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E corre la locomotiva

di Marina Pacifici
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Pubblicato il 10/07/2011 09:27:55

Una vita spezzata
nell’agonia di pioggia dell’alba
si spegneva.

Il canto dei grilli fra i binari
nelle radiose sere d’estate
il rifulgere dei sogni
morituri nell’aurora
di occhi malinconici ed amari.

Partiva il primo treno
al termine della notte
dal deserto binario.

Una vita finiva
nel silenzio carnefice e reo
nel rantolo atroce e solitario.

Tragica fine
d’un libero pensatore libertario.
La concitazione, le urla, i colpi,
le percosse e fatale la spinta.

Piangeva l’alba
lacrime di porpora d’angoscia dolente
la strada in vermiglie macchie tinta.

Non avresti più fatto correr via
sogni e desideri,
spenti per sempre
le stelle rifulgenti dei tuoi occhi neri.

Non avresti più fatto correr via
veloce la locomotiva.
La nera piovra fatale
la tua vita ghermiva e strozzava.

Dalla Stazione di Milano Centrale
il viavai di vita,
al silenzio di morte
il ticchettio dell’orologio a muro,
l’interrogatorio nel locale
fumoso e oscuro.

Solo la lampada al neon accecante,
la Vita fuori
treno già all’orizzonte
sempre più remoto e distante.

Uscivi di casa presto nei freschi mattini,
dalle case popolari a ringhiera,
l’allegro fischiettare sulle scale
del ritorno a tarda sera.

Carezzevoli le mani
il sorriso di stella polare d’un padre buono,
lo stridore dei treni alla stazione
l’ultimo vitale suono.


Inconsapevole, disperato
l’ultimo bacio alla donna amata
ai bambini
prima d’iniziare il turno

il saluto
in carezza fragrante di tenerezza delle tue gentili mani,
l’abbraccio fragrante d’amore
del padre
perduto
che mai più avrebbe fatto a casa ritorno.

I bimbi
nel pianto angelico
d’infantili, nivei fazzoletti
già orfani domani.

E dal portone centrale
il macchinista anarchico sale.

L’interrogatorio,
la cella di tortura,
l’abuso, la ferale violenza.

Una finestra cigolando
di scatto s’apre.


L’ultimo volo
dell’agonizzante angelo nero,
il pianto di rose scarlatte sul selciato
dalla morte macchiato di vermiglio.

L’ultimo disperato abbraccio di un padre
che se ne va
al piccolo figlio,
s’accende nel singulto orfano una stella malinconica
nel bacio occhieggiante di luce lassù in alto.

Il ticchettare monocorde della pioggia sul lucido asfalto.

Dissolvenza.




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