Pubblicato il 15/05/2011 02:17:18
Ogni notte il pensiero mio esule vola a Te, mio re di maggio, all’ultima tua alba, al tuo resistente coraggio.
Non l’elegante residenza storica di Cascais accoglie il tuo riposo ma un quieto Camposanto di collina.
Nell’ombra avvolgente della malinconia il radioso tuo sorriso non m’abbandona mai, m’accarezza dolcemente come quand’ero bambina.
Dalla notte all’alba durò il feroce assedio alle porte del reame…
Concitazione, passi frenetici, ferro rovente, l’anima in fiamme, odore di polvere da sparo, a ricordare che l’addio al sovrano perdutamente amato non potremo mai dimenticare.
Il commiato ha il sapore di cicuta, fatale ed amaro.
La morte è rossa e blu nera. S’accende il ricordo nella mesta sera.
Il distacco ha il sapore acre d’assenzio, al termine della burrasca, soltanto il silenzio, il muto disincanto….
Il silenzio di morte.
Dalla notte all’alba resistette indomito l’assediato reame.
Impavido il Re combatteva, il barbaglio del primo solare raggio, il bacio del cielo la preghiera a fior di labbra allo strenuo, silente coraggio.
Frusciava inquieto ed attonito il fogliame, gemeva il vento nella selva, capitolava il reame.
Incredula Cassandra assistevo alla fine del mio regno, la mia anima ti donai nell’ultimo disperato abbraccio in pegno.
Quel che resta del mio cuore Ti apparteneva.
Si chiudeva con le epiche tue gesta il marziale canto.
La tua vita in polvere d’astro incenerita, stella cadente che nel tenebroso mare del nulla si spegneva, nel baluginio d’elegiaco pianto.
Eroico la spada in alto levata combattevi senza tregua
Priamo, Padre, sire, resistente come una quercia nel campo di battaglia la ferma tua falcata di polvere di morte ammantata.
Fiero e audace lo sguardo. Alla fine dell’offensiva lo sguardo pietoso dell’alba l’ultimo tuo respiro affannoso leniva.
Il corpo del re caduto sul campo di battaglia, le lucenti armi in pugno,
le fresie mai sbocciate d’un malinconico giugno t’avrebbero reso omaggio.
Cassandra desolata e china ad ammantare nella coltre di bianche rose ed iris nell’ultimo floreale commiato il regale corpo dal vento accarezzato.
Eri il re in esilio e nel pianto del crepuscolo vermiglio pronuncio il tuo nome.
All’alba ti sei accomiatato dal vitale cerchio mentre sale l’alta marea d’ antica e mai sopita emozione.
Mia candida rosa recisa in maggio, il canto del vento effonde l’amara fragranza del tuo strenuo coraggio.
Le tue amorevoli parole avvinte si stringono all’aureo arco nel giardino segreto della mia solitudine, sbocciano in orfico canto muto.
Eri il sovrano senza corona ed il Ricordo del sorriso tuo perduto come vedi ancor non m’abbandona.
Eri il sovrano senza inquietudine E la voce tua Mi giunge Alla deriva della mia solitudine.
Eri il sovrano saggio e clemente che salomonicamente aiuta e perdona.
Ed il Ricordo tuo in un rimpianto purpureo di crudeli spine, in una folgore di lacrime come vedi ancora mi emoziona. Ogni istante palpiti nella mia anima nell’ombra del dolore, ti ammanti di luce, all’Amore perduto rechi nostalgica voce.
Per sempre ti porterò nel cuore mio malinconico Sovrano,
che guardavi mesto e consapevole il trionfo dell’aurora, miraggio arcano.
Nello sguardo la tristezza e il disincanto d’un ragazzo che vede l’aquilone della sua vita e dei suoi sogni sfuggirgli lontano inesorabilmente.
Alla memoria di mio padre Emilio (5 novembre 1948 - 6 maggio 2010), il mio re di maggio.
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