Oggi pomeriggio ho finalmente letto la parola FINE, ho cioè terminato la lettura integrale di "Alla ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust, nella traduzione di Raboni (Mondadori). E' stata una lettura fondamentale, che consiglio ad ogni scrittore, o a chi voglia intraprendere l'avventura della scrittura, in prosa o in poesia che sia.
C'è una tale densità di pensiero, sull'arte e la scrittura, che c'è da rimanere estasiati, due estratti da "Il tempo ritrovato":
"[...] Di qui la grossolana tentazione, per lo scrittore, di scrivere opere intellettuali. Grave indelicatezza. Un'opera in cui non si sia tolto il cartellino del prezzo. E quest'ultimo, ancora, non fa che indicare un valore che il ragionamento logico in letteratura, invece, diminuisce. Si ragiona, cioè si esce dal seminato, ogni volta che non si ha la forza d'applicarsi a far passare un'impressione attraverso tutti gli stati successivi che condurranno alla sua fissazione, all'espressione. La realtà da esprimere risiedeva, ora lo capivo, non nell'apparenza del soggetto, ma a una profondità dove tale apparenza importava ben poco [...]"
...qua e là non mancano delle belle strigliate:
"Ma non appena l'intelligenza raziocinante vuol mettersi a giudicare le opere d'arte non c'è più niente di fisso, di sicuro, si può dimostrare tutto ciò che si vuole. Mentre la realtà del talento è un bene, un'acquisizione universale, di cui si deve innanzitutto constatare la presenza sotto le mode apparenti del pensiero e dello stile, è su questi ultimi che la critica si sofferma per classificare gli autori. Consacra profeta per il suo tono perentorio, per il disprezzo che ostenta verso la scuola che l'ha preceduto, uno scrittore che non porta nessun messaggio nuovo. Tale costante aberrazione della critica fa sì che uno scrittore dovrebbe quasi preferire d'esser giudicato dal grande pubblico (se questo non fosse incapace di rendersi conto di ciò che un artista tenta in un ordine di ricerche ch'esso ignora). C'è infatti maggiore analogia fra la vita istintiva del pubblico e il talento di un grande scrittore - che non è che un istinto religiosamente ascoltato in mezzo al silenzio imposto a tutto il resto, un istinto perfezionato e compreso- che non con le chiacchiere superficiali e i criteri mutevoli dei giudici accreditati."
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