O Posidone, re delle acque,
Lasci il navigator tuo figlio
Dalle membra ossute e salse,
A rimirar terra e cielo
Irrequieto su pruriginosa* sedia?
Rispose al dio del mare l'amorosa Venere,
Ricordando a lui che del nocchier
E' l'imeneo giorno,
E l'inquieto rossor che il corpo agita*,
Non è che il rimembrar antichi ardori
Di giovanile etade.
Tu sai, o dio dell'onda,
Che nata son dalla spuma del mare
E ora ti prego lasciali andare!
Affida a me, dolce ninfa dell'amore,
I tuoi equorei figli,
Che da tanto tempo cullasti nel vasto seno.
Sono io ormai il duce loro,
E su terrene mete li condurrò per mano.
E alla sera,
Quando il sol che pria c'era,
L'oscuro buio la stanca mente di pensier affolla,
Morbidi letti io darò loro,
E un soffice velo sugli occhi soffierò.
Così nel sonno ricordi antichi,
Fugaci ombre di vissuta vita.
Poi il sol all'alba risplenderà focoso,
Così nel suo ciclo eterno,
E noi con lui.
Ma l'amata Venere
Guida non sarà un giorno
E i nostri sogni
Sogni resteranno.
*dermatite
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