È una poesia che ci conduce in uno spazio liminare, quella di Floriana Porta, una zona al confine di due mondi, o di due momenti temporali, apparentemente opposti, ma in realtà fluenti l’uno nell’altro come sfumature di colori: “Ogni giorno, nel morire, rinasce”, “l’inarcarsi di luci e tenebre attende l’alba” e dice il rinnovarsi, ciclico, di morte e rinascita. In questa ciclicità la poetessa cerca di cogliere il momento preciso del passaggio fra due piani distinti, sostando sulla soglia che mette in comunicazione ambienti diversi. Eppure, questo momento, punto infinitesimo di passaggio è un’illusione sfuggente…
Nel dipinto di Roberto Ghezzi lo spazio, gelido, è amplificato come se il pittore volesse proiettarci verso l’orizzonte marino, unico, labile appiglio che s’allontana, s’allarga, sfugge alla penetrazione visiva, alla comprensione mentale.
… così come sfuggente, direi impossibile da cogliere con l’immaginazione è il “confine fra due mari”, ma è pur vero che non ci si bagna due volte nello stesso fiume! Entriamo qui nel dominio fluido del tempo, nel campo magmatico dei ricordi che sfumano allontanandosi…
Il cielo, il mare, o la sabbia d’una spiaggia, con contrasti di colore che creano un confine ed un percorso tentatore. Lo sguardo avanza lungo quella linea sinuosa come un serpente che non conduce soltanto verso l’orizzonte ma anche al confine del quadro, come a promettere un incerto aldilà, fuori dalla tela.
… la lontananza si coglie più volte, in questi versi. Immagini impastate di nostalgia, di desiderio, di sensazioni sfuggenti come Proteo, appaiono e svaniscono come miraggi, forse tentativi di ricostruire su piani diversi e più spirituali un “non luogo”, che “si lascia svanire”, spazio assente perché irraggiungibile ed indescrivibile: lo specchio che rifletta l’anima della poetessa …
L’orizzonte fluttua nella foschia, mentre il cielo è coperto di nubi scure. I colori si fondono ed intristiscono, come un presagio di temporale. Lo spazio è deserto, vuoto come quando pensiamo alle persone che dovrebbero esserci ma sono assenti.
… perfino lo specchio sembra vuoto, incapace di riflettere alcunché; la poetessa confessa di non sapere: “non sapevo / di essere voce”, “non so chi sono”, del tempo “non so niente”. La poetessa dichiara la sua umiltà, piccolezza e finitudine di fronte a ciò che trascende la breve vita umana Questo non sapere, questa specie d'irrazionalità che rasenta il mistero poetico, ma anche il magistero socratico, esprime l'atteggiamento umile e riverente di ogni essere umano dotato di sensibilità. Di fronte alla voce dello spirito divino quella della poetessa è solo “un’eco / sfumata”, che canta, ma non sa spiegare donde il canto scaturisca …
Non so cosa rappresentino quei ritmi azzurri che attraversano il quadro in diagonale. Sembra trattarsi d’una veduta a volo d’uccello, ma l’incertezza suggerisce cime di montagne oppure onde marine. La natura statica del dipinto, a differenza d’un film, dove si percepirebbe il moto ondoso, non permette una lettura univoca, sicché lo spettatore, nulla sapendo, può abbandonarsi alla pura contemplazione.
… la contemplazione, l’ascolto della voce divina conduce l’anima, liberata dall’orgoglio del sapere, “verso un altro inizio”, nell’attesa di qualcosa di nuovo che sta per nascere, e che permette di aprirsi alla speranza ed alla felicità. Ma anche alla scoperta di “essere leggera”, del “tenue” eclissarsi del giorno, all’accettazione del fatto che tutto “si espande, trasmuta”, che mi fa pensare al “panta rei” di Eraclito. Anche l'espandersi ed il trasformarsi mi fanno pensare a qualcosa di etereo, immateriale e fantastico, che si percepisce come un incerto miraggio o una reminiscenza inafferrabile. C'è un senso di leggerezza che pare accrescere le distanze, creando uno spazio fra la parola ed il mondo. La poetessa si eleva “al di sopra di tutto”, trascendendo il fluire della realtà fenomenica…
Un solitario uccello vola libero nel cielo immenso che pare ruotare intorno a lui. Lo vediamo piccolissimo ma irraggiungibile, padrone di quello spazio solitario, eppure perso in quella gelida immensità. Si esalta la levità, la sensazione data dal volo poetico fatto di serenità, nell'attesa, colma di speranza, di una nuova nascita in spazi infiniti.
