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Ci stai bene e ci tiri sopra una lode
che all'harem si piega la testa per entrare
dalla porta degli uomini, come fanno le lepri nelle tane
che mi reclami, mi provi e mi quadri
e piovono archi e travi. La nuova disposizione
è carica di pieghe e di giocattoli di gomma maschia
guarda, non è cosa né figura, ma proprio niente
e mi scuote un senso sopito che ha pensieri di schiava
la passione continua
a studiare ogni via, si aggrofiglia nei giorni
osserva i filobus e s'incastra nelle curve degli occhi
reclama e sciama
il tuo piccolo baricentro si commuove
a uno o due milioni di dolori che abbassano
e mi pare che siano gli alberi che si piegano quando passo
o forse sono le mie catene che si preparano alla guerra.
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Poi che mi scendi le scale addosso
ripeti che merito ogni nodo nei capelli
due fondi di bicchieri verdi, pesanti fiumi
amori carcassa che attraversano la strada
e che parlano in lingue straniere
arrivano e partono distraggono poco i pensieri
degli anni rabberciati di attese e travestimenti
tutto o niente e nulla sei stato
inchiodato a me nei panneggi dei letti
e nelle radiocronache continue dei miei lamenti
madre della compassione e dell'insoddisfazione
ci lascio l'oro della fede e le nozze di due vecchi amanti
vengo in pace dietro di te
radunando gli errori che vanno, sostano e sfasciano
statue di noi riflessenelle ombre
agli angoli delle stanze o delle piazze.
[ Da L'ingombro, Le Voci della Luna ]