Ho preparato un pane
per tutto il possibile tra me e te.
Ho preparato un pane per le ossa e per i muscoli.
Domandi agli anni:
un altro modo per guarirmi.
Stesa a letto mentre mi leggi.
Questi occhi che cambiano
al ritmo del tuo sangue
nascosto nei tormenti di uomo.
Tormenti nascosti in quello che bevi.
Nelle ombre che metti nelle ossa.
Non posso che domandarti
la guarigione dentro di me.
Questo guarire per parlarti meglio,
questo guarire per finire nel tuo letto.
Questo guarire che è la strada per intrecciarci.
Non ci sono alternative.
Gli anni passati senza di te,
senza il tuo corpo.
Energia depositata nel mio ginocchio,
preghiere nella lastra di una risonanza.
La storia che mi guarda,
io che guardo la storia
nelle mille voci che si fondono in me
senza che ne abbia la coscienza.
E non ho paura in questo tunnel degli anni.
Vorrei urlare il tuo nome
nei bui che non ho più.
E tutto quello che ho nel ginocchio
chiama la luce del tuo comodino.
La storia si muove in me
e guardo il mio corpo
che si risveglia nelle forme tue
addormentate dentro di me.
Il ginocchio che piange i tuoi anni,
io piango i miei anni,
tutto piange e tutto mi sorregge.
Il caos che metti nel ginocchio
per farmi implorare la tua cura.
Se ammetto di essere malata,
se ammetto di esser stata vuota
di non aver messo la tua saliva
nelle mie ossa
prometti di guarirmi dal tormento?
La tua paura di perdermi
si è fermata nel mio ginocchio
insieme alla tua rabbia
ed ora che mi specchio
vedo mia figlia,
la me futura e migliore dentro di lei,
le forme che mi obblighi ad avere
il corpo che vuoi possedere
la forma dei tuoi desideri
che devo avere
dal momento che hai deciso
che devo essere il tuo talismano
e mi hai legata a un sortilegio
senza che me ne sia accorta.
Senza che abbia avuto il tempo
di correre ai ripari, di liberarmi.
Mi hai legata a un sortilegio
mi hai attaccata al tuo letto
in questo schermo sadomaso
dove sei angelico e delicato
nascondendo il tuo tormento.
Ma questo è un veleno d’amore
che ora scorre nelle mie ossa
e mi cambia il sangue.
E devo essere come te
e devo vivere come te,
come hai deciso tu
affusolata nella tua forma
nelle tue gambe
mentre mi penetri ad ogni modo
che vuoi perché ti sei messo
d’accordo con dio,
che non ho altre possibilità
che essere tua.
Vuoi che sopravviva
al sapore della tua saliva,
desideri che mi trascini nei giorni
desiderando la tua saliva.
Come se avessimo fatto
veramente l’amore
mentre è un tuo desiderio.
E vuoi che il desiderio
sia così reale
da attraversarmi le ossa.
Riparare la frattura che mi hai fatto.
Distinguere ciò che è giusto
da quello che non lo è.
Ma dal momento che tu sei pervaso
dal desiderio e vivi e sopravvivi
nel desiderio di me
pretendi che ti ricambi:
guarisci la frattura.
Perché mi dici
che la tua memoria
è la culla dei miei anni.
E ogni volta che hai desiderato
fare l’amore con me
in realtà è un ricordo
già avvenuto nella nostra vita insieme.
Mi hai attaccata al tuo letto,
e mi hai legata al tuo sangue
e non ho potuto difendermi
dall’incantamento.
Perché il mio ginocchio
è pieno delle tue lacrime
dei bambini, i carrozzini
o vestitini, l’odore di latte
e le sveglie.
E la mia saliva dappertutto
in questa memoria sporcata
lavata mischiata alle tue lacrime
al mio ginocchio.
Perché mi hai attaccato a questo sortilegio?
Che coinvolge abiti, palazzi,
ricordi, sangue e ossa?
Perché mi desideri così tanto?
Nel mio ginocchio
c’è tutta la forza del tuo desiderio.
E allora liberati dentro di me
se mi vuoi così tanto, prendimi.
Sei convinto di essere così potente
da dovermi accompagnare da Dio
insieme? E allora prendimi.
Guariscimi. Guarisciti dentro di me.
Il piacere nel dolore.
Le tue mani che attraverso di me
mi saggiano il ginocchio,
una sorta di punto G
dettato da un potere dei terremoti.
Chi gioca a dama con Dio?
Se il mio sangue è scritto nelle poesie.
Resteranno anche queste
nelle tue lenzuola.
Anni di parole e lettere
ora tutte sporche di sesso.
Perché come è la vita
se non il dolore terribile
e continuo della tua assenza?
La faglia che si muove sotto di noi.
La terra dentro di me
che soffre insieme a me,
le tue dita dentro di me
che toccano il mantello di una santa.
La testa del mio femore
che grida il perdono di peccati
che non ho mai compiuto.
Un grosso peccato, una grossa colpa:
vivere senza di te.
La testa di una santa
che veglia sulla mia terra,
il suo mantello steso
sulle mie parole.
E tutta la forza del solenne
nei tuoi capelli mossi,
che tocco a due mani
stesse mani che ho chiesto di benedire
stesse dita che ho chiesto di parlare
a due mani, con due ginocchia
imploro il sollievo nel dolore.
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