Alfredo Rienzi, Partenze e promesse. Presagi. (puntoacapo Ed., 2019)
Motivazione di Giuria (M. Cucchi, C. Ghelli, G. Jori, T. Rossi)
Concorso “Città di Acqui Terme”, XII Edizione, 12 settembre 2020
Il libro si inarca sul doppio motivo narrativo e profetico richiamato dal duplice insolito titolo, Partenze e promesse. Presagi, con eco, nel primo segmento, biblica e ungarettiana.
Si articola in cinque sezioni che dipanano quella materia di viaggio e di attesa. Ma il tempo lineare del narrare è smentito dai titoli delle sezioni d’esordio, dove Seconda partenza e promessa apre il libro e precede Partenza e prima promessa.
In effetti «Dicono questi versi/ di nulla che succede,/ non descrivono fatti./ Resiste qualche raro verbo fossile:/ sta, aspetta, disperde.» (I verbi non dicono, i presagi rinunciano); il soggetto di questa meditazione abita un crinale: «Ma, ancora, ho in me la perla e il macigno» (Si torna dove si è già stati), ed è lì che si avverte il presagio, fra versi patetici e scherzosi, in cui si sentono Pasolini e Gozzano, intrecciati su un tema infantile:
«Il solo dubbio a te lo dico, madre:
che tu mi sopravviva e un falso augurio
so che sarai d’accordo
tu che hai creato vita
di quanto sia l’orrore a dar sepoltura ai figli
lo prendo io, tutto lo prendo io
il fuoco nero della tua partenza
ma lo saprai, ovunque viaggerai
(e lo so anch’io che guardo alla mia data
con tenerezza che altri non vogliono esplorare)
che il tempo e il nostro gioco prediletto
e durerà poco, come i giochi belli.»
I padri del moderno nutrono i «presagi», Blake, Yeats, Eliot, in una poesia che ha il coraggio della traduzione, quella – splendida – di W.B. Yeats, La Seconda Venuta.
Si delinea un ritratto, quello di Pasolini, nell’ora tragica della sua vita e del suo mito: «che non vengano meno nell’ora della prova/ i figli più dolci, i più silenziosi/ i fratelli minori partiti nella notte/ senza salutare le madri, senza/ nient’altro che pane indurito e sale/ di nascosto dai padri» (Sta la tua partenza davanti a noi). Si specchiano il moderno e l’antico, il mito e l’oggi, l’Alfa e l’Omega: «Come potete […] / […] dormire nei resort se avete vegliato come un dio-falco/ un mattino sulle rive del Nilo?» (Conosco la data della mia morte, Θ). Ed è pasoliniano l’accento più autentico, lo sguardo più tenero di questi versi:
« Non so se questo e il centro della stanza
se il mio e l’ultimo passo nella vita
è buio a quest’ora
la mancanza dice del bene più prezioso:
il cibo agli affamati, l’acqua agli assetati
la luce ai sotterrati.»
(La luce ai sotterrati)
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