Pubblicato il 10/04/2024 07:31:37
Cinema - Industria / Mercato in collaborazione con Cineuropa News
L’industria del cinema italiano chiede al governo regole, tempistiche e risorse di Vittoria Scarpa
09/04/2024 - Per la prima volta, 23 associazioni di categoria del cine-audiovisivo si sono riunite per lanciare l’allarme sui ritardi nell’attuazione delle misure di sostegno pubblico al settore Dopo aver ottenuto alcune modifiche al Tusma (Testo unico dei servizi di media audiovisivi), tra cui l’aumento delle quote di investimento obbligatorie delle piattaforme VoD nelle opere indipendenti italiane (leggi la news), l’industria del cinema italiano rilancia e, compatto come mai, si è riunito lo scorso 5 aprile al cinema Adriano di Roma per presentare nuove proposte per riavviare il settore e, soprattutto, “interrompere una narrazione distorta sul cinema”. L’incontro, affollatissimo (si parla di 1500 intervenuti tra produttori, distributori, registi, sceneggiatori, interpreti, ma anche agenti, montatori, compositori e altri professionisti del cinema), è stato organizzato per chiedere formalmente al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, alla sottosegretaria Lucia Borgonzoni e al capo della Direzione generale Cinema e audiovisivo Nicola Borrelli di considerare urgentemente le proposte del settore e promuovere un incontro a breve per attuare le necessarie riforme in tempi rapidi. “Siamo qui per raccontarci, non per battere cassa”, ha esordito Andrea Occhipinti, fondatore di Lucky Red. “La pubblica amministrazione è andata in crash per un eccesso di produzione nel periodo post pandemia, quando la domanda di contenuti delle piattaforme è stata altissima. Adesso questa domanda è rallentata”, ha specificato Occhipinti. “C’è stata una contrazione del mercato, gli streamer producono di meno, quindi molte produzioni italiane sono state sospese o, nel migliore dei casi, rinviate. Questo è dovuto anche ai ritardi del tax credit, dei contributi selettivi e automatici”, ha dichiarato la produttrice Simonetta Amenta, presidente AGICI (Associazione Generale Industrie Cine-Audiovisive Indipendenti). “In questa attesa”, ha aggiunto, “anche le produzioni straniere stanno dirottando su altri Paesi”. La filiera cinematografica e audiovisiva in Italia è composta da 9.000 imprese (in gran parte PMI), che negli ultimi anni ha generato 65.000 posti di lavoro diretti e 114.000 nelle filiere connesse, per un fatturato di 13 miliardi di euro (il 10% del totale europeo). In Europa, l’Italia è il terzo mercato per produttività del lavoro, dietro Germania e Francia. Soprattutto, si calcola che per ogni euro investito nel settore cine-audiovisivo se ne creino 3,54 di cui beneficia l’intera economia nazionale (fonte Cassa Depositi e Prestiti). Di qui, secondo gli operatori, la necessità di sfatare il falso mito che il tax credit sia sinonimo di cinema assistito, poiché “è tra gli investimenti più virtuosi che lo Stato possa fare”, con ricadute benefiche anche sul turismo. Certezza delle risorse e delle tempistiche è ciò che chiedono i professionisti del cinema quando si parla di tax credit, oltre a regole sul mantenimento della proprietà intellettuale e quote di diritti per i produttori indipendenti. Quanto ai contributi automatici, si chiede urgentemente uno sblocco, visto che sono fermi da quattro anni: si è ancora in attesa del decreto di approvazione delle richieste presentate a inizio 2023 in relazione all’annualità 2020, e le finestre relative al 2021 e 2022 non sono ancora aperte. Per i contributi selettivi, si chiede che venga data priorità a film di basso budget, che la commissione sia formata da persone esperte e che si riducano i tempi per l’assegnazione dei fondi: a volte, i risultati arrivano anche sei mesi dopo la chiusura delle finestre. Per quanto concerne il Tusma, si chiede, fra le altre cose, che le spese di distribuzione non entrino nel computo delle quote di investimento e che Rai Cinema renda pubblici gli investimenti sui singoli film e sui singoli diritti. Si segnala infine il capitolo internazionalizzazione: gli operatori chiedono il ripristino dei fondi destinati ai produttori indipendenti e alle società di vendita estere, e l’adesione al Fondo Pilota Eurimages e alla Convenzione europea sulla coproduzione europea di serie televisive. Il cinema italiano si apre quindi a un dialogo con il governo, che “ha saputo ascoltare ed è intervenuto a difesa degli investimenti nel cinema indipendente italiano nella recente revisione del Tusma”. Tuttavia, Lucia Borgonzoni non sembra aver gradito troppo l’iniziativa: “Trovo davvero sorprendente e dannosa, visto il dialogo che stiamo da tempo portando avanti, l’affermazione fatta da alcune associazioni che operano nel mondo del cinema quando lamentano, nel dettaglio, che l’industria si starebbe fermando”. La sottosegretaria alla Cultura ha specificato che “gli interventi che stiamo facendo nel settore non sono volti a tagliare i fondi ma a razionalizzare il comparto per evitare il ripetersi di abusi e distorsioni come avvenuto nel passato”. E conclude: “Abbiamo stanziato, anche quest’anno, 700 milioni di euro per finanziarlo. Si tratta di tutt’altre cifre rispetto ai 250 milioni che il comparto percepiva, per esempio, nel 2016. Le grida d’allarme appaiono, quantomeno, fuori luogo”.
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