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Scrittura a 4 mani
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Carissimo... amore mio [Epistola]
Testo iniziato da Maria Musik il 25/11/2012 01:41:00
Questa parte di testo è stata pubblicata il 25/11/2012 01:41:00 da
Maria Musik
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INTRODUZIONE.
Oggi, 25 novembre 2012, ricorre la giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne. Ho scritto, per questa occasione, una lettera a tutti gli uomini della mia vita, uomini che, in modo diverso, amo. Ognuno di loro saprà che la lettera è a lui indirizzata perché con la sua vita testimonia che si può essere maschi senza doverlo “dimostrare” usando violenza su una donna, senza viverlo come un primato o una rivalsa.
Pubblico in questa sezione perché spero che qualcuno di loro mi risponda, che altri, uomini e donne, scrivano la loro lettera, indirizzandola a chiunque pensino debba ricevere un loro messaggio, perché insieme si costruisca un epistolario che contenga la promessa che non ci fermeremo qui, che continueremo a distruggere l’omertoso secolare silenzio, oltre la doverosa celebrazione, fuori da ogni ipocrita retorica, dentro un modo diverso di vivere la diversità… ogni giorno.
CARISSIMO ________, AMORE MIO.
_________ “ti prego, riempi questo spazio vuoto con il tuo nome e pronuncialo ad alta voce, perché è importante che tu lo senta risuonare”, carissimo amore mio,
non il solo ma sempre unico nella moltitudine che abita il mio cuore. Ti starai chiedendo perché scriva proprio a te, un uomo, in una ricorrenza come questa.
In prima istanza perché hai saputo essermi accanto malgrado dalla mia persona s’alzi, inaspettato, l’urlo della strega che brucia. Non è stato semplice accettare l’orrore, mai rimosso, che ho impresso dentro come un marchio a fuoco e camminarmi accanto, in silenzio, quando comprendevi e quando ti era quasi impossibile farlo.
Ma, anche, poiché non posso dimenticare che hai marciato al mio fianco, altre volte dietro di me ed altre ancora, un passo avanti..
Scrivo a te perché, quando ci siamo scontrati con rabbia, mi hai chiamata “Stronza!” ma non mi hai mai dato della “Puttana!”. Hai saputo rispettare i miei “No!”, non hai cercato di sottomettermi, al lavoro mi hai trattata come una tua pari e sei rimasto sereno quando il capo ero io. Non hai mai fatto il cicisbeo ma mi hai parlato come parli ad un uomo senza mai dimenticare che sono una donna.
Questa lettera è per te che non ti sei spaventato quando hai scoperto che, a volte, sparivo per ritornare nel mio deserto, che sempre mi attende oltre il muro occidentale: sciamana, folle, selvatica, in corsa con i lupi. Te l’ho rivelato dinanzi ad una tomba bambina e non mi hai preso per matta.
Scrivo a te, che hai scelto una poetessa straniera, tra tutti i poeti del mondo, come musa ispiratrice.
A te, che mai mi hai usato violenza, mai hai preteso che fossi roba tua, mai mi hai umiliata, mai relegata dentro uno stereotipo.
So, quindi, che potrai capire se oggi ti chiedo di farmi un dono.
Ho bisogno di te, ancora una volta: devi aiutarmi a ripulire da muffe e saprofiti il corpo delle donne.
Ho fatto pegno ed ho giurato di riacquistarlo malgrado sappia che, se oggi sono qui a scriverti, è perché non sono riuscita a riscattarlo e che, finché questa giornata sarà sui calendari del mondo, vorrà dire che non avremo saputo estinguerlo.
Venticinque anni or sono, cominciai ad insegnare. Un giorno, un’allieva ci consegnò una lettera. C. aveva quindici anni e scriveva alle sue professoresse quello che nascondeva a tutti. Il padre, in coincidenza del ricovero della moglie, l’aveva violentata. Le aveva detto che tanto, prima o poi, un uomo l’avrebbe fatto e, allora, meglio che il primo fosse stato lui, il suo “papà”. Così la figlia, per tre lunghi mesi, aveva sostituito, in tutto e per tutto, la donna.: dalla cura della casa a quella dei fratelli, dal preparare i pasti ad ottemperare ai “doveri” coniugali. Ci voleva imporre il silenzio perché la madre, affetta da cancro, non doveva sapere.
Dopo di lei, tante altre.
M., con il braccio rotto in tre punti, che raccontava di essere caduta. Glielo aveva spezzato il patrigno che non sopportava il precoce e prorompente sviluppo di quella bellissima creatura e la puniva con la scusa di educarla. Non denunciò mai l’uomo per non vedere sua madre ricadere in depressione.
