Da secoli si parla della solitudine
e di come essere felici in essa,
di non avere dipendenze ed essere autosufficienti
rinchiudendosi in questa gabbia dorata.
Ci può stare e si può essere anche d'accordo, ma...
c'è sempre un ma, c'è sempre il rovescio della medaglia in ogni cosa.
Vorrei prendere in considerazione l'aspetto fisico ed umano.
Viviamo su questo pianeta ed abbiamo un corpo fatto di carne ed ossa e,
che ci piaccia o no, per fortuna o sfortuna, questo corpo invecchia.
Non sempre si mantiene in forma, non sempre è come noi vorremmo,
purtroppo avrà i suoi problemi fisici e di salute.
Se ci ostiniamo a restare rinchiusi nella nostra solitudine,
in caso di bisogno e di non autosufficienza, chi ci sosterrà?
chi si prenderà cura di noi?
A chi ci rivolgeremo per aiutarci a camminare o a lavarci?
Alla coscienza universale? al nostro sé superiore?
O semplicemente non avremmo bisogno di qualcuno
che stia con noi fisicamente vicino?
In fondo la solitudine la si può condividere,
e ne parla magicamente Gibran ne "Il Profeta":
"Amatevi, ma non tramutate l'amore in un legame.
Lasciate piuttosto che sia un mare in movimento
tra le sponde opposte delle vostre anime.
Colmate a vicenda le vostre coppe, ma non bevete da una sola coppa.
Scambiatevi il pane, ma non mangiate un solo pane.
Cantate e danzate insieme e insieme siate felici,
ma permettete a ciascuno di voi d'essere solo".
Ecco, soli con sé stessi ma contemporaneamente insieme alla persona a noi più cara.
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