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Così libera, così intontita di libertà.
Niente schiamazzi, né appartenenze, ma
fughe silenti, grandiose per incontri con
rospi rugiadosi, cavallette mimetiche verdi
come l’erba.
Dimenticanze pluviali, note ricerche di
erbe e frangipane, minimi pipistrelli caduti
nel secco Rio Re, ali grigie di piccoli poteri.
Siamo noi, amorosi per natura, invalidi senza
stampelle, ma tutt’uno con le provvide risorse
attorno e lanceolati bisogni.
Siamo così, arrendevoli e amanti di quanto ci
viene porto, senza fini, se non l’appartenere a
tutto e a tutti, impressionati e chiari.
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Così riluce, ma tanto, il giorno sulla foglia,
sulle sue venature e macchioline piene di senno.
È verde verde la foglia e la vita la tiene stretta
come salvezza. Ha bisogno di vita la vita.
Solo così la vita si mantiene in equilibrio.
A volte è stanca e si aggrappa alla foglia.
In osmosi si guardano l’una nell’altra,
sono il principio e la fine.
E noi le osserviamo, studiando la vita.
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Eppure eppure un lievito di rimpianto rimane nella
forma più naturale: un graspo di uva secca al fondo
per osservare ciò che si susseguiva senza capire
che profondamente ci riguardava.
Siamo soliti ad assistere a quanto scorre e ci nega,
come fossimo altri, come cani ad una catena
invisibile di pane ed acqua.
Ci imbroglia una natura fiduciosa (buon per noi),
immutata, ed è ciò che siamo e saremo.
[ da Il giorno sulla foglia, Gabriella Maleti, Il ramo e la foglia edizioni - cura e introduzione di Mariella Bettarini, postfazione di Marta Moretti ]