R., affetta da ritardo mentale, che dormiva in una tenda che il fratello aveva montato in giardino per non farla assistere agli incontri della genitrice con i vari “ospiti”. R. alla quale non venivano le mestruazioni ma molestava tutti i compagni. Era considerata una puttana, figlia di puttana.
D., col volto tumefatto: il suo ragazzo l’aveva presa a ceffoni in piena spiaggia perché trovata a prendere il sole con quel due pezzi succinto che doveva indossare solo quando era in sua compagnia. Era in compagnia della madre che non aveva alzato un dito per difenderla. D. pensava che lui la picchiava perché la amava e non l’avrebbe mai lasciato.
S,. frugata dallo zio a sette anni, ossessionata dal sesso, che non riusciva più ad avvicinare un maschio: passava da uno psichiatra all’altro ed era terrorizzata dal peccato perché non poteva fare a meno di masturbarsi.
P., venuta dallo Sri Lanka, la migliore della classe, che piangeva nel lasciare la scuola: doveva “andare a servizio”. I fratelli avrebbero continuato studiare per imparare un mestiere ma lei, una femmina, non aveva bisogno di libri e laboratori per portare il pane a casa.
P., albanese, che era scappata dal marito pappone e violento: non poteva tornare nel suo Paese senza invito e garanzia di un parente perché poteva essere una spia, né riprendersi la figlia in quanto la legge affermava che i figli sono del padre.
K., nigeriana, portata in Italia per diventare badante, finita a battere su via di Torricola: trenta euro senza “guanto”, carne da macello per i protettori che l’avevano violentata, picchiata, bruciata sul viso e sui seni con le braci delle sigarette per “segnarla” e renderla più brutta. Non poteva scappare, pena la morte dei familiari rimasti in Africa, di cui pagava la salvezza lasciandosi infettare, convivendo con la certezza di morire di AIDS.
Vedi, mio amato, quanto ho bisogno di te, di un uomo che, insieme a me, infranga il silenzio, che lotti al mio fianco per avere leggi certe che proteggano le donne, che si impegni nella difesa di quei diritti che i padri hanno violato e ai quali le stesse madri hanno rinunciato pagando con la vita delle figlie i propri debiti, che voglia educare le nuove generazioni a vivere le differenze di genere come una naturale ricchezza e non come una lotta per il possesso o la supremazia.
Le cifre che oggi sciorineranno su tutti i media sono l’atroce bilancio di fine anno, sono realtà ma io non leggerò numeri: vedrò volti e mani e corpi e menti. Conosco i loro nomi, capisci: non sono militi ignoti per i quali accendere luci votive ed appendere corone di fiori lasciate a seccare e a ricoprirsi di polvere cosicché, fra meno di un mese, passando, neanche le vedremo più.
Devo avere la certezza che domani sarò ancora in grado di raccontare le loro storie, di pronunciare i loro nomi senza che la memoria inciampi, di avere la forza di chiedere che i delitti siano puniti e che la prevenzione si sostituisca alla punizione, di pretendere che il corpo delle donne ritorni ad essere solo un corpo, non un simbolo, un oggetto, una proprietà, una merce, un peccato, un contenitore.
Se sarai con me, se le tue poesie, le tue canzoni, i tuoi disegni, le tue lezioni, la tua danza, il tuo lavoro, i tuoi amori, le tue lotte si intrecceranno con le mie, allora saremo in tanti, non più divisi e muti. La tua presenza può fare la differenza, perché sei la differenza che io amo.
Oggi, ti prego, spera con me che un giorno, i nostri figli o i figli dei nostri figli, avranno un calendario che in questa data celebri una giornata della Memoria per non dimenticare che in molte sono morte, in molti abbiamo lottato ma che, alla fine, è giunta la liberazione ed il tempo del ricordo e del “mai più”.
Con amore.
