Pubblicato il 10/07/2008 00:56:00
Siamo di fronte a quello che è indubbiamente il più grande capolavoro della letteratura mondiale di tutti i tempi. Il Narratore, parlando in prima persona, ci conduce attraverso la sua vita, in un lungo viaggio che si snoda in tutte le direzioni, e attraversa molteplici dimensioni della natura umana. All’inizio vediamo il narratore bambino, in vacanza presso la famiglia paterna a Combray, dove impara ad amare gusti, profumi e colori della natura selvaggia o addomesticata. Qua il giovane narratore scopre il grande piacere di isolarsi dal mondo reale immergendosi in un libro, e già in queste prime pagine ci dice del suo isolamento nella vita reale per comporre la Recherche. Infatti uno dei tratti singolari di questa prima parte dell’opera è che vi troviamo praticamente già tutti i personaggi che animeranno tutte le pagine a seguire, ed è proprio a Combray, nel Tempo Ritrovato, che Proust, ormai in prossimità del termine della sua opera vivrà il grande “capovolgimento”, che, in un modo o nell’altro, ad opera del tempo ritrovato capita a tutti i personaggi. Dopo questa prima parte Proust apre una ampia parentesi, con “Un amore di Swann”, narrando fatti capitati anni prima che il narratore nascesse, fatti che sebbene appaiano staccati dalla linea generale dell’opera, in realtà servono anche a presentare al lettore alcuni punti fermi dell’opera che verrano in seguito sviluppati. In particolar modo il tema della sofferenza nell’amore, già introdotto in Combray nel celeberrimo episodio del bacio della buonanotte, viene in questo capitolo – e da qui in poi – portato nel mondo della vita adulta; quasi come se un’orchestra abbia, nell’overture di una sinfonia introdotto un tema, che viene poi ripreso nelle parti successive modificato ma sempre riconoscibile, tema che appare poi in tutto il corso dell’opera. Ed è infatti proprio di una sinfonia il metodo narrativo della recherche: ogni personaggio ed ogni situazione hanno il loro motivo, che viene sviluppato nel corso della narrazione, e modificato a seconda delle situazioni o dei moti dell’animo, sino a creare un intreccio dalle linee riconoscibili ed inconfondibili, ma sempre sorprendenti ed assolutamente innovative ed incantatrici. Dopo la narrazione dell’amore di Swann il libro riprende con il narratore ben al centro della scena, e sarà proprio lui a soffrire per amore di una donna, come già – in modo profetico – era successo a Charles Swann con Odette. Il narratore si struggerà prima per Gilberte, figlia di Swann, e poi per Albertine, una simpatica ragazza conosciuta durante una villeggiatura a Balbec. Quest’ultima diventerà l’oggetto di un amore quasi morboso da parte del narratore, che arriverà persino a rinchiuderla nel suo appartamento rendendola così la Prigioniera che dà il titolo ad uno dei capitoli. La recherche si conchiude nel Tempo ritrovato, dove si avrà la piena cognizione della memoria involontaria, che racchiude tutte le persone che ciascuno è e che cambia via via in ogni momento della propria esistenza, ma tutti questi Io non vanno perduti, tutte le sensazioni che hanno provato, sono sempre vive accanto a noi, e basta un nonnulla per riportarceli alla memoria, vivi, a farci rivivere inalterati momenti del passato. E questo fa sì che nel corso della vita ogni gesto non vada sprecato ma vada a sommarsi ai precedenti a costruire come un mattone sull’altro l’immenso edifico della memoria: un capolavoro che i nostri sentimenti e la nostra ragione costruiscono per noi ogni giorno, basta solo guardare con gli occhi del cuore per poterlo vedere. Quanto vi è di “reale” o di autobiografico nella recherche? Tutto, o meglio, nulla. Ogni fatto ed ogni personaggio, sono stati raccolti da Proust nel corso della sua vita, e spesso gli avvenimenti della vita del narratore sono sovrapponibili a quelli occorsi a Proust, ma uno dei grandi misteri che creano la bellezza di quest’opera è che ogni tratto della realtà è rappresentato dalla fantasia in modo reale. Gli occhi del cuore di Proust hanno saputo vedere al di là degli occhi fisici dell’autore medesimo e dei suoi contemporanei ricreando un ambiente che tutti potevano vedere ma dotandolo di caratteristiche che solo ad un fine conoscitore – ed indagatore – dell’animo umano non potevano sfuggire. Durante la lettura di questo bellissimo capolavoro oltre ai moti dell’animo delle persone, ai sentimenti contrastati e il dolore da essi causati, potremo fare un sensazionale viaggio nel tempo e vivere a Parigi nei primi anni del novecento, conoscere gli usi di un’epoca ormai scomparsa e vivere come in prima persona i cambiamenti in atto nella società: dall’affare Dreyfuss all’introduzione del telefono o dell’elettricità. Ogni cosa nella recherche è minuziosamente descritta con quei celebri passi proustiani, lunghi e musicali con numerose variazioni, coordinate e subordinate; quasi sentieri che si diramano in direzioni spesso contrarie ma che poi riportano sempre al discorso principale. Ogni frase, pur essendo un tassello in un grande mosaico, è sovente un’opera d’arte a se stante, potrebbe essere infatti sufficiente una sola frase di Proust per far scomparire interi libri di altri autori. Se pensiamo alla narrazione come una linea, spesso una frase - pur restando su detta linea -, crea un’onda, una specie di cerchio (come quello che compiono le pattuglie aeree acrobatiche), la frase va a toccare zone inaspettate, con estrema delicatezza e con una forma sorprendente di omogeneità, l’argomento si trasforma, da pioggia, a pianoforte, treno, leggenda, senza strappi, interruzioni, porta la nostra attenzione verso confini inesplorati, poi con la stessa delicatezza e sempre nella massima logicità, ci deposita nel punto esatto in cui si era prodotta l’increspatura per riprendere la linea da cui era generata. La recherche, è una sinfonia di cui ogni lettore si sente parte, ha sempre, nel suo evolvere una nota che tocca il cuore di ciascun lettore, sebbene essi siano innumerevoli, avendo Proust saputo raccogliere l’universalità di ogni singolo dettaglio era, è e – certamente – sarà in grado, sempre di parlare direttamente al cuore di ciascun lettore come se la recherche fosse una lettera scritta proprio a lui. Per molti, ormai, Combray, è diventata la patria d’elezione, il luogo dove l’anima vive la sua scoperta del mondo e della vita, l’anima di coloro i quali sono giunti a leggere la fatidica parola “fine” che la mano di Marcel tracciò una notte della primavera del 1921. Quelli invece che con aria saputa esclamano – certo, perbacco! - di aver letto quel libro che parla di una Madeleine, mentono, non sono mai andati oltre le prime pagine ed a loro i cittadini di Combray, riservano un sorrisetto di scherno, lasciano cadere l’argomento ma diffideranno sempre di loro.
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