*
Sembrava facile pensare che potesse essere tutto lì.
C'era il sole, il vociare del vento, c'era l'infanzia con le altalene
a filare il tempo, c'erano i prati, gli alberi, il loro verde
materiale e mutevole e c'era un poco d'ombra
per non socchiudere troppo gli occhi.
Sembrava facile, sì, pensare che potesse essere tutto
in quella luce a strati, nel desinare chiaro della rondine,
nel lavorio della formica, nella liturgia della morte,
nella sua sonora pietra. Felice di nulla edificare.
*
Sommale le storie, fanne cifre aguzze
come gli anni di quelli vissuti
sulla capocchia di uno spillo;
prendimi il fiato, la rincorsa;
trattienimi dentro silenzi
in ascolto delle radici,
del crescermi dell'anima
mentre scrivo per sapere cosa è natura
e cosa è sostanza e come fa a essere buono
un frutto o un uomo.
*
Prossimi al mio dire
quelli battezzati con la terra,
rivestiti della grazia delle zolle,
braccati nelle selve cittadine,
entro radure di pestilenze umane,
di ossa rotte, di fracassate speranze.
Prossimi al mio dire
quelli senza peso, senza giusta misura
predestinati all'indeterminazione,
cause efficienti della frazione del pane.
*
Scrivo di nascosto da Dio
che nella bocca voglio parole mie
e niente niente
nel passaggio dalla fronte
alle dita alla punta della penna
al suo muoversi sul foglio
per mio sentire altro
per meditato silenzio e pulsare di tempie
per il mio stare accovacciata
presso lo scavo con l'angelo geometra
e la sua corda a misurare
quanta benedizione c'è sulla terra.
[Tratte da L'ospite indocile, di Lucianna Argentino, Passigli Editori]