Maria
Questa parte di testo è stata pubblicata il 25/11/2012 10:22:00 da
Loredana Savelli
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dimenticavo di dirti - postilla -
se una donna parla
è per tacitare la sua ribellione
piuttosto il silenzio temete, uomini,
perché ostile è il cuore nelle tombe
amate la follia
- uomini e donne -
nell’irreversibile big bang della vita
la sua parte incurabile
Questa parte di testo è stata pubblicata il 25/11/2012 15:04:00 da
Maura Potì
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Perchè sono nata schiava
- nella terra -
ma libera nell’aria
e trascino pesanti catene
sui sentieri di guerra
mentre in testa campeggia
una nube che è forza suprema
ed ispira pensieri
ed inneggia ad azioni
e nobilita servi e padroni
Questa parte di testo è stata pubblicata il 25/11/2012 15:35:00 da
Maurizio Sciascia
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Carissima ............,
Mi han detto un giorno che la "Scrittura si spiega con la Scrittura" ed è per questo che voglio citare Alda, oggi, si proprio oggi, Lei che ha conosciuto il "dolore" ma anche cantato la vita e scritto versi di grande forza e potenza:
«Nessuno ha mai preso in esame che Cristo è stato un grande poeta e che le sue lodi a Dio erano la voce di Dio stesso. Guardava le donne come si guarda a dei fiumi che accompagnano la vela sbatacchiata da tutte le parti e le sentiva amiche essendo donna nel cuore"
Carissima .......... questo è quello che desideravo dirti: fin quando l'uomo resterà maschio e non lascerà spazio alla sua sensibilità al desiderio di bellezza all'istinto di protezione tipico delle donne in gravidanza, fin quando l'uomo non mostrerà la sua parte femminile senza paura di essere guardato "male", fin quando l'uomo non proverà a conoscere e condividere fino in fondo la donna e continuerà ad averne "paura", purtroppo, sui nostri calendari ci sarà sempre questa data da ricordare. Si dice che un vero uomo non piange mai! ma quando lo fa le sue lacrime diventano balsamo taumaturgico, che può lenire le ferite aperte delle donne. A te donna, mia fonte di ispirazione mio desiderio di vita, mio rifugio e mia rifugiata, a te donna consacro sull'altare dell'amore incondizionato la mia umana fragilità in cambio del tuo coraggio della tua voglia di vivere della tua onnipotente natura generatrice.
Questa parte di testo è stata pubblicata il 25/11/2012 19:48:00 da
L’Arbaléte
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(Candace)
Non a te mio brevissimo nitore
lungi dal male sudato, oh no!
Inebetì nell’ultimo tremore
di deboli ali il sole e il profilo
che svegliò azzurro.
Altra ombra sta
grande, sempre lontana e nel disegno
mirifico sfila echi, scalfisce
canti, al crepuscolo attende l’insorta
Regina del Mezzogiorno. Io la seguo.
Questa parte di testo è stata pubblicata il 25/11/2012 21:56:00 da
Teresa Milioto
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Che creando l'increata
unione riuscì
peggiore fra le bestie
opaca luce alla madrevita,
d'ansia di parole in uscita
rivoltava indifferente.
e febbrile desiderio la conquista
di ventre terreno
nell'istante.
Figlia, Schiava, Madre
o Puttana non sia il nome mio
- Donna -
ma dell'intera terra immolata
in onore dell'onore.
Questa parte di testo è stata pubblicata il 25/11/2012 22:28:00 da
Loredana Savelli
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Carissimo...
quel bigliettino per terra mi chiamava per nome: "Il sorriso fa giovani, l’amore fa belli".
Veramente l’amore era calpestato dai minuti di una domenica nomade, con gli occhi gonfi e i pensieri sfiatati.
Davanti a una cornice di luce sono rimasta immobile a lungo. Cercavo di sistemare i ragionamenti.
Di lato c’erano coppie che passeggiavano serene, ma il fiume tradiva una strana inquietudine, quegli stracci appesi sui rami erano segno di una guerra appena passata.
Ho proseguito, fino a stancarmi i piedi. Non te l’ho mai detto, mi è sembrato di sentire la tua mano sulla spalla. Era un momento troppo intimo perché mi girassi e così te ne sei andato.
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Questa parte di testo è stata pubblicata il 26/11/2012 17:51:00 da
Roberto Biagiotti
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Carissima oso un po'... giornata della donna, giornata dei gay, delle lesbo, dei bambini, degli anziani, degli uomini, degli etero, dei bisex, trisex, indecisi, disabili, ammalati, poveri, atei, diversamente religiosi...
Un denominatore comune forse è quello delle persone che subiscono violenza.
La violenza è il problema.
Bisogna non essere omertosi.
Bisogna essere solidali.
Condannare la violenza.
Dissociarsi dalla violenza.
Parlare della violenza.
Mettere a fuoco la violenza.
Vergognarsi della violenza.
Temere che si impossessi di noi, che ci governi.
La violenza è di tutti e molti la subiscono...
Ho una domanda:
Le divisioni in classi ed in categorie di violenza propongono un giustificativo alla violenza per coloro che la perpetrano ad un'altra categoria da quella presa in esame, innescando un'assurda gara al "chi è meno peggio"?
