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Sul crinale dell’utopia

Romanzo

Francesco Belluomini
Giuliano Ladolfi Editore


Recensione proposta da LaRecherche.it

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Pubblicato il 13/12/2013 12:00:00

 

[ Recensione di Adele Desideri ]

 

Francesco Belluomini - poeta e narratore tanto prolifico quanto significativo - ha fondato nel 1981 il Premio Letterario Camaiore per la poesia, del quale è tutt’oggi presidente.

Il suo ultimo romanzo Sul crinale dell'utopia racconta le vicende di due personaggi in apparenza molto differenti tra loro, per nazionalità ed esperienze culturali.

L’uno, nato nel 1887, è Eugenio Del Sarto, viareggino sovversivo e filo-anarchico sin dai tempi dell’Università, forte idealista e ben presto di pura, ferma, identità comunista - vissuto realmente col nome di Eugenio Del Magro.

Dopo avere istituito la sezione del Partito Comunista Italiano di Viareggio, ed essersi adoperato, con accanito piglio critico, per difendere i diritti dei lavoratori e dei cittadini, Eugenio viene perseguitato dal fascismo.

Fugge, con la moglie e i figli piccoli, in diversi paesi d’Europa. Rimpatriata la famiglia - ripara, infine, in Unione Sovietica, in qualità di giornalista. Ma anche qui, entra in collisione con le istanze censorie delpotere politico, perché, fedele ai suoi principi, continua a evidenziarne le gravi incongruenze. Condannato per attività controrivoluzionaria, è internato nel gulag di Severo Vostocnyj, in Crimea, dove, nel 1939, muore.

L’altro (figura del tutto immaginaria) è il transcaucasico Fiodor Levskilyj, nato nel 1890 a Kirovabad, città vicina al porto di Baku, sul Mar Caspio: “con il suo metro e ottanta di altezza distribuito in un corpo asciutto e scattante (…) egli possedeva un bel viso dai lineamenti forti, occhi chiari e capelli biondo fieno portati corti con taglio a raso”.

Attraverso precoci, rocambolesche e disgraziate avventure, Fiodor arriva a distruggere, letteralmente, quel minimo di vita che un destino, già dalla prima infanzia infausto, gli ha riservato. Si arruola - senza convinzione, spinto dall’infido amico Dimitri Senkjevili - “nelle fila dei sempre più numerosi rivoluzionari di Lenin e di Trotzkij”. Col tempo, però, capisce che esse sono, in realtà, criminali “bande armate”, capaci di compiere “stupri, razzie”, espropriazioni arbitrarie e ogni genere di nefandezze. Intraprende, allora, un lunghissimo, periglioso viaggio a piedi, durante una breve licenza, nel tentativo di ricongiungersi alla famiglia.

Ma la licenza termina; e Fiodor - mentre è ancora alla ricerca dei suoi parenti - subisce gli arresti, in quanto disertore.

I capitoli di questo libro si alternano nel raccontare le vicissitudini dei due protagonisti. E il lettore le segue, immedesimandosi nelle traversie politiche e affettive del primo, nelle avversità militari e coniugali del secondo.

Quasi diviso, il lettore, nel concedere le sue simpatie, anzi le sue empatie, all’uno o all’altro - chiedendosi cosa possa accomunare Eugenio e Fiodor, se e quando essi avranno modo di confrontare, viso a viso, i loro animi, gli amori, le sconfitte.

Ed ecco che, sul finire della narrazione, “per la prima volta nella loro separata esistenza, l’eretico (…) Eugenio Del Sarto” e il nostalgico, rassegnato Fiodor Levskilyj - sopraffatti da un’uguale “maledizione” - trascorrono insieme “la stessa notte sotto il cielo sovrastante il gulag di Severo Vostocnyj”: “entrambi, debitori della sorte, derubati in gioventù da demoni non troppo diversi tra loro”.

Derubati, in fondo, della vita e dei sentimenti più cari, semplicemente per avere creduto che la libertà scaturisse, come diretta conseguenza, dagli agiti rivoluzionari, e che la rivoluzione potesse garantire un’esistenza dignitosa per tutti gli uomini.

Un romanzo storico, Sul crinale dell'utopia, che si arricchisce, pagina dopo pagina, di eleganti affreschi d’epoca - precisi nella dettagliata descrizione del tessuto socio-economico italiano e russo. Un romanzo che approfondisce sia gli aspetti del cuore, sia i tratti prettamente psicologici di Eugenio e di Fiodor, sempre con una tonalità pacata, eppure decisa - quietamente serena.

Non mancano, poi, ampie, cinematografiche, “visioni” naturalistiche, tese a mettere in risalto i forti contrasti che caratterizzano il paesaggio toscano e quello caucasico.

V’è, inoltre, più d’un accenno - spontaneo e rispettoso - alle tradizioni culinarie toscane. Così l’autore si esprime a proposito delle barbabietole bollite, rapprese in “pallette pressate”: “un prodotto che, consumato in insalata o soffritto con uno spicchio d’aglio, magari accompagnato da salsicce di maiale, rappresentava un piatto davvero ricco per quei tempi”.

Belluomini è fedele alla realtà dei fatti, che capillarmente documenta, ma è pure abilenel “reinventarli” in chiave narrativa. È puntuale e onesto, per esempio, quando contestualizza gli esordi del fascismo e la relativa dittatura; la rivoluzione bolscevicae i feroci esiti del regime stalinista.

Belluomini ha in mente, soprattutto, di consegnare un omaggio sincero e duraturo “A Eugenio Del Magro, a sua figlia Teresa/ e a tutti quegli Italiani/ che avevano inseguito/ l’utopico sogno di un mondo migliore,/ le cui tracce di sono perdute/ nell’orrore dei gulag staliniani/ alla fine degli Anni Trenta del secolo scorso.//”.

Ha in mente di fermarsi sugli eventi del passato, per non cancellare quel sottile crinale che dall’ideale ferito può ricreare comunque la speranza, dal crollo di ogni autentica e umanamente valida utopia può indurre a fare i conti con la Storia, dalle delusioni può trarresemi di saggezza: ciò che è accaduto, allora, resta, con le angherie, le ingiustizie e le azioni malefiche dei poteri assoluti.

Però le utopie, almeno quelle, non periscono nei meandri delle false dottrine politiche. E quanti in nome delle utopie sono morti, non sono morti invano.

Anche se, purtroppo, le rovine esistenziali dell’“esile”, colto, ostinato Eugenio e del robusto, ingenuo,avvilito Fiodor si allungano, come spettri, sulle macerie individuali e collettive di quegli anni ingrati - e dei nostri giorni, per molti uomini, ugualmente difficili, “poiché la mistificazione delle comunicazioni appartiene da sempre al potere costituito e, soprattutto, a coloro che il potere aspirano a conquistarlo”.

 


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