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Ipotesi Dio e ipotesi degli errori casuali

Argomento: Filosofia/Scienza

di guido brunetti
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Pubblicato il 09/12/2021 15:39:06

Guido Brunetti

L’ ipotesi Dio e l’ ipotesi del caso

 

  Filosofi, scrittori e scienziati da sempre si confrontano sulle grandi questioni dell’esistenza: le origini dell’universo, Dio, il senso della vita, il rapporto tra scienza, ragione e fede, evoluzionismo e creazionismo.

 

 Sta di fatto che ragione e Dio, scienza e religione, creazionismo ed evoluzionismo rappresentano alcune tra le più rilevanti conquiste dell’umanità. Presentano posizioni diverse, ma sono complementari, poiché appartengono alla dimensione dello spirito. Di qui, l’esigenza di superare antiche e puerili incomprensioni e contrapposizioni per collaborare e interagire, al fine di promuovere il progresso della cultura e della scienza.

 

 

  Oggi, il termine evoluzione indica la teoria biologica secondo cui le specie vegetali e animali si sono modificate nel corso dei tempi. Tutti i viventi sono tra loro “imparentati” e rappresentano una fase transitoria di un lento processo di trasformazione. L’evoluzione, per Darwin, avviene per selezione naturale, la sopravvivenza degli individui più dotati nella lotta per l’esistenza.

 

 La scienza è tuttavia legata al metodo naturalistico, perciò  non è in grado di dare spiegazioni su quelle che Popper ha definito “questioni ultime”, come per l’appunto, l’idea di Dio, la fede, il trascendente o la religione. Da parte sua, il creazionismo è la dottrina che pone a fondamento dell’universo la creazione divina, come indicano i racconti della “Genesi”. Che cosa fare? Accettare l’incertezza, che vuol dire probabilità.

 

 La probabilità- afferma Roberto Volpi nel suo godibile volume “Dio nell’incerto. L’altra scommessa di sapiens” ( Leg edizioni)- regna ovunque. Tutte le nostre azioni sono l’espressione di probabilità. La massima incertezza riguarda la domanda: come è nato l’universo? Il mondo-risponde la scienza- è nato dal Big Bang, il grande scoppio, l’esplosione dalla quale ebbe inizio l’universo circa 13,8 miliardi di anni fa.

 

 Il punto oscuro, mai chiarito, è che non sappiamo come è nato il Big Bang, né su che cosa è esploso o perché è esploso. In sostanza, le ipotesi sull’origine del mondo riguardano quella quantistica e l’ “ipotesi Dio”. Entrambe le teorie non sono tuttavia valutabili scientificamente. Tutto inizia quindi con un’esplosione inaudita, spargendo in ogni direzione un’immane quantità di materia, dando così origine al mondo. E’ una supposizione inspiegabile e misteriosa.

 

 Anche l’ “ipotesi Dio” resta al di là della scienza, fuori da ogni analisi scientifica. Dio non può essere indagato con i metodi scientifici. La scienza perciò non può negare né affermare l’esistenza di Dio. Tuttavia, l’ “ipotesi Dio”, per il filosofo e teologo Joseph Ratzinger, è “più ragionevole” di altre ipotesi, perché è fondata su criteri di “ragionevolezza”. La ragionevolezza di Dio- precisa il papa emerito- costituisce un potente fattore di interazione tra ragione e fede e risiede nella creazione del mondo e della vita e nella procreazione. Non è quindi “ ragionevole” considerare l’uomo, come sostengono molti scienziati, nient’altro che il prodotto di “errori casuali”.

 

 Circa poi la presenza di elementi di fantascienza nella teologia sostenuta da alcuni studiosi, Ratzinger risponde che, in verità, la fantascienza “esiste nell’ambito di molte scienze”, come le teorie fisiche sull’inizio e la fine del mondo e la teoria dell’evoluzione. Le quali sono “visioni, immaginazioni, congetture, ossia fantascienza”. Il gene egoista di Dawkins e la concezione elaborata da J. Monod sul caso e la necessità sono “solo ipotesi di fantascienza.

 

 La teoria dell’evoluzione come dominio assoluto dei geni è una costruzione “favolistica”, che non riesce a dimostrare scientificamente né i grandi salti delle specie né la nascita della coscienza. Per gli evoluzionisti, Dio non esiste e il mondo non ha bisogno di Dio. Gli esseri umani e l’universo sono il risultato di “errori casuali”, frutto del caso e della necessità. Dire questo non è fare scienza. Dio è un modello che risulta “ineguagliato” nell’ universo.

 

 Concludendo. C’è la stessa probabilità che Dio esista o che Dio non esista. Credere in Dio, vuol dire, d’accordo con Wittgenstein, dare un senso alla propria esistenza. L’idea di Dio, del trascendente e dell’anima è, come dimostrano le ricerche delle nuove neuroscienze, un bisogno biologico, innato, naturale dell’uomo. La scienza, lo ribadiamo, non è in grado di dimostrare l’esistenza di Dio né confutarla. Ripetere che Dio non esiste e che il mondo non ha bisogno di Dio, come stancamente si ostinano a dire genetisti e neurobiologi con il sostegno della teoria evolutiva di Darwin non è fare scienza, ma esprimere soltanto opinioni, congetture. Sono affermazioni generiche, grezze, “quasi primitive”, idee arroganti e stantie, superate, in quanto non sostenute dalla forza della dimostrazione scientifica.

 

 Invero, nel corso di milioni di anni, l’uomo ha subito notevoli cambiamenti rispetto ai nostri parenti più prossimi, gli scimpanzé, dai quali ci siamo separati, venendo da un progenitore comune, come dimostra il fatto che abbiamo lo stesso DNA (98-99 per cento). L’essere umano ha sviluppato infatti la stazione eretta, il linguaggio, il pensiero astratto e simbolico, la coscienza e l’autocoscienza, l’arte, la poesia, la musica, la pittura. Appare dunque pretestuoso e azzardato, d’accordo con Volpi, il tentativo di biologi e genetisti di spiegare queste differenze come “conseguenza” del DNA. Il DNA conta meno.

 

 Che cosa allora distingue l’uomo dagli animali? E’ il pensiero. E’ la sua capacità di “pensare Dio”. Non è la scienza- afferma con forza il grande filosofo e teologo Ratzinger- a operare l’enorme salto tra gli uomini e gli altri primati, ma la visione religiosa del mondo”. L’uomo è un essere religiosus. Non sta tutto nella sua materialità, ma nella sua essenza, nella sua entità spirituale, trascendente, religiosa.

 

 Mettere in discussione, come fanno molti filosofi e scienziati, la superiorità dell’ Homo sapiens, sostenendo che non c’è alcuna differenza fondamentale tra la mente umana e quella animale (F. De Waal) è un errore. La mente- il pensiero- ( realtà immateriale) e non il cervello (realtà materiale)- è al “vertice” dell’ Homo sapiens. E’ il pensiero che lo porta a comprendere la realtà del mondo, l’ambiente e i comportamenti di altri soggetti. Nessun altro vivente possiede questa capacità. L’uomo non è di conseguenza un vivente la cui mente non è che “una variazione” della mente animale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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