Ho una provoconsiderazione:
...ecco qui la "Classifica della malvagità di un atto contro "altra" categoria di persona secondo i recenti dati odiotel:"
1° classificata violenza controibambini (stabile)
2° classificata violenza controidisabili (in ascesa)
3° classificata violenza controledonne (stabile)
4° ...gay (in discesa tantoinparlamentononcisentono)
5° ...lesbo (in ascesa approfittiamonenoi!)
6° ...cristiani (stabile)
7° ...musulmani (stabile)
8° ...ebrei (in ascesa dopoifattidicampode'fiorivuoimettere?)
9° ...atei (non pervenuto megliononparlarnenonesistonosfigati!)
8° ...etero (in ascesa hannopagatoperrisalireunpaiodiposizioni)
10° ...bisex (in ascesa)
11° ...trisex (stabile)
12° ...anziani (in discesa - loroalmenolapensionecelanno)
13° ...poveri (in ascesa!!!)
14° ...indecisi (in discesa - tuttosommatoselasonocercata)
15°.....
16°...
?...
:(
Mi scuso con tutti per questa insolenza, non voglio offendere nessuno naturalmente...
credo solo che per migliorare la lotta alla violenza dovremo un giorno (mi auguro il più presto possibile) smettere di suddividerla in categorie. Non voglio sminuire il problema, purtroppo lo conosco dolorosamente fin troppo bene e perciò solidarietà piena alle donne cioè a noi tutti.
Mi scuso ancora con tutti.
w
Questa parte di testo è stata pubblicata il 26/11/2012 18:15:00 da
Loredana Savelli
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Carissimo…
se la paura è padrona, tu sei schiavo del mio silenzio. Non parlerò, così non ti sarà offerta nessuna occasione di toccarmi. Ogni parola non detta disabiliterà le tue mani. Le smorfie che ci facciamo sono postumi di guerre trattenute, ci siamo infatti consegnati entrambi a una pace apparente. La guerra è stata già vinta dalla paura. Perfetti estranei, ma uguali, condividiamo la sconfitta: ciascuno ha scelto dello specchio la metà che si vede, la propria.
Questa parte di testo è stata pubblicata il 26/11/2012 21:46:00 da
L’Arbaléte
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Mia carissima,
è accaduto un fatto strano oggi, devo raccontarti.
Ti ho chiesto di portarmi qualcosa da leggere. Sei accorsa con due libri, l’autoantologia di Antonio Porta e la Gran Bevuta di Daumal. Mi hai dato un bacio e poi sei scesa a comprare le mie medicine. Il dolore era insopportabile, ho aperto a caso prima il libro di poesie poi l’altro (non ricordavo più come finiva). Coincidenze! mi son detto… Ma turbato. Proprio ieri ne discutevano gli autori, gli amici…
Lo so, non si dovrebbe, c’è una sezione apposita, sul sito, per le proposte dei testi d’altri, eppure so che quel che ho letto oggi sta bene proprio qui. Grazie amore, per la pazienza che hai messo a trascriverli per me.
17.
mi dici che hanno pubblicato la foto della ragazza
sprangata soffocata annegata e prima violentata
coi cazzi coi manici delle scope che ora giace
ai piedi dell’auto dove è stata rinchiusa
appena abbassato sotto le ginocchia il sacco
di plastica dove è stata confezionata
dicono che allora fosse già morta nella vasca annegata
che ora giace ancora una volta denudata contro la sua volontà
se lo hai voluto dire che c’è questa foto vuoi chiedere
e (io) dico che è come ripeterla questa violenza
moltiplicata in quattrocentomila copie e in due
milioni di occhi e in più ogni volta che si prende in mano
il giornale per riguardarla…
21.7.1976
“Ero stato chiamato a Rotterdam per il festival internazionale di poesia e le segretarie addette alla preparazione dei ciclostilati (a Rotterdam il pubblico che viene a sentire i poeti può acquistare il fascicolo delle poesie che vengono lette, con testo originale a fronte) mi dissero prima timidamente poi vivacemente che le mie poesie erano piaciute, soprattutto questa, sulla violenza alle donne. Un poco mi stupii, convinto che in un paese come l’Olanda questo fenomeno fosse meno sofferto. Al contrario, mi dissero. La violenza era diffusa e dolorosa come in altre parti del mondo. Era la prima volta che avevo una testimonianza diretta di non addetti ai lavori che apprezzavano quello che comunicavo in forma di poesia. (…) Le donne avvertono subito come diretta a loro ogni forma di violenza.”
Antonio Porta - “Brevi lettere” da NEL FARE POESIA – Sansoni 1985
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