Treccia delle stagioni
Voi che mi avete amato cercatemi d’inverno
accarezzando il muschio che dall’antro più interno
d’un rude o levigato tronco odora: quel muschio
verdegiada screziato, morbido e vellutato
che non si può strappare dalla terra a Natale
per un caldo presepe…da un remoto crinale
io lo volli estirpare…sento ancora la siepe
e la terra che geme! Ma in quel tempo ero un seme
o forse un lichene:
non v’era Natale
nel Paleocene
solo il musicale
canto d’ogni elemento. Cercate a primavera,
tra la polvere gialla dei fiori e la ciarliera
negligenza del vento, l’acqua pura che balla
nelle piogge d’aprile, nel riflesso gentile
di un rapido bagliore: quell’acqua e quella luce,
quel polline sarò. Quando il vento riduce
la gloria del calore dell’estate sarò
in quell’aria che odora forse già d’autunno: ora
e sempre cercate
la terra, quei sassi
sotto le brinate,
uno di quei sassi.
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