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di Stefano Saccinto
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Pubblicato il 22/02/2011 01:23:34

Alla radio passava una pubblicità della Shell.
La mancata conoscenza di alcuni termini impediva il corretto funzionamento
dell'intelletto di mia figlia.
Era lei a scegliere su quali preferisse avere delucidazioni.
Io credevo andasse a caso, ma forse poteva avere un progetto.
Non sapevo quale fosse.
- Papà – mi chiese – che cos'è la Shell?
Mi girai di colpo verso di lei. Mentre guidavo.
Restammo a guardarci così per diversi secondi.
La strada non la guardavo più. La cosa si faceva pericolosa.
- La Shell è un'organizzazione di gente che va in alcuni paesi del mondo a rubare il petrolio, lo porta a casa sua e lo trasforma in benzina. Poi ce lo vende. E noi lo compriamo.
- Ma così – mi ha detto, guardando all'insù, dopo averci pensato – i paesi da dove lo rubano diventano poveri.
La sua teoria non era condivisa dagli americani.
- Certo. Ma loro hanno una soluzione: se qualcuno si ribella, lo impiccano in piazza.
Restammo in silenzio. Questa volta non si offese come quando gli spiegai che Adamo ed Eva
non erano mai esistiti.
Ormai si sentiva grande. Da pochi giorni era nato suo fratello.
Io lo tenevo in una mano con il faccino rivolto a me.
I piccoli occhi stanchi a volte sembravano osservarmi come se mi vedessero.
Ponevano domande.
Avevo dei figli curiosamente interrogativi
Papà, – sembravano voler dire - ho grande preoccupazione. Da soli tre giorni son venuto al mondo e già mi tormenta questa cosa strana, che fa rumore, che a volte fa un po' male e altre fa cacare. Perché mi hai messo al mondo?
Io lo guardavo cercando di lenire il suo piccolo dolore.
Non preoccuparti di queste cose, piccolo mio – gli trasmettevo tramite il pensiero – tanto, se proprio davvero devo pensarci bene, con millimetrica certezza posso dirti: non lo so neanch'io.

12 luglio 2010.

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