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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore č soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Poesia della settimana

Questa poesia č proposta dal 27/01/2020 12:00:00
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Shoah #GiornoMemoria

di Francesca Farina - David Olčre

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SHOAH (1)

 

Li portano via tutti.

Sì, li portano via tutti, tutti.

Quando? Adesso. Subito.

Li portano via tutti, tutti.

Senza ragione. Non c’è ragione.

Il grido sarà sempre grido, sempre.

Sempre il grido risuonerà, sempre.

E i bambini? Non gridano forse, i bambini?

Bisogna sentirli. È da impazzire.

E i grandi? Non soffrono forse, i grandi?

I vecchi? Non sentono forse, i vecchi?

La loro pelle è così fragile…

E il cuore? I cuori? Non soffrono forse, i cuori?

Il respiro? L’ossigeno? Non ce n’è bisogno, forse?

Come si fa senza ossigeno?

E l’acqua? È razionata anche l’acqua.

Il gas, il pane, la legna…

Fa freddo, in casa, fuori, nelle ossa.

Io? Chi sono io? E gli altri?

La vita? Spenta, spenta vita.

 

David Olère, Arrivo di un convoglio

 

 

SHOAH (2)

 

Ora tutto è spento:

Si può aprire la finestra,

C’è un po’ di vento opaco,

Scirocco, nessun balocco

In questo scorcio di sera,

Nessuna preghiera, nessun Dio

Del mattino, speranza, tiritera

Dei morti, sperduti tutti

In anfratti, terra –

La stessa terra dei fiori, gladioli,

La stessa terra dei corbezzoli, asfodeli -

Ma ora che la cucina è spenta

E i piatti sono pronti, i cibi in attesa

D’essere mangiati,

Non si pensa alla terra,

Si affondano le mani tra gli steli

Delle posate, le forchette,

I tovaglioli lindi e stirati,

Si accarezzano i bicchieri,

Si baciano le scodelle

E frullano le ciglia agli sguardi

Rivolti negli sguardi…

È tardi.

  

David Olère, Il cibo dei morti per i vivi

 

 

FIGLIO D’ABRAMO.

  

Quest’uomo mite, solo

Che porta su di sé l’inesorabile

Dolcezza e fermezza di Abramo

Figlio di antichi padri

Indicibili all’Atto dell’Orrore

Senza nome all’Atto dell’Orrore

Senza parole all’Atto dell’Orrore

All’Atto dell’Orrore celato nell’Orrore

Risorto da secoli di tenebra

Nelle carni il martirio della sua gente

Quest’uomo mite, solo

Percorre la sua strada scalzo

Su nude pietre d’inciampo

Vagando di casa in casa senza occhi

Per non vedere l’atto dell’Orrore

Cancellando l’Atto dell’Orrore

Cieco all’Atto dell’Orrore

Per non morire dell’Orrore

E si crea da sé, solo

Parole tenere d’amore

Come rose bianche d’amore

Sussurri dolci d’amore

Come rondini nere d’amore

Porgendole da cuore a cuore

A ciascuno, senza distinzione

Le mani colme di pace

Per anni e anni

Mite, solo, scarnificato

Uomo di pace.

  

David Olère, L'iniezione sperimentale

 

 

[ Le associazioni tra le poesie di Francesca Farina e i dipinti di David Olère (tratti dal sito www.cultora.it) sono a cura della Redazione. ]

 


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