Guido Brunetti
Alla ricerca della coscienza
La coscienza? E' uno dei più difficili e complessi interrogativi che le nuove neuroscienze stanno affrontando negli ultimi anni. E' anche una delle più affascinanti sfide poste ai neuroscienziati nel secolo XXI.
Finora, sono stati compiuti straordinari progressi nel campo del cervello, della mente e della coscienza, soprattutto grazie alle interessanti metodiche di brain imaging.
Oggi, siamo in grado di osservare il cervello mentre svolge funzioni mentali e motorie e mentre si trova in differenti stati sentimentali, affettivi ed emotivi.
Tante scoperte, tanti avanzamenti, ma il cervello, la mente e la coscienza- l'essere umano- restano "grandi sconosciuti". Sono tre parole che nascondono ancora abissi di ignoranza. Appare quasi impossibile definire il concetto di coscienza, se non in termini inafferrabili e incomprensibili. Sull'argomento- ha scritto S. Sutherland- "non è stao scritto nulla che valga la pena di leggere".
E' ancora un mistero.
In questo progredire delle neuroscienze, un prezioso contributo è fornito dal nuovo libro di Vittorino Andreoli, che s'intitola "L'origine della coscienza" (Solferino). Un testo gradevole, ricco di umanità, passione, entusiasmo e scienza. E' un percorso condotto in un flusso inarrestabile di idee, riflessioni, concetti, ipotesi alla scoperta dei tanti volti dell'uomo, un essere che si rivela "un grande sconosciuto".
Il termine coscienza si riferisce allo stato globale dell' essere attento, consapevole e vigile.
La sua funzione è quella di renderci conto di quello che proviamo. Essa ci dice se qualcosa è "buono" o "cattivo".
La coscienza è individuale e immateriale, appare una struttura complessa e variabile, che emerge da un processo continuo, perciò non può essere considerata immutevole, fissa e meccanica. Il segno più evidente degli stati soggettivi è il linguaggio verbale e il linguaggio non-verbale, quello dei gesti e della mimica.
Ci sono parecchi livelli di coscienza. Uno dei più rilevanti è la coscienza di Dio, insieme con quelli rappresentati dalla trascendenza, da un mondo altro, da qualcosa che è "totalmente alieno dall'esperienza umana".
Non esiste uomo, per Andreoli, che non avverta la coscienza della trascendenza, non c'è cultura della storia passata e presente che non l' abbia considerata.
Anche chi nega Dio è costretto a considerarlo come colui che crede, per il fatto di negarlo.
L'idea di Dio è insomma una caratteristica dell'essere umano. E' un fatto biologico, innato. E' un bisogno dello spirito umano. E' "dentro" la persona.
La scienza non potrà mai dire se esiste o non esiste Dio, ma può affermare che Dio "serve alla propria esistenza". E' impossibile una dimostrazione scientifica dell' esistenza di Dio.
Fede e ragione sono due dimensioni complementari, parti della conoscenza, esprimono un livello particolare di coscienza ed entrambe aiutano a vivere e progredire.
La scienza non può pretendere di avere il privilegio del sapere, né tantomeno della verità. Essa non conduce necessariamente alla verità, ma alla probabilità, alla possibilità.
La via di soluzione non scientifica dei problemi dell'uomo e del mondo risulta altrettanto fondamentale di quella scientifica. La fede costituisce un'esigenza dell'essere umano.
Da sempre considerata patrimonio della filosofia, il concetto di coscienza si è trasformato in un argomento scientifico, a partire dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso.
Alcuni autori, soprattutto tra i filosofi, continuano a ritenere che gli stati soggettivi della coscienza, le nostre esperienze interne, le nostre sensazioni- i "qualia"- non possono mai essere esaminati scientificamente perché sono vissuti personali, soggettivi.
I neuroscienziati non sono d'accordo, ritengono che è possibile indagare la coscienza e trasformare la soggettività in una scienza. Gli stati soggettivi- affermano- scaturiscono da reti neurali. Il compito delle neuroscienze è quello di ricercare i meccanismi oggettivi, biologici coinvolti nei processi soggettivi. Grazie a una serie di metodi sperimentali, oggi è possibile seguire "gli schemi di attività neurale" che intervengono negli atti coscienti (Dehaene) attraverso l'introspezione, ritenuta una fonte di informazione attendibile.
Invero, la coscienza rappresenta una parte limitata della mente. La maggior parte della nostra vita mentale, come aveva già sostenuto Freud, procede in modo inconscio. Una ricerca al riguardo mostra che il 95 per cento delle nostre azioni è determinato dall'inconscio. La coscienza pertanto è in grado di spiegare solo il 5 per cento del nostro comportamento (Chartrand). Questa posizione, oggi, è ampiamente accettata anche dai neuroscienziati.
Sta di fatto che la coscienza, secondo le moderne neuroscienze, è una funzione evoluta, una proprietà biologica emersa dall'evoluzione, poiché è "utile". Essa quindi occupa un importante ruolo cognitivo, potendo affrontare questioni che la mente inconscia non può esaminare.
Concludendo, siamo ancora all'inizio, le prospettive sono eccitanti. Dobbiamo rispondere a tante domande. Cosa è l'autocoscienza? I bambini sono coscienti? Qual è l'esatto momento nel quale emerge la coscienza? Gli animali sono coscienti?
continua
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