… a quelle altezze sublimi la poetessa è immersa nel silenzio delle lontananze, presupposto per l’ascolto interiore. Da lassù ogni frammento disperso della creazione si espande trasformandosi, come un tutt’uno. Tutto acquista un senso: perfino la notte è “inarcarsi / di luci e tenebre” nell’attesa dell’alba …
Pare di volare sovra acque tranquille, appena appena increspate d’onde che sfumano verso il rosa steso all’orizzonte curvo per l’altezza. I raggi dell’aurora contrastano col cielo coperto di nubi e con la massa scura d’un monte. La luce s’espande in silenzio.
… l’attesa è un tendere verso un tempo diverso, con angoscia o speranza, mai con distacco. Lo scorrere del tempo non è mai pacifico, per noi. Questo, credo, intende la poetessa quando afferma: “Il tempo / è dove abita l’uomo, / al gelido soffio del cosmo”. Il tempo è contrapposto all'uomo, creatura fragile ed indifesa, cosciente di non sapere niente del cosmo intorno a lui, che scorre gelido come un vento ostile di morte…
Un albero frondoso, piegato dal vento ostile, resiste, caparbio, in uno spazio deserto, di morte. Il cielo, di un fosco viola, incombe su quella fragile vita naufraga in quell’arido mare di sabbia.
… invece il “non luogo / dal quale abbeverarsi”, che rimanda al “nessun tempo”, apre spiragli nuovi, introduce in un mondo nuovo, spirituale, sottolineato da una tela blu…
Il blu di questa tela mi fa pensare ad un ambiente polare: il mare, che s’insinua fra i fiordi d’una terra vastissima, è talmente calmo che potrebbe essere ghiacciato. Il cielo di un profondo, gelido cobalto, sembra aprirsi vertiginosamente verso chissà quali profondità siderali.
… in questo mondo nuovo, siderale, la parola “si disperde e vacilla, dissolvendosi”, facendosi religioso silenzio, muta preghiera, attesa fiduciosa d’ogni rinnovamento …
Il cielo è grigio, cupo, l’uccello a malapena si distingue; pare confondersi fra le nubi, ci sembra di vederlo vacillare. È una fragile creatura in balia del vento, oppure siamo noi a proiettare nel quadro la nostra paura di volare, di camminare sulle acque superiori?
… solo superando ansie e timori, abbandonandosi al soffio del cosmo, la parola può rinascere, sicché Floriana Porta può dire: “il vento mi attraversa”. Il vento sembra essere un motivo ricorrente in queste liriche, ad esprimere il carattere spirituale, irrazionale ed epifanico, profetico della voce poetica: in fondo, l'anima è vento! E la voce, che è fiato, non è simile al vento? Sicché la poetessa, come è attraversata dal vento così è abitata dalla voce. Ma la ninfa Eco era una donna…
Una donna, essere recettivo, sensibile, sta, immobile, sulla riva del mare, roseo come il cielo. La sua figura si riflette nell’acqua, come ad assicurarci d’una essenza spirituale. Ella attende, assorta, l’onda che sta per raggiungerla: tentazione, ispirazione, annunciazione? Forse è tutto questo insieme.
… una donna che si fa voce per amore, questa è Floriana Porta, che ascolta remote percezioni sommuovere la sua anima come l’onda dipinta da Roberto Ghezzi turberà il riflesso della ragazza in riva al mare, generando onde, rifrazioni, riverberi: i mutamenti del mondo che innescano quelli dell’anima, in un ciclo continuo che pittura e poesia continuamente rincorrono.
[ Leggi Remote percezioni ]