Guido Brunetti
Arte, cervello, inconscio
Indagare l’arte, il bello, la bellezza, la creatività per noi è come immergersi nell’immensità del fascino e del mistero del cervello e della mente e scoprire il miracolo dell’esistenza. Quando siamo colpiti da una poesia, un dipinto o rimaniamo incantati da un brano musicale è la mente che “costruisce” ciò che sentiamo e vediamo. Il cervello è un “telaio incantato”, secondo la bella definizione del neuroscienziato C. Sherrington, che tesse e ritesse i suoi fili ammirati.
L’arte è tra le più elevate e meravigliose espressioni di questo telaio incantato. Noi riteniamo che il valore di un’opera d’arte sia la sua capacità di trasmetterci intense emozioni ed idee. Ci deve catturare e attrarre per la forma, il colore e i contenuti. E avere la forza di rivelarci i sentimenti, le percezioni, le gioie e i tormenti dell’artista. Talora, la presenza del chiaroscuro esprime inquietudine e pathos. Sono parti della sua vita spirituale.
L’arte spazia nella fantasia, nel simbolismo e nell’immediatezza, in cui lo spirito si muove liberamente in un mondo creato dal soggetto. E’ il momento soggettivo, immediato dello Spirito. Un sentimento dell’Io puro, il principio di ogni esperienza soggettiva. Sono esperienze fenomeniche che suscitano sensazioni piacevoli, un godimento estetico, in virtù di un processo mentale che ci consente di identificarci con l’opera e con il mondo soggettivo dell’artista. Un rivivere inconscio le esperienze della creazione. E’ come se l’arte, in ciò siamo d’accordo con Freud, ci volesse “comprare” con i suoi godimenti formali ed estetici, provocando in noi la stessa costellazione mentale che le ha dato l’impresa di creare.
Affiora un insieme di stati soggettivi, gioia e tristezza, felicità e dolore che sono legati all’inizio del pauroso, al conflitto tra istinto di vita e istinto di morte, tra eros e thanatos. Un dipinto infatti è sempre il riflesso di una sensazione profonda e strana, è iperbole, distorsione della realtà o esagerazione intesa a procurare al nostro cervello un piacere intenso. L’arte- poesia, pittura, musica, scultura- è tra le più vertiginose conquiste dello spirito umano. In molte opere, pensiamo ai dipinti di Raffaello Sanzio da Urbino, s’intravvede davvero la luce del paradiso.
Come avviene questo prodigio? Se andiamo alle radici dell’arte per indagare l’evoluzione di quel mondo enigmatico e oscuro che cerca di sottrarsi sia alla ragione che all’indagine neuroscientifica, forse riusciamo a comprenderne la natura. Che cosa è l’arte? L’ arte è uno dei problemi più antichi affrontati dal pensiero filosofico e antropologico. Oggi, le neuroscienze stanno facendo luce sulla comprensione delle basi neurali del fenomeno artistico, potendo verificare le loro ipotesi attraverso l’analisi del cervello in maniera diretta ed empirica. Di qui, la nascita di una nuova disciplina chiamata da Semir Zeki “neuroestetica”.
Psicoanalisti, psichiatri e antropologi si sono occupati spesso del regno delle immagini. Un fenomeno che può apparire nelle visioni degli sciamani, nelle malattie mentali e nell’età infantile. Certamente, è un compito difficile quello dei neuroscienziati dal momento che la scienza si occupa di principi universali, mentre l’arte è la suprema “celebrazione” dell’individualità e dell’originalità umana (Ramaschandran). Quando infatti l’artista compone, si sente come “invasato” da una forza estranea al suo controllo. Si tratta, secondo Platone, di un “divino distacco” dalle norme consuete, di una “mania divina” caratterizzata dall’ispirazione divinatoria, dall’ispirazione artistica e dalla mania amorosa che viene da Afrodite e da Eros”.
In verità, è molto antico il collegamento dell’arte con l’Eros e le pulsioni sessuali. La pittura, la musica e la poesia esprimono continuamente contenuti erotici. “Ognuno, precisa Platone nel Simposio, diventa poeta, appena Eros lo tocca. Sotto la guida dell’amore, Apollo ritrovò l’arte e la medicina, sicché anche lui sarebbe un allievo di Eros”.
Abbiamo una grande varietà di definizioni dell’arte e del bello. Si va dalla più antica concezione dell’arte come imitazione ai concetti moderni di arte come creazione e costruzione. Tutte le teorie confluiscono in due sezioni principali: la prima, considera l’arte come educazione; la seconda come espressione. Il concetto di arte come educazione è la più antica e diffusa. Inizia con Platone e Aristotele, dura per tutto il Medioevo, continua nel Rinascimento e prosegue con Hegel e Croce fino a pervenire alle teorie che attribuiscono all’arte uno strumento di educazione socio-politica.
La concezione dell’arte come espressione si riferisce al carattere contemplativo dell’arte, intesa come forma finale dell’attività creativa. Lo studio sulla creatività si rivela di notevole interesse, poiché l’umanità non fa alcuna cosa se non per merito degli inventori: è l’unico fattore attivo nel progresso umano. Gli individui di genio indicano la via e tracciano gli schemi, adottati e seguiti dalla gente comune (James).
Il processo creativo, nell’antichità, è inteso come capacità di rappresentare la natura. Aristotele attribuisce all’arte una funzione ordinatrice, intesa a chiarire la complessità della storia attraverso le “armonie”. L’arte assume un valore “catartico” nello spettatore, un senso di liberazione dell’anima dalle passioni degli istinti: in ciò, il filosofo greco precorre alcune interpretazioni psicoanalitiche.
