L’autunno arrivò con uno spasmo
tra la polvere delle ferite.
Controvento lasciai Edimburgo.
Le botteghe di Omignano
avevano spento le insegne.
Qualcuno cercava sepoltura.
Dal balcone mesti saluti.
Il prete e l’autista si congedavano
con un cenno del capo,
sventolando un sudario.
Inginocchiato sentii
la povertà degli uomini,
ombre senza colpe.
Rito breve, taciti fiori.
Neanche la campana risuonò
in quei giorni.
Terrore al mattino:
mancavano i nostri nomi
nel tetro bollettino.
Dagli ospedali i corpi
imploravano un grido, una supplica
di sofferenza, di assenza.
Non avevamo forza per incidere.
Si può forse comporre nel dolore?
Senza riti consolatori precipitammo,
silenzioso tormento.
*
È bastato un soffio.
Cadono alberi e torri nel nostro
piccolo mondo cesellato a colpi
di carta vetrata e rozzi pennelli.
I medici giocano a Blackjack
operando fantocci, bestemmiando
tra gli infermieri complici.
I docenti a scuola leggono
“La Gazzetta dello Sport”
mentre i ragazzi accovacciati
sotto i banchi sguazzano
nelle polveri sottili.
Il virus ci farà Santi?
ripete l’arrotino che resiste
dalle mie parti, mostrando
la luce dei suoi coltelli perfetti.
Ogni casa è più sola.
Le ugge tradiscono i lumi
e nessun profeta osserva
la vena della mano.
Strade in rovina, il campetto
dell’infanzia ha una spada
conficcata al centro
e un pallone rubino
avvinghiato come labbra aride
su un filo di spini.
Eleganti gesti riecheggiano
nell’aria paludosa.
Non esistiamo più.
La fede ha gli stessi occhi
di un condannato.
Spauracchio
ad ascoltare il tempo.
Sul quadrante le formiche
dei secondi nutrono
i serpenti delle ore.
Vanamente ho aspettato
un bagliore per chiedere perdono.
Poi, genuflesso e vinto,
l’ho stretto, svelandogli
ogni cosa fino a sentirmi pieno
nell’essermi svuotato.
Nel delirio, devo averlo baciato.
Quanti ponti possono spezzarsi!
La natura muta senza mutare
lasciando al posto dei corpi
una corona di luce che altri
corpi attraverseranno.
E nessun nome venga sentenziato,
ma onesti acrostici
e languide preghiere.
Un giorno anche le stonature
di guerra saranno pace,
come ricordi: putridi sentieri
che indicano la via del non ritorno.
Facile perdersi nel ricercarsi.
A volte penso che ricordare
faccia accettare di non sentirsi vivi.
Allora chiudo gli occhi
e rivedo mia madre
con i suoi capelli d’altri tempi
e un coro angelico alle intemperie.
…le mollette rotte e affilate
per farne macchinine da far scivolare
sui muretti e bucare le lenzuola
attraversando lo spazio e il tempo.
Eravamo felici, anche se di notte
gli occhi s’argentavano
pregando San Bartolomeo.
La memoria è un inganno necessario.
*
Putin tolse la maschera
per mostrane un’altra.
Nel nome della libertà cosparse
sagome d’incenso afflitte dalla sete.
L’Europa si riscoprì fragile
come la sua moneta,
come l’America che ogni guerra
celebra inneggiando alla pace.
La lira dei cantori non aveva talento
agli occhi dei social network.
Poi arrivarono l’inganno
e la vertigine,
i mali al tramonto
che hanno senso
solo per se stessi.
Le pillole sul comodino
e i versi tarlati come le ossa.
Senti la brezza sibilante
del corridoio raggelarti
la mascella e le orecchie,
ti accorgi che le coperte
non rimediano più come un tempo.
Il bambino è invecchiato
nella sua falegnameria.
A volte si agita nel buio
come specchio ai lamenti altrui,
mentre il mondo sprofonda
senza averci stretti
se non per stritolarci.
*
Ti ricordi Adelfine?
Adelfine che tornava d’estate
e ci svelava i segreti dell’amore?
Non è più venuta sul colle.
In questo borgo che mai ha amato
nonostante le origini.
Una volta disse che il mio verseggiare
si ergeva a speranza per le zolle inaridite.
Sembrò troppo: poca è la speranza
in questa carta!
Lei che sorrideva da lontano.
E da lontano avrei potuto amarla.
Mi sarebbe bastata una ciocca di capelli
o una polaroid da tenere nella tasca
sinistra della camicia.
La memoria in certi casi non basta
se non ha un appoggio ricreativo.
*
È una promessa mancata il sole.
Misera la festa ai personaggi
bordati d’aria che rivivono
nelle maschere di aurorali attori.
Faust, Donna Giovanna,
Don Raimondo, il Gorilla
spingono per una forma.
Non sanno quanto verdeggiare
cela un’eterea inconsistenza.
[Sezione tratta da: Lockdown. Profumi d'Autunno, Ladolfi 2022]
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