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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Poesia della settimana

Questa poesia è proposta dal 11/11/2013 12:00:00
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Tre poesie inedite

di Domenico Alvino

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Testamento

 

Nel caso l’ultimo fosse quest’anno

a imbiancarmi la vita, vi lascio, cari,

il niente che mi spinge su ai rari

culmini concessi alla polvere. Vanno

i miei occhi verso illudenti fari

acque vi gettano le notti che stanno,

digrignanti pensieri, alle poste e mi fanno

livida e sconcia la carta ai diari.

Ma pur sciogliendo l’intera scrittura

lasciano, pare, una punta, un dolore

sempre di voi, di vostri persi abbracci,

sguardi, sorrisi... E per quanto mi cacci

di niente in niente la signora scura

resta in quel niente un rimpianto d’amore.

 

 

Uno strano paese

 

Sì, io ci abitavo, in uno di quei luoghi

desolati, da film western,

mangiati dal sole... che

un vento improvviso trascina una folata

di polvere con dentro cespugli... che rotolano

rotolano e vanno dove vanno. Io stavo

in una di quelle case... oddìo!... si fa per dire!

case!... Lo erano per un caparbio

atto di fede... ché stavano lì

e dicevi, chissà, forse al risveglio...

Autorità?!... Sì, c’era, in una

non so se lontana o vicina città, un...

gendarme... così lo chiamavano... il Gendarme...

veniva ogni tanto, arrancando nel sole,

così stanco e accaldato che subito

andava in locanda e dormiva fino a

quando ripartiva, in calesse... Niente treno...

una corriera ogni tanto

più per la posta, che per giunta a volte

si rompeva per via, e comunque

l’aspettavamo giorni e giorni.

Era un paese che non meritava

il nome. A volte si parlava

in pace, ma per farsi male

a volte si litigava e a volte

si restava chiusi dentro a spiarsi

l’uno l’altro... Così era... o non era...

non so... davvero non so dirvi...

nemmeno il nome... sulla carta... il

tempo, forse, lo ha cancellato...

o la mente... o niente!

 

 

 Adesso

 

Se mi vivi adesso, adesso

dico le cose che mi

piovono una volta

e basta

se in questo nebbioso andito

pioggia, sei pioggia e poi passa

mi resta il pregno, l’odore, aria

umido sulla pelle, e poi in gola

l’umore spesso fin sugli alluci

nelle nari e giù

negli inguini

che non possono

non ti possono scrollare

non mi possono

dal mondo zuppo.

 

 


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