Storicamente, la creatività è stata valutata di volta in volta non solo come catarsi, ma anche come attività magica, evasiva, edonistica, didascalica. La funzione catartica della creazione artistica è dimostrata dall’esempio di Goethe, che confessava di essere guarito da una forte crisi depressiva che lo aveva tratto sull’orlo del suicidio, scrivendo il “Werther”. Noi del mestiere- scrive Byron- siamo “più o meno toccati”. Alcuni sono affetti da “gaiezza”, altri da “melanconia”. Sintomi depressivi appaiono nelle opere di Van Gogh, Schumann, Hemingway, Virginia Woolf e di molti altri artisti.
L’arte come mezzo pedagogico di godimento è teorizzato da Esopo, Fedro e Lucrezio. Nel Medioevo, si accentua la dimensione morale dell’arte. L’artista ha il mandato di celebrare la gloria divina. Nel Rinascimento, l’arte è intesa come studio della natura. Con l’Ottocento, si fa strada il problema semantico attraverso molteplici sistemi che vanno dal simbolismo emotivo al concetto della “pura visibilità”. L’arte viene sempre più concepita come fenomeno esistenziale, umano. Questa idea romantica, che si basa su come la vita interiore dell’artista trova espressione nelle sue opere, riesce a ispirare i primi lavori di Freud, contribuendo allo sviluppo delle sue teorie e delle sue scoperte. Dall’opera sul motto di spirito (1905) alle indagini psicoanalitiche su Leonardo da Vinci (1910) e sul Mosè di Michelangelo (1914), Freud torna spesso sul tema della creazione artistica.
L’artista trae la materia per elaborare la sua opera nella “fantasia”. Che si esprime, per il padre della psicoanalisi, attraverso tensioni inconsce e desideri insoddisfatti, confermando le intuizioni dei primi filosofi sull’importanza che assume l’inconscio nella creazione artistica. Nel volume “Il poeta e la fantasia”, l’autore sostiene infatti che quell’essere strano- l’artista- raggiunge la sua essenza attraverso l’immaginazione, che ha le sue origini nell’inconscio, come i sogni e i giochi dei bambini. L’arte è simile al sogno notturno, un mezzo indiretto di soddisfazione dei desideri repressi, nel quale si manifesta la “proiezione” inconscia della personalità, ossia ciò che è nascosto ed incomprensibile.
Come avviene la trasfigurazione dei sentimenti e dei desideri rimossi nell’opera d’arte? Per spiegare il processo creativo, Freud ricorre al concetto di “sublimazione”. Che consiste in una “trasmutazione” da uno stato esistenziale ad un altro. Una pulsione è sublimata se è “deviata” verso una meta non sessuale. La libido desessualizzata s’incanala per vie nuove, producendo opere di alto valore spirituale.
La visione moderna dell’arte tende ad attribuire alla creatività la funzione di un processo mentale, di un comportamento non conformistico e non imitativo. Un comportamento che genera una dinamica fondata su scomposizioni e ricomposizioni del “significato”, seguendo, secondo Umberto Eco, “un procedimento semiotico”. Il pensiero romantico ritiene la creatività come “lo spontaneo traboccare di forti sentimenti, i quali sono una “proiezione” dello stato mentale dell’artista e danno luogo all’emergere del “simbolismo” alla fine del XIX secolo e a molte altre correnti, come quelle espressionista, del fauvismo e del surrealismo.
Sulla base di questa impostazione, dobbiamo sottolineare che l’artista non rappresenta la natura, né la imita, ma la crea di nuovo. Attraverso l’opera, egli “reinventa” la realtà. In questo modo, il processo creativo trascende le esperienze soggettive dell’autore e conferisce all’opera d’arte “un significato universale” (Jung). La creazione di un’opera d’arte quindi diventa l’equivalente mentale della procreazione.
Perché infine un’opera d’arte ci provoca piacere, procurandoci godimento, sentimenti ed intense emozioni? Tutto avviene per mezzo di un neurotrasmettitore, la dopamina, che è il mediatore del piacere. Tutte le volte in cui compiamo un’azione che ci suscita piacere, si attiva, come mostrano le ricerche delle nuove neuroscienze, un meccanismo cerebrale che produce la dopamina. La sindrome di Stendhal spiega come un’emozione provocata da un quadro possa scatenare allucinazioni o svenimento. Il seno scoperto di un dipinto, ad esempio, può innescare il rilascio di endorfine, vasopressina e ossitocina, che sono le sostanze dell’eccitazione sessuale.
Concludendo, diciamo che l’arte è una manifestazione dello spirito umano in cui si fondono ebbrezza ed eccitazione, tormento e umori tempestosi. Ci rende felici e ci riempie di emozioni. Le nuove neuroscienze sono alla ricerca dei meccanismi neurali delle emozioni, le quali originano dalle aree profonde del cervello.
La creatività artistica pertanto rimanda alle implicazioni labirintiche del cervello umano e delle profondità della propria genesi. Essa rimane un evento carico di mistero e di fascino e come tale ancora inaccessibile ad ogni tentativo di analisi neuroscientifica. Resta la riflessione che ogni atto creativo può elevare l’essere umano a una nuova dimensione spirituale. Ha un potere simbolico e tende alla libertà e alla felicità dell’individuo.
Secondo la nostra concezione, l’ispirazione creatrice dell’arte non può non continuare a incarnare una visione trascendente dell’essere. Rappresenta l’ignoto, il non conosciuto. La sua funzione non è quella di descrivere il visibile, ma di cogliere nel visibile “l’invisibile” ( J. Mirò), l’Assoluto, l’infinito, l’eterno.
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