Pubblicato il 06/07/2021 11:27:56
La Scuola ci salverà L'ultimo libro di Dacia Maraini "La scuola ci salverà" (1) affronta il problema dell'istituzione scolastica, fondamentale agenzia educativa che non è stata mai valorizzata da quasi tutti i ministri che si sono succeduti a partire dagli anni 90, i quali hanno sempre privilegiato, nelle loro riforme, devastanti tagli alla scuola pubblica, e consistenti contributi, peraltro incostituzionali, alle scuole private . Ma è la scuola pubblica a fare la differenza nel caos totale della società di oggi, senza valori e punti di riferimento. La scrittrice, infatti, riconosce a quegli insegnanti che credono nel proprio lavoro, il merito di formare gli alunni, indirizzando la loro creatività e lo studio. Si sa che l'impegno degli insegnanti oggi è diventato sempre più oneroso, visto che la scuola si è sempre più burocratizzata, legata ad una mole di lavoro molto pesante che rischia di dare meno spazio all' “educere”. Per questo motivo, molti insegnanti si sacrificano per dare il meglio di sè in un ambiente che si fa sempre più competitivo e ostile e quelli che cercano di essere se stessi e di impegnare le proprie energie nella relazione educativa, sono i più coraggiosi. E’ anche vero, però, che in alcuni ambienti scolastici spesso dominano i luoghi comuni, gli stereotipi, le etichette, che fanno emergere solo alcune tipologie di insegnanti, conseguenza di quell'ottica aziendalista della scuola che si è imposta con la riforma (si fa per dire) di Renzi e con la legge 107 del 2015. Essa, infatti, ha contribuito a svalutare la scuola pubblica e il lavoro degli insegnanti, vessati e pressati su più fronti: dalle famiglie e dalle disfunzioni del sistema scolastico. Non dimentichiamo, a tal proposito, il famigerato “bonus” legato al merito, che di fatto era un escamotage per non dare una giusta remunerazione ai docenti e dividerli in "produttivi" e non, in "bravi" e "meno bravi". Nel saggio della Maraini infatti viene criticato questo meccanismo competitivo che si è innescato con la 107, giustificando e legittimando la rabbia di molti docenti, ormai stanchi e avviliti dal fatto che si crei un meccanismo selettivo tra i docenti e si continui a prendere a schiaffi la scuola pubblica: "una scuola intesa sempre più come azienda, che deve sfornare esperti, piuttosto che come luogo di formazione e di conoscenza" (2). Senza contare poi il degrado degli edifici scolastici che dovrebbero essere messi in sicurezza, perchè molti sono fatiscenti: questo è il frutto dei mancati investimenti nel settore scolastico, penalizzato dalla tanto declamata necessità di potenziare altri settori privati e dal bisogno di fare sacrifici per ripagare i debiti con l'Europa. Questo accade perchè ad essere taglieggiate dalle tasse sono sempre alcune categorie di lavoratori e quello che è più vergognoso è che la ricchezza è mal distribuita nel Paese, si favoriscono le grandi lobby finanziarie e non si fa una giusta lotta all'evasione fiscale. Per questi motivi si continuano a tagliare i fondi ad un settore nevralgico che è la scuola, e non si considera che quest'ultima rappresenti il più grande investimento sul futuro del nostro paese. Proprio perchè la società non è fondata sui valori del dare spassionatamente senza ricevere, ma sul dare per avere un "profit", nella scuola è fondamentale invece sapere creare un ambiente in cui ci deve essere comprensione, attenzione e intelligenza affettiva verso l'altro, al fine di arricchire il senso di comunità nella formazione scolastica. La scuola non è mai stata al centro delle politiche dello stato: l'istruzione non viene percepita come un tassello fondamentale per la realizzazione dei giovani e non viene valorizzata in vista della sua funzione, dato che, secondo la logica del guadagno facile basata sui disvalori trasmessi dalla nostra società edonista e globalizzata, i giovani non sono motivati a dare la giusta importanza all’istruzione come trasmissione dei saperi e della cultura. Pertanto, al fine di incentivare il processo di formazione culturale nelle giovani generazioni, bisognerebbe favorire un miglior funzionamento delle istituzioni scolastiche, anche se al loro interno continuano a convivere delle contraddizioni di fondo che contrastano con il raggiungimento degli obiettivi formativi degli allievi. All'interno delle istituzioni scolastiche vi sono infatti due tendenze: alcuni insegnanti tendono ad assumere un comportamento più selettivo e rigido nei confronti di allievi , che dimostrano difficoltà lungo il percorso scolastico, talvolta anche selezionandoli, senza addurre adeguati stimoli educativi, e senza includerli valorizzando le loro poche capacità; altri docenti invece, seppur con notevoli sforzi, si impegnano nel tentativo di far emergere le potenzialità, sebbene limitate, dell'allievo, al fine di garantirgli un'adeguata formazione. Difatti un passaggio significativo del saggio della Maraini è quando scrive “Chi prova solidarietà verso i diversi, verso gli sprovveduti, verso coloro che sono ai margini ,per me non è né buono né buonista, [……] ha solo un poco di immaginazione. Sapere immaginare il dolore altrui non è segno di gran cuore, ma di vitalità e ricchezza di pensiero”. (3) La sfida oggi a mio modesto parere consiste in questo: nell'includere i soggetti più deprivati culturalmente, linguisticamente e socialmente a cui le istituzioni scolastiche non sono realmente preparate. 1: D.Maraini “La scuola ci salverà”, Casa Editrice Solferino 2: ivi, p. 34 3 : ibidem pag . 59
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