Delle storie di Strano il topolino
che amava la tua cioccolata
e dei tre baci che chiudevano la buonanotte
-serena superstizione
di una pellaccia atea-
accoglierai i ricordi, figlio mio?
Non vivono ombre nel tuo buio
le ho messe in fuga.
Ho accorciato e lucidato
le mie unghie di vecchia spina
per non ferire mai la magrezza della tua pelle
e al cratere greco
ricucito nel ventre, ho attaccato
il primo sandalo che hai perso per strada.
Patetica,
ho riparato un vecchio paravento
per le confidenze dette a voce d'occhi
tra le costruzioni di mattoncini
sciolte nelle lenzuola assonnate
-non si cade mai da un letto familiare-.
Son diventata un rintocco docile,
l'orologio del disordine
mi decellera i battiti
ma tu ne hai serrato il ritmo
ed ora
che la marea del latte e biscotti
si è ritirata
con un bulino
incido in controluce
il profilo tavoliere dell'adolescenza
e dei pantaloni scesi alle mutande.
Ti ricorderai, figlio mio, che te le stiravo io?
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