Tra i mormorii del mondo insoddisfatto,
si stringono come l’edera alla quercia,
ignari d’ogni sguardo astioso e matto,
più sicuri nella fiamma che li smercia.
Non temono l’ingiuria, neppur l’inganno,
ché puri sono, d’un patto senza fine,
e là, dove regna il gelo d’ogni affanno,
s’accende in loro il sole di nuove spine.
Vivono d’un tempo fuori d’ogni tempo,
or velati da un’eternità segreta,
e il loro parlare assomiglia a un esempio
di grazia antica, ma limpida e discreta.
Che il mondo cada e mugghî la tempesta,
è inviolato il giardino che li accoglie:
nessuna lingua li tradisce o li infesta,
ché amor li veglia e il lor destino scioglie.
N.d.A.: Scevri d’inganni, colpe e vanità egoistiche.
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