Pubblicato il 29/05/2008 12:38:39
LEI NON LO SA CHI SONO IO
Questa frase – terribile per chi la dice e per chi l’ascolta – l’ho sentita, per la prima volta, tanti anni fa. Forse cinquanta. Forse anche sessanta. Cioè a qualche anno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Chi la profferiva, disgraziatamente, di solito era uno che si era arricchito col mercato nero, a danno della povera gente che, pur di sfamare la prole, avrebbe dato l’anima. E le donne che si offrivano alle truppe alleate, a Napoli, in quel periodo, non erano delle puttane, ma delle eroine. Donne che avevano avuto il coraggio di vendere il proprio corpo per un tozzo di pane, per sfamare i figli, col marito prigioniero, ferito, disperso. Ho detto vendere il corpo, ma non vendere l’anima, né tanto meno la propria dignità. Sono ricordi antichi. Come lo sono io. Nato nel 1941, a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, dove c’erano (e fortunatamente ci sono ancora, resi più moderni ed efficienti) i Cantieri Navali che costruirono l’Amerigo Vespucci e che solo pochi anni fa hanno costruito la Nuraghes, una bellissima nave di quarantamila tonnellate che mi ha portato l’anno scorso in vacanza da Civitavecchia fino ad Olbia. Sia ben chiaro che ci sono andato, unitamente a mia moglie e ad altre cinquecento persone, solamente perché il viaggio era sponsorizzato dai “Piani di Zona Salerno Ambito 7”. Cioè quelle organizzazioni che cercano di rendere la vecchiaia più piacevole per gli anziani. Scusate il volo pindarico. Ma dal 1948 al 2008 di anni ne sono passati. Al Catechismo, il prete ci dava una nocciolina (arachide) quando andavamo in chiesa ed un confetto a fine mese solo se eravamo assidui. Ed allora lo eravamo, forse più per il confetto che per la Fede. Ed il tempo passa. Io sono il tale graduato dei graduati… Qua comando io. Il pizzo, la camorra, la tangente, gente disonesta che cercava di vivere sulle spalle delle persone che non avevano il coraggio ( o la coscienza) di commettere atti che potessero danneggiare i coetanei e le loro famiglie. E poi l’isola felice: Agropoli. 21 ottobre del 1951. Tanti anni fa. Ed anche qui, sebbene in tono minore e con minore recrudescenza, i soprusi, le mortificazioni, le piccole tangenti. Ed il ricordo di un grande uomo: mio padre. Verso la fine della guerra i suoi amici – e parenti – si erano arricchiti col mercato nero. Mio padre regalava quello che poteva alle donne che dovevano sfamare i propri figli, mentre gli altri si facevano pagare persino facendo incetta delle sacre fedi matrimoniali d’oro, pur di fare lauti guadagni. Miserabili sfruttatori, sanguisughe, camorristi delle peggiore specie perché sfruttavano e ricattavano i più deboli, si sono presentati in giacca e cravatta al galà della fatua nobiltà, ma solo di conto in banca, con “Lei non sa chi sono io…”. Ma io lo so. Non perché sono stato attore di queste scene a dir poco drammatiche, ma perché sono stato spettatore ( ed ora commentatore) di eventi storici terribili che avevano, per attenuanti, solo il fatto che si erano verificati in momenti terribili. Non un processo alla storia; ma piuttosto un processo alla società: di ieri e di oggi,. Perchè ancora oggi ci sta gente che ama dire:” Lei non lo sa chi sono io!!!” Gente che viaggia in Mercedes super accessociata, con tanto di stereo, tv, telefonino viva voce e navigatore satellitare, con sedili in pelle. Fatti con la pelle degli altri…
Catello Nastro
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