Al che l’uomo bruno replicò che è moderna solo l’arte che aiuta a lottare per un mondo nuovo, e non era certo questo il caso del surrealismo, giacché le masse popolari non lo comprendevano.
La discussione era interessante;
l’uomo bruno sviluppava i suoi argomenti
con garbo e senza tono autoritario,
sicché la polemica non degenerò mai in litigio,
neanche quando Jaromil,
inebriato dall’attenzione che si concentrava su di lui,
ricorse a un’ironia alquanto convulsa;
del resto nessuno espresse un giudizio definitivo,
nella discussione intervennero altre persone
e l’idea che Jaromil sosteneva fu ben presto sommersa da nuovi temi di discussione.
Ma era poi così importante che il progresso esistesse o no,
che il surrealismo fosse borghese o rivoluzionario?
Era così importante che avesse ragione lui
o avessero ragione gli altri?
L’importante era essersi unito a loro.
Disputava con loro, ma provava nei loro confronti un’ardente simpatia.
Non li ascoltava neanche più e pensava a una cosa soltanto,
che era felice:
aveva trovato un gruppo di persone in cui lui non esisteva come figlio di sua madre o come compagno di classe, ma come se stesso.
E si disse che si può essere totalmente se stessi
solo quando si è totalmente in mezzo agli altri.
[ La poesia qui proposta è un libero adattamento in versi della scrittura in prosa tratta da La vita è altrove, Milan Kundera, Adelphi, traduzione di Serena Vitale, pagina 141 ]