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Poesia della settimana

Questa poesia è proposta dal 09/05/2011 12:00:00
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Elegia della guerra

di Andrea Piccinelli (Biografia/notizie)

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Il vecchio aquilone ha assaggiato i sapori del pozzo.

Silenzio. Il re di picche è tornato

con le stigmate di mille feretri in ginocchio –

vuole ascoltare il morso della quiete.

Ha le gote spente ed il passo celere.

Sono tutti morti – protetti dall’Infinito.

Bertran de Born – vestito di bianco – ali da pescatore,

ghigno di sordido mangiabudella,

sputa catrame – i gomiti sul tavolo –

con aria di chi ha visto non vedendo niente.

 

Dove è caduto l’ufficiale con le mani in tasca

– sorriso ammuffito stile anni Venti – 

 un vomito di violenza e di polvere da sparo

cancella l’erba piovuta sul sofà

come minestre di vetro candido.

Milioni di uomini-insetti attendono il discorso

a reti unificate

per affogare l’ultimo bicchiere di birra

in un’abbuffata di chimica a brandelli.

 

Alla Somme i pastrani odoravano di lavanda.

Gloria e orgoglio si impelagarono

nei meandri di buie gallerie –

battesimi d’iprite.

Gli occhi così tragici e insicuri avevano

l’impassibilità del fango.

Per chi saranno i baci al mattino –

le palle di neve –

le foglie morte –

le bottiglie scolate –

le notturne follie?

 

Prima di rincorrere il crepuscolo supremo

con voce da villano pronunciò il De Profundis

per i reduci dell’infinita battaglia.

Le mangrovie vomitavano Napalm.

Benvenuti nel Paese della morte in note silenziose.

Armstrong conficcò bene la sua croce

su un sogno di amianto

mentre riflettori bianchi illuminavano la bandiera.

 

Quanti cuori sono stati corrotti

da quei vili panni di seduttore

prima che un’inalazione di vita bruciata lasciasse il corpo

disteso – miliardi di formiche mangiacarneatradimento –

e la testa in alto come un ostensorio

benedetta dal fuoco di mille archibugieri.

Era un cristiano ben addottrinato!

 

Prima dell’impatto risolutore

la mattina era calma e limpida –

il quadrimotore luccicava nell’aria estiva.

Fat Man impiegò meno di un istante

e il sole piovve sulla terra

in tempeste di raggi gamma.

3000 – 5000 – 10000 gradi centigradi!

Né mirti né camelie né ciliegi selvatici.

Mai più colline in fiore.

Lembi di pelle si staccarono dalla carne –

vite umane disgregate.

 

Sotto le insegne regali

che lo videro ricucire le ferite nel bosco

tra aride sequoie e abeti imprigionati dal verde

una languida pioggerellina schiariva

gli ambigui ricordi dell’anima.

Il vento ha la forma di un grosso bisonte.

Le ossa dei crani sono cocci di vita morente

distribuiti dentro sacche ben nascoste.

 

La notte è finita in un mazzo di carte.

Dentro allo scaffale cosparso

di fogli decrepiti in disfacimento

Honoré de Balzac – con aria da fanciullo

pestifero – ammira stupefatto

il tintinnante boudoir seduto alle mie spalle.



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