Guido Brunetti
Concetto ed evoluzione del problema anima-cervello
L’ origine del concetto di anima- in greco anemos (soffio, alito, respiro, vento)- appartiene alla notte dei tempi. Prima del V secolo a.C.- come sottolineano Daniele Bui e Silvio Leoni nel loro libro “Mente, cervello e coscienza” (Casa editrice Mattioli)- “l’anima intesa come pensiero cosciente non esiste ancora”.
L’anima è concepita dal pensiero primitivo come un principio vitale che trasmette vita agli uomini. La sua nascita comincia con le opere di Omero e con l’orfismo e si afferma con la filosofia greca per proseguire con il cristianesimo per giungere infine al Novecento, quando la nozione di cervello, mente e coscienza passa nella sfera di competenza delle nuove neuroscienze.
Si comincia con la concezione dell’uomo composto di anima e corpo (dualismo ontologico). E’ stato Platone a definire per primo l’anima, ricorrendo a un’immagine. Quella di un carro guidato da un auriga e trascinato da due cavalli alati, uno nero, bestiale, l’altro bianco e nobile. Il cavallo nero corrisponde all’Es di Freud, un’istanza ribollente di impulsi aggressivi e di passioni, mentre il cavallo bianco rappresenta il Super-ego freudiano, l’insieme di norme e regole di condotta che stanno alla base del nostro comportamento. A sua volta, l’auriga corrisponde all’Io di Freud ed ha la funzione di mediare tra i due cavalli, tra i nostri impulsi da un lato e le istanze morali dall’altro.
L’uomo- precisa Platone- è composto di due realtà: il corpo, sostanza materiale e l’anima, sostanza immateriale, spirituale e immortale, quindi eterna.
Questa visione, così come la vita e l’opera di Platone sono state segnate dalla sua amicizia con Socrate (470 a.C.). A questo filosofo viene attribuito l’invenzione del nome di filosofia, amore per la sapienza. Socrate riteneva di essere guidato da una strana voce interiore, che veniva dal profondo dell’anima, un daimonion, una voce divina, idea che introduce il concetto di coscienza interiore.
Platone fu colpito da questi argomenti, soprattutto dalla ricerca sull’anima quale oggetto della filosofia, condotta attraverso il metodo dialettico socratico, noto come maieutica, dal greco maieutikè, ossia arte dell’ostetrica, la quale consiste nel sostenere il soggetto a portare alla luce dal profondo dell’anima la capacità di conoscere. Che è quella dell’oracolo di Delfi: “Conosci te stesso”, la propria umanità, la propria personalità.
Una vita senza ricerca, per Socrate, “non è degna di essere vissuta”. “So di non sapere” è il principio che guida Socrate e Platone. Solo chi riconosce la propria ignoranza può progredire nella saggezza, fatto che costituisce il primo passo nel processo di apprendimento. La vera essenza delle cose e del mondo è l’anima a scoprirla, mentre la realtà che vedono i nostri occhi, secondo Platone, è “apparenza, opinabile”. E’ la mente che vede il mondo delle idee, una realtà trascendente che rappresenta il modello che dà forma alla pluralità delle cose.
Il termine Idea indica la “causa universale”, perfezione assoluta, essenza eterna. E’ essere perfetto che non si può conoscere con i sensi, ma solo con la ragione. Le idee non nascono né muoiono. La loro conoscenza conduce l’anima al Bene. L’anima è nel corpo, ma non è il corpo, essa ci lega al mondo delle idee e ci permette di aspirare alla conoscenza.
La filosofia di Platone può essere considerata una filosofia dell’anima. Senza l’anima-afferma- il mondo non sarebbe completo, non sarebbe cioè possibile la conoscenza e può morire. E’ un principio immateriale e non è riconducibile a leggi fisiche. E’ costituita da tre parti: razionale, passionale o irascibile e concupiscibile.
Il dualismo di anima e corpo prosegue con Cartesio, il quale introduce la distinzione tra la mente spirituale- res cogitans- e la materia- res extensa- il mondo dei corpi esterni.
