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Cristiana Fischer
- 28/04/2013 19:46:00
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"quand’è che hai cominciato veramente a scrivere?" chiede il curatore. "Le poesie da sempre" risponde Tagliavento. E poi: "Hai mai pensato di ripulire, aggiustare, sintetizzare, tagliare questa tua vasta produzione scritta?" "Se dovessi fare una cosa del genere, farei crollare questo castello. Meglio lasciarlo così. È uscito così dall’anima, dal cuore, dalla tua volontà. Tu desideri una cosa e la ottieni. Io quando scrivo una cosa e mi piace…. È inutile stare a cambiare." E così grumi di suoni e di memorie indefinite in poesia alcolica, con mente alticcia, testo che scorre e accumula, immaginazione fervida, libertà di inventare e di ricreare un"acqua riccia", il sole che "si è messo a trillare con flauto di mirra". Mi è meno chiaro in che senso "lex-proletariato da cui è venuta fuori l’odierna figura dei lavoratori più istruiti e dei precari laureati" e i nuovi immigrati che "vanno oggi producendo i loro racconti ... potrebbero trovare nelle scritture selvagge di Tagliavento un loro antenato". Altrettale libertà (non alcolica) di creazione verbale e narrativa? Su questa libertà sono daccordo, e solo su questa.
emilia banfi
- 28/04/2013 14:55:00
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Grande Tagliavento! scrittura coraggiosa e una vita tutta sua da vivere così come si presentava con quegli attimi che lo hanno fatto diventare un grande poeta. La poesia nasce solo in certi animi e Tagliavento ne avevo uno grande per contenerla tutta fino alla fine. Grazie Ennio! Emilia Banfi
Leopoldo Attolico
- 26/04/2013 12:35:00
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Ringraziamo Ennio Abate e Larecherche per averci offerto lopportunità di apprezzare una scrittura così personale , concreta , urticante , a volte felicissima in soluzioni formali e in capacità rappresentativa .
Giuseppina Di Leo
- 25/04/2013 22:17:00
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Parafrasando il titolo, si può dire che le poesie di Tagliavento raccontano pezzi di vita, come tessere di un mosaico rappresentativo di una quotidianità complessa. Alla maniera di un Merseault , il poeta sembra farsi portavoce del dettaglio più minuto fino a immedesimarsi in esso. Di fatto, quella di Armando Tagliavento è una poesia della perdita o dell’allontanamento - come ben evidenzia Ennio Abate nella nota introduttiva - che trova la sua ragion d’essere attraverso e grazie a sguardi rubati, o nei gesti apparentemente banali colti qua e là, tra gente sufficientemente sconosciuta ma in grado di imprimergli il desiderio di un ipotetico incontro. Incontro che il poeta di fatto poi realizza nel momento in cui si esprime in poesia. Lontano da ogni intento risarcitorio, Tagliavento proietta la separazione - o autoesclusione - dal mondo con l’evidenza della propria ombra, come a motivo di un distacco che non serba altra immagine di sé.
Franca Alaimo
- 25/04/2013 00:20:00
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Le poesie di Armando Tagliavento posseggono una tale forza di linguaggio e di emozioni che non basta un commento lasciato qui per misurarne tutta la novità e invenzione. Immagini, colori, angoli di città, personaggi, tenerezze e crudeltà compongono un affresco drammatico dellesistenza, guardata con una prossimità così stretta da deformarla e sconciarla come quando ci si specchia facendo aderire troppo il volto alla superficie. In questo asfissia dolente, tuttavia si insinuano sprazzi di lieto colore o personaggi teneri e pietosi. E come un perseguitato Armando Tagliavento, un esule senza pace: lamore, la donna lo attraggono fatalmente, ma solo per ricordargli la sua diversa origine, limpossibilità di unintegrazione. Per questo a volte la morte lo chiama, per questo una miserevole donnna zoppa, vittima di un incidente, prima di morire lo nomina suo compagno ideale. Raramente mi sono imbattuta in un linguaggio così crudo e indifeso: penso a Celine, penso a Lautreamont, a Baudelaire e a tutti i poeti maledetti. Ma si tratta di un maledettismo senza poese, senza odio anti-borghese, senza colore ideologico, mi pare; il suo dissenso con la vita si colloca innanzitutto in una scommessa perduta con la vita, in unincapacità dolentissima di lasciarsi amare. Un apprezzamento per la bellissima introduzione di Abate e per i direttori della rivista che hanno il coraggio di fare simili proposte.
Enzo Giarmoleo
- 24/04/2013 14:47:00
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Poesia tenere ed esplosive. Un grande lavoro di Abate!!! Enzo Giarmoleo
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