Pubblicato il 19/02/2011 00:53:31
Le notizie non c'era neppure più il tempo di leggerle. Sfuggivano, non rimanevano impresse. Date alla scrittura non permanevano più nella memoria. Forse aveva ragione Platone. Parlarne sarebbe stato meglio. Ma parlare di cosa, dal momento che nessuno ricordava? In fondo al quotidiano figurava un oroscopo. Una serie banalissima di stronzate. Leggevi e non ci trovavi scritto niente. Puntai il cancro con un dito. Mio figlio sarebbe stato cancro. Ma ancora non veniva fuori. Diceva – Nessuna fretta -. Lo diceva proprio al cancro. E il piccolo eseguiva alla perfezione. Sì, la fretta adesso era un dio inevitabile. Tutti ne avevano. Era il nostro male. Io ne restavo coinvolto quotidianamente. Nella fretta di fare decidevo che questo non c'era tempo di leggerlo e questo tempo di visionarlo e non c'era tempo per andare al mare e tempo per inventare una storia per la mia bambina. Dov'era finito il tempo? Nessuno lo sapeva. Poi riuscivo a calmarmi. Aspettare freneticamente qualcosa non serviva a nulla. Prima o poi sarebbe arrivato lo stesso. Dovevo smettere di avere fretta. Ma io non ero cancro. Ripresi ad innervosirmi chiedendomi quando il tempo si sarebbe fermato.
5 luglio 2010. Tempo che corre e noi ad inseguirlo.
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