Ditele
che lo stupore del viaggio
si ficca nelle pieghe delle sue scarpe.
o di quelle della sorella,
così vecchie da buttarsi dal molo per non farle affogare,
Che tutto è equidistante,
arrossato dall'equinozio in fiamme del vin brulè,
e si discioglie la meraviglia
affollata, ruvida e morbida.
Anaspigolo d'Oriente
ti accorgi che non uno spazio di vita
dialoga in monologhi d'uomini e letti duri?
E si discioglie in meraviglia,
nel tempo in cui il tuo gatto si pacifica con le piante,
e i viaggiatori del Levante d'Occidente,
t'insegnano a fare le ruote come i tabernacoli
mentre si apre la valigia diventando pala d'altare,
scandendo la polvere
dai granelli dell'ultimo camminno.
Attendo coscritta,
che curi ancora ogni tempo
mettendo nella penombra della memoria
veggenti inchiostri sorridenti
come rosoni alle finestre
come le sere del mondo,
come quando il tuo giovane figlio gattonava
e mangiava le alghe prese nella bassa marea:
ora tutti noi saliamo adesso le tue scale
per guardare lo stesso cielo
nelle ragnatele dei fili di Osaka.
NdA. Questa poesia è dedicata. Un viaggio chiamato vita
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