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La crisalide d’oro e l’albero gigante

di Annalisa Scialpi
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Pubblicato il 03/01/2025 18:38:10

Ci sono esistenze davvero funamboliche. E' così che s'impara a vivere; esercitando il talento, ogni giorno. Ma anche questa potrebbe essere una beffa. In fondo non c'è niente da imparare e quello che sai lo sai da sempre. Così, un giorno, la tua hubris ti porta in un bosco e là scorgi lui, l'albero gigante. Nessuno ha mai visto la sommità dell'albero gigante. Potrebbe essere un pino o una quercia. Quel giorno in cui incontrai l'albero gigante, gli dissi: 'Ti invidio, perchè nessuno potrà mai pretendere di conoscere i tuoi rami e le tue foglie. Tu sei un re, un sovrano, mentre io, al tuo confronto, una piccola formica'. Dopo aver pronunciato queste parole, mi guardai indietro. Ero in un deserto di tronchi mozzati.

Piansi molto, sotto l'albero. Piansi perchè ero piccola e avevo paura. E perchè non sapevo dove andare. Fu allora che soffiò un vento impetuoso e questo portò a me una conchiglia bianca. La presi tra le mani: era spessa e immacolata, tanto da commuovermi. La misi all'orecchio e udii una musica, che era quella del mare, mischiata a una melodia sottile, appena percepibile, come un fruscio di foglie, intervallato da un vagito. Attraverso quel suono presero forma danzatrici e farfalle libere in cieli immensi e poi un fuoco. Una danzatrice mi si avvicinò e mi disse che si trattava della 'danza della crisalide d'oro'. La danzatrice era rossa e gialla e aveva i capelli color del fuoco. Poi m'invitò alla danza. Ed io danzai, attorno al fuoco, fino a quando divenni oro. Ero io la crisalide d'oro!

Dopo quella rivelazione, il vento soffiò ancor più forte e mi ritrovai avvolta in una bolla. Nella bolla c'era la mia casa, che sentivo però come estranea, ostile. Fuori c'era un cielo meraviglioso, ma io era ancora lì, nella bolla. Cercai di romperla, ma capii che l'impresa era impossibile. E mentre stavo per consegnarmi alla più cupa rassegnazione, mi accorsi che in tasca avevo ancora la conchiglia. Così, ascoltando la sua musica antica, cantai il mio canto pieno di tristezza, narrando di come fossi ormai una crisalide d'oro, ma imprigionata. Cantai un giorno e poi ancora e ancora, fino a quando le pareti della bolla si sciolsero e volarono in alto, come tante piccole bollicine. E fu solo quando mi ripresi dalla meraviglia di vederle scomparire in un'alba meravigliosa, che mi accorsi di avere le ali. E capii che finalmente avrei potuto volare fino alla cima del mio albero. E restare tra i suoi rami immensi e le sue foglie benedette, che mi avevano chiamata col loro fruscio, mischiato alla musica del mare.


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