Noto la fertilità dei marciapiedi
sui quali fioriscono orme
che le piante seminano di persona. Poi,
guardo lo schermo mentre lo smartphone
notifica attenzione ai gesti toccanti; e l’adagio
fa centro “ogni cammino ha almeno un passo
per accomodarsi”, così cogli la rosa degli arrivi
possibili. Tanti, per concessione delle ricerche.
Sommati tutti, sottraggono un viaggio
- il mio - in un corpo non mio, abbordato
da lucine sufficienti per un profilo,
uno soltanto, e transitorio.
Qualunque luogo ancorché emotivo
strappa petali come nel gioco “la verità, vi prego,
sull'amore”(*) aperto contenzioso in cui le margherite
si nascondono, diventando al freddo più spinose.
Rose di nome, ma di fatto reduci da turpiloqui
interni, tipicamente di battiti tra suola e suolo.
In quel momento, compari altrove.
Proprio nel vaso, appeso alle radici. Solo
gli stami come lampadari spenti
pensavano parole oscure come tremore,
presenze, legati ad un filo, che preferisci
tra coscia e ala?
Qualcosa di ognuna ad averne ancora.
(*) W. H. Auden
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