“Parabola”
Ho chiuso i miei conti con il paradiso
ogni traccia che cancelli il peccato
incerto come un bambino smarrito
intento a prosciugare il cruento fiume della tragedia
o a saettare distruzioni amorose.
Ogni segnale confonde i riflessi
a rimbalzi di basalto per improvvise attese,
candida parabola di un umile tormento.
Dispettosa lamella il rimpianto,
cattivo testimone dei ricordi.
*
“Spazi”
Cosa importa se le pareti hanno l’unico rumore
che rimbomba tra battiti,
lo spazio è prigioniero di se stesso
in una cella che toglie la memoria.
Accanto l’urlo distoglie il pensiero
per gli ultimi giorni di luce,
rimbalza ombre tra le mura
della mia esistenza, leggendo ogni segreto.
Tenta beffarmi al di la del riflesso
la speranza impaziente, ruggine indelebile,
così che le labbra hanno l’ultimo salmo .
*
“Abbandono”
Solo in attesa di arrendermi all’improvviso stupore
rincorro i fantasmi dei ricordi per cornici
di un abisso insondabile , di un corrodere
interminabile sbalzi e detriti.
È l’assordante urla dell’angoscia,
la piccola chiave di follie che smemora i desideri,
a sillabare la distanza del tuo abbandono,
adesso che mi manca l’ultimo sentiero
tra le scaglie e la polvere dei giorni
nel tentativo di spezzare le ombre.
*
“Solitudine”
Desideravi un’altra primavera
tra spine delle rose e nubi solitarie
nei colori della fine di ottobre o la vertigine
che ha confuso il sorriso.
Desideravi ancora brividi per sere,
tra il giallo delle foglie e le coltri,
per rubare moine o veloci sgomenti,
granelli del nido silenzioso.
Ora sfugge il lamento della solitudine
e ti rivedo nuda nell’azzurro del cielo.
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“Golfo”
Il golfo accenna appena il suo cristallo
nel segno dei gabbiani, finché lo sguardo
insegue il tramonto nel pallido guizzo della spuma.
Scompare l’azzurro anche dei sogni
nell’incerta melodia che tra le note
come un gioco nuovo riprende desideri.
Il vento leggermente ti scompiglia la chioma
nell’impazienza che assottiglia il ritmo
delle attese. Sei il nitido riflesso di risacca.
*
“Dubbio”
Avverto ancora il tuo abbraccio che mi avvolge
nella penombra, ove il tuo mistero
parla con figure a me sconosciute.
Quando a fine di ottobre un tempo breve
ha diviso i risvegli di orizzonte
eri ancora un corpo da toccare,
che annunciava sculture tra le rime.
La stagione sconfina con le piogge
e il mito è vertigine scomposta
in questa solitudine del dubbio.
*