Pubblicato il 22/05/2011 21:46:34
16 - LE FICAROLE
Fini a lu’ tiempo re’ mienzu seculo fa, ‘ngè stiano a lu Celiento, fimmene ca’ jano a fatiare pi’ appriparà li fiche rnt’à nu’ cistini re strisce re lignammo ‘nturciniate ra auti fimmene ca’ veniano ra li montagne. Li ficarole purtaano la unnedda longa e lu cursetto. L’unico ‘mbelletto ca’ ‘nge stia a lu tiempo re la fina re la guerra. La vocca rossa comm’à ‘na cerasa, li gguancie rose cumm’à ddoje percoche, li cosse ritte e fuse cumm’à ‘nù pino, li menne toste ca spertusavano la cammisa, l’uocchie ca’ rireano sulo a vuardari e lu sorriso gginuino re ‘na vota. Primma re trase pe’ jre a ‘ngullettari, na’ chiorma re giuvinotte se fermavano ‘ncantati. E mo’ se rice ca li ficarole re ‘na vota, nunn ghiano solamente a ‘ngullettari, ma pure ‘nu marito a se trovari.
Catello Nastro
TRADUZIONE
Fino ad alcuni decenni fa, il famoso fico bianco del Cilento era esportato in tutto il mondo. Le ficarole erano donne, per la maggior parte giovinette, che per aiutare la famiglia a fare il corredo per quando si dovevano sposare andavano a “’ngullettari”, cioè a confezionare i fichi secchi in cesti e cestini di varie dimensioni. Era un modo come un altro per incontrare l’anima gemella. Giovani scapoli che facevano loro la corte e ragazze che andavano a lavorare anche per trovare il fidanzato. Il fico bianco del Cilento rappresenta uno dei prodotti più importanti della “Dieta Mediterranea” nata proprio nel Cilento.
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