Gli indirizzi che popolano il GPS
sono nell’orbita bassa della Terra;
giungono come svolte che fanno senso.
Nella voce dei chip sono riconoscibili
lo stradario in forma di onde per l'ascolto
e la seduzione delle pizzerie da asporto.
Fa specie che tutte le svolte cercate
in terra vengano dritte dai circuiti
integrati mentre in fondo galleggia
il Torrione in via Torrione alla deriva
del quartiere ‒ altisonante per altro,
ricercato, invece che sicuro, incapace
di evitare il cemento a presa rapida
e ingegnosamente al verde: si può
dire evasione.
Ci ho fatto un pensiero. Come questo:
nessuna abitazione in via di proposito
si stabilisce a casaccia, ma tutte - proprio
tutte - fanno da tappe ai fiaschi passati,
ovverosia andiamo in rovina coi motori
fuori regime o in folle oceaniche.
Una boutade che spiega la quiddità del tempo.
Allora gioisco per avere ancora posto
sul citofono e dirimpetto il portinaio
che mi consegna i saluti in tromba magna.
Lui oltrepassa la soglia dell’orecchio
alla spicciolata, perché il silenzio non paga
in soldoni ma in particolari momenti ingoia
le scale, rose dalle pedate con l’avampiede
in posa.
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