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Heidegger, Kierkegaard: una questione di “fede”

Argomento: Filosofia

di Bruno Corino
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Pubblicato il 16/01/2022 10:17:03

Cosa unisce Martin Heidegger a Søren Aabye Kierkegaard? L’esistenzialismo, saremmo portati a pensare. Ma Heidegger, nella famosa Lettera sull’“umanismo” (1947), prende decisamente le distanze dal pensiero esistenzialista, che era divenuto, dopo la pubblicazione del breve saggio del 1946 L’esistenzialismo è un umanismo (1946) di Jean Paul Sartre, molto popolare in Francia. Allora potremmo pensare che a unire i due filosofi sia il tema dell’angoscia. A questo tema Kierkegaard aveva dedicato nel 1844 un’opera: Il concetto di angoscia. Per lo “scrittore” danese l’angoscia si presenta alla coscienza come il “puro sentimento della possibilità”. Per Heidegger l’angoscia è una “specifica tonalità emotiva” dell’esserci. Davanti al “nulla”, non quale “possibilità”, bensì quale condizione “angosciante” esiste una sola ancora di salvezza: la fede.

La fede di Abramo, in Timore e tremore (1943), non è la fede di Heidegger dei Quaderni neri (1931-1969). Sullo sfondo incombe il Numinoso di Rudolf Otto, così come viene analizzato nel saggio Il sacro (1917), una categoria «ineffabile in quanto assolutamente inaccessibile alla comprensione concettuale». Il Numinoso genera un sentimento di totale dipendenza: «È il sentimento di essere una creatura, il sentimento della creatura che naufraga nella propria nullità, che scompare al cospetto di ciò che la sovrasta» (Otto, Il sacro, 24). Il “Numinoso”, dunque, ossia una totalità ineffabile, inaccessibile che comanda al “singolo” di rinunciare a sé stesso, alla propria esistenza, ai propri affetti più cari, che ordina di sacrificare sull’altare della totalità tutto ciò che ci è di più sacro, fosse anche la vita innocente del proprio figliolo, o quella di tanti innocenti uccisi in modo atroce. Alla totalità, se si ha davvero fede in essa, bisogna obbedire ciecamente, silenziosamente, in solitudine.

Chi ha fede nella totalità crede che tutto ciò che ha sacrificato sul suo altare un giorno miracolosamente gli sarà restituito. Così Abramo, questo eroe e cavaliere della fede, rispondendo alla chiamata del Numinoso, è pronto a uccidere, pur amandolo al di sopra di ogni altro bene terreno, suo figlio Isacco. È la più angosciosa delle prove che il Numinoso chiede al suo “fedele”: sacrificare quell’unico figlio ottenuto quasi per grazia al culmine degli anni. È un comando “assurdo”, che infrange ogni principio etico, ogni comandamento, ogni regola di convivenza umana: è un comando che va al di là del bene e del male.

Colui che obbedisce ciecamente e fedelmente al Numinoso è colui che sa anteporre l’obbedienza alla Totalità a qualsiasi monito, a qualsiasi altro richiamo. Colui che è pronto a ciò dev’essere in grado di far tacere la propria coscienza. Timore e tremore è una «lirica dialettica», una musica che si deve ascoltare su un doppio registro: religioso e personale. Anche Kierkegaard è pronto a sacrificare il suo amore per Regine Olsen sull’altare della Totalità, perché, come Abramo, crede che un in un tempo mutato, al di sopra del tempo ordinario, per un miracolo incomprensibile, Iddio gliela renderà. Nella sua intervista postuma, rilasciata al settimanale tedesco Der Spiegel, nel 1966, e pubblicata nell’anno della sua morte con il titolo Ormai solo un dio ci può salvare. Intervista con lo “Spiegel”, Heidegger minimizza o glissa sui suoi rapporti compromettenti con il regime nazionalsocialista. In Francia, Emmanuel Faye nel suo saggio Heidegger: l’introduzione del nazismo in filosofia (2012), ha dimostrato che non è possibile considerare l’adesione di Heidegger al nazismo come un semplice incidente di percorso, separando l’uomo dall’opera e sostenendo che in fondo il suo impegno politico nel nazismo non metteva in discussione la sua “filosofia”.

Da parte mia ho preso sul serio l’affermazione di Heidegger sul fatto che solo una Totalità ci può salvare, sì, perché, il “popolo tedesco” è quel Numinoso al quale Heidegger avrebbe obbedito ciecamente e verso il quale nutre una fede ineffabile e inaccessibile: il “popolo tedesco” è l’autentico “pastore dell’Essere”. Heidegger considera il poeta Hölderlin non «come un qualunque poeta, la cui opera gli storici della letteratura prendono in considerazione accanto a quella di molti altri. Per me Hölderlin è` il poeta che indica verso il futuro, che [aspetta] il Dio e che quindi non può restare soltanto un oggetto della Hölderlin-Forschung nel quadro di una considerazione di tipo storico-letterario».

Hölderlin e Nietzsche, secondo Heidegger, hanno posto un punto interrogativo di fronte al compito dei Tedeschi di trovare storicamente la propria essenza. Heidegger, come afferma nella citata intervista, è convinto che «solo a partire dallo stesso luogo del mondo nel quale è sorto il moderno mondo tecnico, possa prepararsi anche un rovesciamento (Umkehr), e che esso non può avere luogo tramite l’assunzione del buddhismo zen o di altre esperienze orientali del mondo. Per cambiare modo di pensare è necessario l’aiuto della tradizione europea e di una sua riappropriazione. Il pensiero viene modificato solo da quel pensiero che ha la stessa provenienza e la stessa destinazione». Ai tedeschi, insomma, secondo Heidegger, è affidata una missione. E a chi obietta che questa sia una visione “provinciale”, Heidegger risponde: «Lei definirebbe il pensiero greco in contrapposizione al modo di rappresentazione caratteristico dell’impero universale romano come “provinciale”?».

La migliore definizione di che cosa sia il nazionalsocialismo credo che l’abbia data lo stesso Hitler: «La capacità del singolo di sacrificarsi per la totalità, per i suoi simili» (A. Hitler, Mein Kamp, p. 347). Ha un bel dire Donatella Di Cesare nel suo saggio Heidegger & Sons 2015 quando riflette sull’eredità e sul futuro di un filosofo che occorre pensare con Heidegger contro Heidegger. No, io credo che bisogna pensare Heidegger alla luce della Totalità, di una Totalità numinosa che si nasconde dietro il cosiddetto “Spirito tedesco”. Anche il mistico Heidegger aveva fede nel fatto che un giorno al popolo tedesco sarebbe stata “miracolosamente” restituita la sua missione, quella di guidare i popoli a oltrepassare il mondo della tecnica. Se i sovietici e gli americani hanno vinto il Terzo Reich è perché il popolo tedesco non ha obbedito ciecamente al suo Destino, alla sua Totalità. Ecco la fede assurda nella quale occorre credere, ed ecco quale Dio ormai può salvarci. I filosofi si lasciano facilmente abbagliare dal fascino delle parole. È vero: la filosofia senza il linguaggio non potrebbe esistere, ma neanche il mondo potrebbe porsi senza il linguaggio. E Heidegger rappresenta il filosofo che meglio di tutti più di tutti ha saputo “civettare” con il linguaggio. Heidegger rappresenta per l’Occidente moderno ciò che Platone fu per l’Occidente cristianizzato. Oltrepassare Platone è stato il compito della filosofia nicciana. A quale filosofia dell’avvenire spetterà il compito di oltrepassare Heidegger e ogni fede mistica nella Totalità?


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