Pubblicato il 06/04/2011 19:59:23
Come è stato il doverci rincontrare senza saperci ridare, con la melassa della notte che ci respirava nei polmoni, una notte canuta come le ali del cielo sventolanti e noi, all’interno, respirati dalle ore del silenzio, avvolti su noi stessi fomentando il piacere. Ci siamo sfamati come cani brancolanti sotto i balconi dell’albergo, inghiottiti in una fornace di buio, una cascata di carne lucente che ci riconosceva e per questo ci spingeva più a fondo verso la canna fumaria del mondo. Si sentiva un cono d’aria che mancava, ai confini di quel letto, così sporco di noi che quasi crollavamo in un burrone. Come forme spiranti ci assistemmo nel vizio di parlare, di provare l’amore nelle sue tre persone, il sangue, la pelle, la vergogna aitante del male.
(tratta da "Nudità", Peqod, 2010)
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