirlo, mentre viaggiavo le sue notti e la mancanza di tempo, ho visto una figuretta bella e diafana seguirlo... Euridice, forse, non abita più il Poeta o il presente o il tutto o il nulla... ma lo segue, silenziosa e notturna, a distanza di "sicurezza". O, probabilmente, lho vista solo io: una delle mie numerose allucinazioni, a volte, visioni di lettrice che può accettare di non capire ma non di solcare ogni rigo come fosse una plica di carne, una ruga, una cicatrice alla ricerca del significato oltre lincomprensibile. Mi scusi, Giovanni... ho vomitato emozioni.
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Luciana Riommi
- 21/01/2019 00:46:00
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«Euridice non abita più qui», ossia la condizione necessaria per praticare una sana resistenza e assicurarsi ancora lesistenza dellarte come figlia del silenzio, della notte, dellassenza, e soprattutto della tensione irrisolvibile tra i contrasti che ci fanno umani. Lesistenza dellarte è messa oggi fortemente in pericolo da una cultura (mercantile) del "godimento" (Lacan), che è solo (in)cultura dellinconscio, dellistinto, di una ciclica coazione a "emozionarsi", allunico scopo di raggiungere e possedere (magari acquistandolo al mercato) loggetto del "desiderio", che spesso, troppo spesso, è solo la ricerca narcisistica di consenso e di successo. Loggetto del desiderio (Euridice) "deve" scomparire perché non scompaia la tensione creativa che contrappone la parola al silenzio, il vuoto al pieno, linfinito al limite irrinunciabile: nella ricerca di un senso possibile (ancora sconosciuto) e di una sua espressione (sempre insatura) contro linsignificanza del già detto e del già consumato.
Dei testi più propriamente letterari (poesie e lettere) non dico nulla, non so dire nulla: da un lato sono troppo vicina allautore, dallaltro sono troppo lontana dalla poesia.
Laura Turra
- 14/01/2019 09:32:00
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Certo che Euridice non abita più qui… adesso è passata a casa mia… ☺ Giovanni, con gioia saluto questo tuo nuovo libro, come un caro amico che si aspettava… Se ti fa piacere, tornerò a dirti le mie impressioni dopo averlo letto… Sempre un saluto affezionato
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