Madre, non è da tutti dare un nome a questa stanza.
Tu sai che il sorgere del giorno e la luna nitida sul nero
sono il sole di questi nostri pensieri che vanno
come ciottoli nelle acque del fiume
Sai che i pesci vengono a galla da soli,
non per i nostri occhi non per il cielo.
Tu sai che il mare rigurgita conchiglie a riva per amore
tu sai che un giardino può essere primavera
in questa stanza di gelo piena di cose che non sanno di te
della tua via dei tuoi affanni
del tempo passato quando avevi l’andamento dell’onda sugli scogli.
Madre solo tu puoi dare un nome a questa cripta ai suoi misteri,
alle preghiere mute alle parole tremule sul labbro che potrebbero apparire
vane strane inconsapevoli ignare fuori del tempo,
persino folli in quest’autunno d’un anno che si aggiunge
al grigio e al nero di solitudini diverse.
Madre la stanza senza porta ha un sentiero di foglie accartocciate,
quando il canto del pettirosso tinge il buio di tenui sfumature,
nostalgia di rami spinosi e ad ogni nodo di germogli e petali e colori,
quasi ali nel rifiorire della Vita come in una sfera.
Non è magia, è Amore.
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