Questi principi perdurano sino alla seconda metà del Novecento quando l’avvento delle nuove neuroscienze determinano un cambiamento di paradigma. Le questioni legate all’anima, alla mente e al cervello passano infatti sotto la sfera d’influenza di questa disciplina avendo a modello il metodo empirico delle scienze fisiche, naturali, producendo in questi ultimi anni un forte, meraviglioso progresso sino a determinare una rivoluzione scientifica in grado di modificare non solo i metodi di diagnosi e cura in medicina e psichiatria, ma la nostra visione del mondo e i principi che per secoli hanno guidato l’umanità, a partire dai sistemi filosofici.
L’anima, intesa come sostanza immateriale e immortale, scompare. Scompare anche il “fondo” dell’anima, lo spirito. E con lo spirito scompare Dio. Svanisce tutto quel mondo morale, religioso e spirituale che da sempre sosteneva la civiltà occidentale.
Scomparsa l’anima, è rimasto il corpo. E’ il tempo del corpo, che è la negazione della ragione, dei valori e della virtù, il tempo dell’esaltazione degli istinti, dell’irrazionale, del soggettivismo. L’essere come spirito, come conoscenza di sé e conoscenza di Dio diventa un lontano ricordo. A una fenomenologia dello spirito si sostituisce un determinismo neurobiologico: tutto è ridotto e sottomesso al fisicalismo e al materialismo.
Abbiamo così una scienza, una psichiatria e una psicoterapia senza spirito e senza anima. Via l’anima, sostituita dalla nozione vaga e debole di psiche o mente. Il concetto di mente prende quello di anima.
Il termine mente è qualcosa che appare molto sfuggente. Comprende il sentire e il conoscere, sentimenti ed emozioni, stati soggettivi e sensazioni fisiche, pensieri e idee. Nel concetto di mente, comprendiamo anche la coscienza, cioè l’esperienza soggettiva di essere consapevoli della nostra vita, e i processi mentali inconsci di cui non siamo consapevoli. E’insomma l’essenza della nostra natura “più profonda ed intima” (Siegel), un processo dinamico in continuo divenire e cambiamento.
Allo stato attuale delle conoscenze, non esiste una chiara definizione di ciò che la mente è davvero. Abbiamo un insieme di descrizioni e definizioni della mente e una vasta rete di discipline che si occupano della mente, come neuroscienze, pratica clinica, filosofia.
Per le neuroscienze, la mente non è altro che il risultato dell’attività dei neuroni, ossia del cervello. L’origine della mente è il cervello. Tutto dal cervello. La mente ha una natura biologica, fisica, priva cioè di significato spirituale. Si sostiene l’identità fra cervello e mente.
Al dualismo di anima e corpo subentra il principio del monismo. Tutti i processi mentali, normali e anormali, sono considerati processi cerebrali. Non esistono eventi mentali, ma solo eventi del cervello.
Finora, nessuno è riuscito tuttavia a spiegare in che modo si passa dalla “scarica neurale” agli stati soggettivi, alla coscienza, alle nostre emozioni e ai nostri pensieri.
Le nuove concezioni delle neuroscienze influenzano anche il pensiero filosofico e addirittura gli orientamenti teologici. La maggior parte degli studiosi prende in maniera decisa la via del corpo, determinando come abbiamo detto la morte dell’anima, dello spirito, del logos e di Dio.
L’inizio del terzo millennio, dunque, presenta uno spostamento definitivo del concetto di anima e della cura dell’anima dal campo filosofico e morale a quello delle scienze naturali. L’approccio è di tipo positivistico-medico-psichiatrico-psicoterapeutico all’individuo e alla sua sofferenza.
Le patologie psichiatriche infatti sono considerate di origine biologica nel cervello. Il paziente cade in tal modo nella “trappola” del determinismo, affidandosi ai farmaci, i quali lasciano “danni irreversibili” e alle tante psicoterapie, le quali non hanno ancora uno statuto scientifico, e sono ritenute da autorevoli studiosi “disastrose”, poiché la discesa agli inferi dell’inconscio non è seguita da “nessuna risalita”.
Abbiamo un mondo che ha perduto la sua “capacità salvifica” e presenta una società di malati alla ricerca di terapie dell’anima di vario tipo, da quelle farmacologiche a quelle psichiatriche e psicoterapeutiche. E’ la fine dell’anima, la morte dell’anima.
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